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martedì 11 febbraio 2014

CORRIERE SULLE STRADE DELL'ISOLA

Due fotografie tratte dal saggio "Il Viaggio dell'Anas" edito da Il Sole 24 Ore-Alinari ricordano i tempi d'oro del trasporto pubblico nell'isola





Le due fotografie riproposte da ReportageSicilia sono tratte dal volume "Il Viaggio dell'Anas, 1928/2010", di Amerigo Restucci e Stefano Baietti, edito da Il Sole 24 Ore-Alinari.
Le immagini risalgono agli anni Trenta dello scorso secolo e ritraggono il viaggio di alcune corriere nell'isola in un periodo in cui la scarsa diffusione delle automobili le rendeva l'unico mezzo possibile di collegamento stradale fra paesi e città.
La prima fotografia contiene un'elegante didascalia che individua data, luogo e circostanza dello scatto:
"Inaugurazione degli Autobus Gran Turismo del Garage Mucera Lungo lo stradale Termini - Cerda stazione - Cefalù, 8/1/1933 XI".
La carovana delle corriere è in transito sull'attuale strada statale 113, su un percorso reso noto dalla Targa Florio; l'azienda Mucera - come suggerito dalla locandina pubblicitaria riproposta nel post - aveva sede a Palermo e offriva anche collegamenti con Taormina.


La seconda fotografia mostra invece una corriera della Sitas di Catania impegnata nel collegamento fra la città e la zona alberghiera dell'Etna, a 1715 metri di quota.
Nel secondo dopoguerra, la diffusione dei servizi di trasporto su autolinee - complice anche la concessione dei contributi regionali ed una gestione spesso clientelare - si sarebbe affermata in tutta la Sicilia; a farne fede, è questa indicazione contenuta nella Guida Rossa del TCI del 1953:

"Una fitta rete di autolinee con servizi rapidi si estende su tutta la regione, collegando fra loro i vari centri e spingendoli anche nelle regioni interne più solitarie e isolate.
Il turista troverà spesso più conveniente, per rapidità e comodità di trasporto, servirsi di queste autolinee, anzichè delle ferrovie...".


Alla presenza ed al ruolo delle corriere nella storia stessa della Sicilia dei decenni passati è infine legato uno dei più famosi incipit dei romanzi di Leonardo Sciascia, "Il giorno della civetta" ( Giulio Einaudi, 1961 ):

"L'autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell'alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell'autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante ed ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l'autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L'ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l'uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all'autista - un momento - e aprì lo sportello mentre l'autobus ancora si muoveva. Si sentirono due colpi squarciati. l'uomo vestito di scuro, che stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile; gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò".







  

lunedì 10 febbraio 2014

TAORMINA, L'ANTICA BELLEZZA SENZA UN MODERNO CANTORE

Un reportage di Orio Vergani agli inizi del 1952 descrive l'atmosfera "chitarra e mandolino" della cittadina siciliana più nota del turismo internazionale

Il pescatore Carmelo Scimone si esibisce
in una tarantella
alla Taverna dei Cordari di Taormina.
Il pubblico, intanto, sembra più interessato
allo scatto del fotografo.
Le immagini riproposte da ReportageSicilia
corredarono un reportage di Orio Vergani
e sono tratte dalla rivista
"L'Illustrazione Italiana" del febbraio del 1952

Inviato milanese del "Corriere della Sera", scrittore e saggista capace di raccontare luoghi e personaggi d'Italia sino alla fine degli anni Cinquanta, Orio Vergani è una delle molte figure oggi dimenticate della nostra narrativa.
Il suo legame con l'isola - rafforzato dalle frequentazioni con Pirandello ai tempi dei "Sei personaggi in cerca di autore" ( la sorella Vera, affermata attrice, interpretò la commedia )  - è stato sottolineato da ReportageSicilia in relazione al saggio "Colori di Sicilia", da lui scritto nel 1953 http://reportagesicilia.blogspot.it/search?q=vergani
Nel mese di febbraio del 1952 un numero mensile de "L'Illustrazione Italiana" aveva pubblicato un reportage di Vergani dedicato a Taormina.
All'epoca della pubblicazione, la cittadina ionica era considerata l'unica località della Sicilia, per scenari ambientali e frequentazioni da jet set, capace di affacciarsi alla ribalta del più altolocato turismo internazionale.

Le oleografiche immagini della Taormina
degli inizi degli anni Cinquanta:
l'Etna fumante, il teatro antico e l'isola Bella

Il reportage di Orio Vergani seppe però cogliere con sguardo da uomo del suo tempo il carattere ormai datato di quella notorietà internazionale, che nel lontano maggio del 1797 aveva trovato la sua data di nascita grazie alle parole di Johann Wolfgang Goethe sulla bellezza del teatro antico, da lui definito "immane opera di natura e di arte".


