Bambini a Gela. Fotografia di Silvano Cappelletti pubblicata da "Il Mondo" il 21 dicembre del 1965 |
Nel corso degli anni Sessanta, il giornalista de "La Stampa" Francesco Rosso realizzò diversi reportage sulle condizioni di disagio economico e sociale a Gela, città stravolta dall'innesto delle strutture del petrolchimico dell'ANIC: una presenza industriale che pur garantendo in quel periodo un reddito a qualche centinaio di famiglie locali, rimase estranea alle reali dinamiche di sviluppo di Gela, senza mutarne i modelli arcaici di vita quotidiana. Il segno più evidente di questa contraddizione fu la creazione della cittadella riservata ad una parte di dirigenti e tecnici dell'ANIC impiegati nel petrolchimico: un villaggio lindo e ben attrezzato, simile ad un quartiere residenziale lombardo o piemontese, transennato e munito di cartelli di divieto di accesso nei confronti dell'"altra Gela", rimasta ancorata ad una secolare situazione di povertà quotidiana. Grazie agli articoli di Francesco Rosso ricaviamo alcuni dati sulla vita a Gela nel 1962, ovvero durante i mesi in cui l'attività del petrolchimico stava alimentando le fallaci aspettative di sviluppo e benessere: il 45,5 per cento della popolazione era allora analfabeta, il 3,8 per cento affetta da tubercolosi, mentre il livello di mortalità infantile superava il 4 per cento.
"Il petrolio di Gela - sottolineò Rosso nell'ottobre del 1961 - ha indubbiamente provocato un trauma psichico nella vita della città, sono sorti alberghi per i petrolieri e i turisti che vengono a visitare le ciclopiche rovine delle mura greche e il prezioso museo, sono stati costruiti un palazzo municipale che servirebbe le necessità di Torino, ed un ospedale che non sarà mai ultimato tanto è vasto, si moltiplicano i negozi di elettrodomestici, i bar, le gioiellerie, ma sono servizi che si rivolgono ad una clientela limitata, pressoché estranea alla vita intima di Gela, che continua ad essere contadina nonostante l'industrializzazione...
Gela cresce di mille abitanti l'anno per il solo incremento demografico e vanta il tasso di natalità più alto d'Italia, il 26 per mille. Gli stormi di bambini che si vedono per le strade sono il frutto di una mentalità ferma ai secoli scorsi, quando l'altissima mortalità infantile rendeva precaria la sopravvivenza familiare...
La mania dei coniugi di mettere al mondo un numero spropositato di bambini non è scomparsa, le famiglie con dodici, quattordici figli sono quasi la norma. I bambini, è ovvio, vivono coi genitori nel terrano, col mulo, la capra, le galline, e l'abitudine alla convivenza promiscua di uomini ed animali nella stessa camera minaccia di protrarsi per chissà quanto tempo ancora..."
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