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domenica 5 marzo 2023

IL "MANIFESTO" DELLA LOTTA DEL BELICE DI GIANBECCHINA TRAFUGATO A GIBELLINA E RICOMPARSO A MESTRE

Il bozzetto del lenzuolo
"Gridano le pietre di Gibellina"
di Gianbecchina
conservato al Museo d'Arte Contemporanea
della cittadina del Belìce 


La sera del 15 gennaio del 1970, a Gibellina, durante una fiaccolata in ricordo del secondo anniversario del terremoto, il pittore Gianbecchina si procurò un lenzuolo bianco. Erano passati due anni dal sisma che aveva devastato la valle del Belìce e la protesta dei sindaci e della popolazione locale per i ritardi nella ricostruzione era nel frattempo arrivata sino a piazza Montecitorio, a Roma. Sprovvisto di colori, Gianbecchina chiese ed ottenne quella sera da un falegname il dono di un paio di pennelli e di alcune confezioni di anilina rossa e nera. Con quei coloranti, l'artista di Sambuca di Sicilia dipinse sul lenzuolo una delle sue più singolari creazioni, destinata a diventare un "manifesto" delle rivendicazioni belicine. 

La fiaccolata che ebbe luogo a Gibellina
la sera del 15 gennaio del 1970.
Fotografia esposta al MAC di Gibellina


L'opera, denominata "Gridano le pietre di Gibellina", venne più volte portata in corteo dai sindaci dei paesi terremotati, diventando l'espressione artistica della protesta di un'intera comunità del trapanese e dell'agrigentino. All'interno del Museo d'Arte Contemporanea di Gibellina si conserva oggi un bozzetto di quel lenzuolo; l'originale, esposto in origine all'interno della nuova sede comunale del paese distrutto dal terremoto - una struttura precaria creata nell'area della baraccopoli di Rampinzeri - nell'aprile del 1975 fu temporaneamente trasferito a Palermo, all'interno della Galleria d'Arte Moderna

Il lenzuolo di Gianbecchina
portato in corteo dai sindaci del Belice
dopo il terremoto del gennaio del 1968.
Fotografia esposta al MAC di Gibellina


Da allora, le notizie che riguardano il lenzuolo dipinto da Gianbecchina sono incerte. Sembra che abbia fatto ritorno dalla galleria palermitana a Gibellina, ancora all'interno della baraccopoli, come riferito da alcuni testimoni. Poi le indicazioni sulle sorti dell'opera si perdono in un buio fatto di oblio e reticenza: del telo denominato "Gridano le pietre di Gibellina" - del quale non è stato mai ufficialmente denunciato il trafugamento - si perse allora ogni traccia, sino ad un inaspettato incontro avvenuto nei primi anni Ottanta fra la moglie di Gianbecchina ed una donna all'interno della Galleria d'Arte "Giorgio Ghelfi" di Verona. In occasione di una mostra dedicata all'artista agrigentino, la signora mostrò con orgoglio una fotografia che ritraeva il lenzuolo di Gianbecchina, parzialmente ripiegato e incorniciato su una parete della propria abitazione di Mestre. Alla richiesta di maggiori notizie su come fosse venuta in possesso del telo scomparso da Gibellina, la proprietaria spiegò di averlo regolarmente acquistato da un gallerista di Roma

La fotografia del lenzuolo
di Gianbecchina esposto ancora
negli anni Ottanta a Mestre


La fotografia dell'opera è rimasta in mano agli eredi di Gianbecchina, che più volte - negli ultimi anni - hanno tentato di convincere la famiglia di Mestre alla restituzione al Comune di Gibellina del lenzuolo, offrendo come contropartita un'altra opera dell'artista. 

La lettera firmata dai sindaci del Belìce
il 12 marzo del 2007
in cui si richiede la restituzione dell'opera
Fotografia ReportageSicilia


Il tentativo è finora andato a vuoto, malgrado un appello rivolto nel marzo del 2007 a chi probabilmente detiene ancora il telo dalla maggioranza dei sindaci del Belìce, che lo ritengono - giustamente - uno dei simboli delle lotte per la rinascita del loro territorio condotte negli anni successivi al terremoto. 

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