Dopo quel giudizio, grazie alle opere viarie e ferroviarie del secolo XIX, Taormina sarebbe stata conosciuta e declamata in tutta Europa tramite l'opera del pittore Otto Geleng e del pittore e fotografo Wilhelm Von Gloeden: una notorietà in seguito alimentata dalle frequentazioni di artisti, letterati, uomini dell'alta finanza e teste coronate ( fra gli altri, Guglielmo II, Edoardo VII, i Krupp, i Rotschild ).
Vergani rende conto dell'eredità di quegli importanti personaggi, legandola però ai ricordi del passato; l'immobile bellezza del paesaggio taorminese è incapace di riflettere i cambiamenti culturali vissuti nel mondo intero nel secondo dopoguerra. 
Partendo da una metafora musicale, il giornalista scrive:

"Il jazz non è entrato nelle sale del 'San Domenico'.
Alla sera, mentre, rompendo qualche importante regola di etichetta ci si trattiene a tavola, in sala da pranzo, dopo che si è finito di cenare, la luce, all'improvviso, si abbassa.
Le finestre della sala da pranzo del 'San Domenico' sono, di giorno, fra le più belle del mondo: i loro vetri inquadrano entro tante cornici di legno castagno lucidate a spirito tutta una scacchiera di paesaggi che commossero in egual modo i poeti greci e le coppie in viaggio di nozze.


Alla sera i vetri sono protetti da una coltrice di panno scuro, che dà all'ambiente un'atmosfera lievemente 'wagon-restaurant'.
La luce si attenua. 
Il maitre, che è romagnolo, di Forlì e che da trent'anni, stretto nella giacchetta bianca di taglio irreprensibile, osserva a tavola le persone più famose e più eleganti del mondo, a Roma, a Parigi, al Cairo, a Taormina, si inchina leggermente e spiega che, se la luce è stata attenuata, non è per mandar via nessuno, ma perché, nel salone accanto, l'orchestra a plettro sta suonando una musica particolarmente suggestiva. 
Insomma, questo è uno degli ultimi ancoraggi del binomio 'Chitarra e Mandolino'...

Frequentatori di Taormina:
l'erede e pronipote di Nelson,
l'inglese visconte di Brindport e Duca di Bronte,
con la famiglia

Oggi Taormina è 'sana' come come qualunque altro luogo del mondo: e si indicano come casi bizzarri gli ultimi soggetti 'Wildiani' che lentamente vi invecchiano dediti, per esempio, nel loro isolamento, alla femminile arte del ricamo.
L'antico custode della casa del barone tedesco Von Gloeden, il fotografo degli efebi, credo chieda molto inutilmente sei milioni per le seimila negative che gli sono rimaste in eredità nell'antico studio.
Il dopoguerra non ha ritrovato in nessuna parte del mondo - e dunque neanche qui - le disponibilità di ore d'ozio che avevano consentito agli estetizzanti dell'Ottocento i lunghi volontari esilii fra i muriccioli e i vecchi giardini di questo belvedere del mondo dominato dal profilo dell'Etna.

Strada con insegne internazionali
e vecchio signore inglese in sedia a rotelle.
Un anziano taorminese intanto torna dal mercato

L'oblio, il distacco, il nirvana appartengono sempre più difficilmente alla vita d'oggi.
I 'casi Axel Munthe' di Capri o dello scrittore russo Amphiteatrof a Levanto e dello scrittore russo Semenof a Positano non si ripetono.
Probabilmente anche a un nuovo Lawrence sarebbe difficile vivere tagliando del tutto i ponti con l'attivismo contemporaneo.
Come tanti altri 'luoghi di paradiso', come il Lago di Garda, come Torcello - anche qui il passaggio di Hemingway fu un episodio - come Capri, anche Taormina cerca il suo personaggio, l'intellettuale che ne faccia centro del suo mondo.

La corsa di un giovane scolaro
fra le strette strade del paese

Il destino di Taormina fu accoppiato, nei primi anni del secolo, a quello di Corfù dove Guglielmo II si era costruito un 'buon retiro' fra le colonne dell'Achillejon e a quello di Capri dove il barone Fersen, pure in stile ellenico, aveva costruito la sua dimora sugli scogli resi famosi da Tiberio. 
Declinato quel gusto, così come è declinato quello della poesia 'parnassiana' i suoi personaggi sono venuti a trovarsi senza fiato, senza caratteri, senza coturni...".

