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mercoledì 13 ottobre 2021

COLLURA E IL "PULVISCOLO UMANO" DEL CENTRO STORICO DI PALERMO

Centro storico a Palermo.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Nell'introduzione al saggio "Palermo" edito da Bruno Leopardi Editore nel 1999 - un testo contenente 161 fotografie di Giuseppe Leone e Melo Minnella - Matteo Collura si è addentrato nel difficile compito di spiegare l'umanità e la carta d'identità dei palermitani e della loro città. Soffermandosi in ciò che accade nel centro storico, Collura vi ha individuato una precisa categoria di palermitani: quella che compone un "pulviscolo umano, immutato nella sua quotidiana e fantasiosa lotta per l'esistenza". Quindi, il romanziere e saggista agrigentino ha aggiunto:  

"Palermo, come Napoli, come Bombay e Calcutta, è città che costringe i suoi abitanti più poveri ad adattarsi a forme di vita altrove impensabili. Una di queste, come ho già detto, è l'invisibilità; un'altra è l'orgogliosa ostentazione dell'indifferenza di chi troppo ha visto e tutto sa. E' per questo che la fierezza dei suoi abitanti non ha limiti. Tutto, visto dai quartieri popolari di questa città, è relativo, potere compreso, sia esso incarnato da un viceré, sia esso rappresentato da un deputato o da un cardinale. Se il potere ha il volto di un mafioso, allora il discorso cambia, perché in questo caso non si tratta di un potere usurpato, ma di qualcosa che naturalmente s'incarna in qualcuno del popolo, venendo a generare livelli di violenza bestiale. 'Diu è granni ma 'u zu Tanu mancu cugghiunia' ( 'Dio è grande ma neppure lo zio Tano scherza', ndr ) può capitare di leggere sulla sponda posteriore di un motofurgone Ape, il mezzo di trasporto che ha sostituito gli istoriati carretti trainati da asini e muli. Più spesso ci si imbatte in una più sottile e minacciosa frase: 'Dio solo è grande', come a dire che nessuno, su questa terra, anche al cospetto del più diseredato, può dirsi 'grande', vale a dire sicuro di poter fare quel che vuole o di prevalere in un qualsivoglia contrasto..." 

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