Dopo la stagione ottocentesca dello stupore per la sua primitiva bellezza - oggi intaccata da quel 'moderno' che intende l'innovazione come uno stravolgimento dei luoghi e dei costumi - Taormina ha inutilmente aspettato un Garcia Lorca o un Ernest Hemingway: cantori cioè capaci di farne con la poesia o il romanzo il centro del mondo universale. 
La possibilità che ciò avvenga è sempre più remota, in una Sicilia che da meno pittoresche località - le terre degli zolfatari di Pirandello e Sciascia, quelle "remote iblee" di Bufalino e la Cefalù di Consolo - ha offerto pagine di lettura senza tempo e confini.
  

  
  

DISEGNI DI SICILIA


GIUSEPPE CESETTI, Cavalli delle Madonie

giovedì 6 febbraio 2014

L'INGANNEVOLE RIPASCIMENTO DI CEFALU'

Storia dello scarico dei detriti dei cantieri autostradali che sino al 2004 devastò la costa fra Cefalù e Sant'Ambrogio



La massicciata costruita con i detriti
del cantiere della galleria autostradale "Castelbuono",
lungo la strada statale 113, fra Cefalù e Sant'Ambrogio.
La colmata del tratto costiero avvenne
fra il 1999 ed il 2004.

Il progetto venne allora 
indicato come la creazione
di una "Zona di Ripascimento".
In realtà, lo scarico di tonnellate di detriti
ha per sempre cancellato il profilo della costa.
Le fotografie del post, ad eccezione
della penultima, sono di ReportageSicilia


Ci sono casi di scempi ambientali che il passare degli anni tende a nascondere o a fare cancellare dalla memoria collettiva; eppure i segni di quella devastazione sono lì, permanenti, a testimonianza della capacità distruttiva dell'uomo nei confronti della natura.
Esempi del genere non mancano ovviamente in Sicilia, terra dove la mano dell'uomo in alcuni casi ha avuto effetti non meno devastanti dei terremoti o delle eruzioni.
Le fotografie di ReportageSicilia documentano uno dei tanti scempi ambientali dimenticati nell'isola, lungo la statale 113, fra Cefalù e la frazione di Sant'Ambrogio: un misfatto del quale si è perso il senso stesso del suo perpetrarsi, per l'assenza di una conseguente azione speculativa e per l'attuale stato di abbandono dei luoghi.


Il profilo della massicciata
si staglia ben oltre la naturale linea di costa
che delimita il percorso della strada statale 113

Lungo una litoranea fra le più belle della Sicilia, a picco sul mare Tirreno ed ai margini di colline ancora ricche di macchia mediterranea, fra il 1999 ed il 2004 furono scaricati in mare i detriti provenienti dal cantiere di scavo della galleria "Castelbuono" dell'autostrada Palermo-Messina.
La linea di costa fra Cefalù e Sant'Ambrogio - un alternarsi di rocce e bianchissime strisce di sabbia - venne cancellata da una massicciata di pietre e terra, poi rafforzata da massi frangiflutti.


Uno dei molti tratti sabbiosi
della costa interrotti o cancellati
dalla colmata dei detriti

Oggi la percezione di quell'opera devastatrice - tre spianate a forma di mezzaluna protese sul mare - è visibile soprattutto dalle colline che sovrastano la statale 113.
Lo scarico in mare dell'enorme quantità di detriti impegnò per settimane decine di mezzi pesanti, senza che nessuno si preoccupasse della devastazione ambientale in corso. 
Al danno si aggiunse la beffa. 
Nei pressi della scogliera spuntò infatti un cartello con l'indicazione "Regione Siciliana - Assessorato al Territorio ed Ambiente" - Zona di Ripascimento Ittico".


Il cancello comparso sull'area
dopo la concessione rilasciata
ad un gruppo imprenditoriale che avrebbe voluto
realizzarvi un parco giochi con acquario

Per "ripascimento" - secondo uno studio dell'Università di Parma, dell'Università di Southampton e dell'ENEA, datato 2010-2011 - si intende "un'azione artificiale di riporto di volumi di sabbia con le stesse caratteristiche peculiari del sito interessato, quindi dello stesso colore, granulometria e tipologia del materiale, generalmente quarzo e/o granuli di conchiglie e coralli frantumati e levigati dall'azione delle onde o digeriti da specie ittiche": un'operazione complessa, da attuare dopo accurati studi e solo quando si pone la necessità di risanare le coste dagli effetti dell'erosione.


Macchia mediterranea ed un reticolo di strade
hanno preso il posto dell'area
dove un tempo vi era il mare

Quella eseguita tra Cefalù e Sant'Ambrogio fu invece una selvaggia colmata del profilo di costa, al semplice scopo di liberarsi dell'ingombrante materiale di risulta del cantiere di scavo autostradale. 
E' probabile inoltre che l'operazione sia servita anche a favorire la lucrosa attività di movimentazione terra, oggetto del solito gioco di subappalti. 
Ai nostri giorni, la massicciata è stata ricoperta da una folta vegetazione ed è attraversata da strade sterrate.


Il viadotto che precede la galleria "Castelbuono"
dell'autostrada Palermo-Messina.
I detriti dello scavo costituiscono
oggi la vasta area estranea
all'originale profilo costiero

All'ingresso di questa singolare "Zona di Ripascimento", anni fa venne apposto un cancello con un cartello che indicava il rilascio di una concessione in data 13 dicembre 2005 per l'utilizzo dell'area un tempo occupata dal mare: titolare - come si legge ancor oggi in una vecchia targa - fu il "Gruppo Di Noto", proprietario di alcuni oleifici nel messinese.
Il rilascio della concessione era legato ad un progetto che avrebbe dovuto creare sulla "Zona di Ripascimento" un acquario tropicale con 150 vasche.


Lo stesso originario tratto di costa
in una fotografia di Italo Zannier,
tratta dall'opera "Le Coste d'Italia - Sicilia"
edita nel 1968 dall'ENI

Il piano prevedeva il prelievo di acqua dal vicino torrente Carbone con un sistema di pompaggio e la creazione di un parcheggio per 5.000 automobili.
Secondo i Di Noto, l'acquario sarebbe potuto diventare un luogo capace di attrarre i turisti di Cefalù e dell'intera Sicilia, dando lavoro ad un centinaio di persone.
Nel 2007, il progetto - che avrebbe dovuto beneficiare di fondi europei - non ebbe più seguito: venne forse persa l'occasione di creare occupazione, ma di certo quest'angolo di costa palermitana non venne ulteriormente stravolta dalla mano dell'uomo. 
Da allora, la massicciata creata con i detriti della galleria autostradale è un luogo di nessuno, senza alcun rapporto con l'ambiente e con l'originaria conformazione della costa: in definitiva, un inutile ed incancellabile sfregio del territorio cefaludese.



     
  
   
  

SICILIANDO














"Il fallimento politico dell'autonomia siciliana - che taluni, in buona fede, escludono, ma che emerge dai fatti - ci dice che la classe politica siciliana non ha saputo gestire gli strumenti di attuazione di leggi valide e coraggiose le quali, però, sono state immediatamente strumentalizzate"
Matteo G.Tocco

martedì 4 febbraio 2014

PORTAEREI AMERICANE AL FORO ITALICO


Melo Minnella ed Enzo Sellerio sono gli autori di due fotografie che testimoniano non senza ironia le frequentazioni militari americane a Palermo

E' ormai dal 1943 che la Sicilia è parte fondamentale degli interessi militari americani nel Mediterraneo.
L'ultimo manifesto aspetto di questa tendenza è legato alla contestata costruzione del sistema di telecomunicazioni della US Navy MUOS a Niscemi.
La presenza della base militare di Sigonella, l'utilizzo dell'aeroporto di Comiso per l'installazione nel 1983 dei 112 Cruise della Nato e le recenti esercitazioni di "marines" nelle campagne di Corleone sono solo i capitoli più noti della storia della presenza americana nell'isola.
Le due fotografie riproposte da ReportageSicilia rappresentano pezzi di quel racconto: il transito di gigantesche portaerei statunitensi a Palermo.
A firmare le due immagini sono stati due maestri della fotografia siciliana degli ultimi decenni, Melo Minnella ed Enzo Sellerio.
Gli scatti - presentati dal post nell'ordine - furono probabilmente realizzati in anni diversi.


L'unica datazione certa riguarda l'immagine di Enzo Sellerio, realizzata nel 1960 al Foro Italico ed ironicamente intitolata "L'oste conduce l'asinello a vedere la portaerei Independence".
Lo scatto è tratto dall'opera "Enzo Sellerio, Fotografie 1960-1989" edito nel 2000 da Federico Motta Editore.
La fotografia di Minnella potrebbe essere di qualche anno più recente e venne scattata dall'interno di Villa Giulia. 
L'immagine venne pubblicata in un libro edito nel 1979 da Linee D'Arte Giada di Palermo e dal titolo assai poco inerente le vicende militari anglo-siciliane: "Nei giardini di Palermo", scritto da Antonino Manfrè.

  


lunedì 3 febbraio 2014

LA "BRUCIANTE PASSIONE" DI CICCIU BUSACCA

Francesco "Cicciu" Busacca,
fotografato dall'etnomusicologo Roberto Leydi

Il cantastorie di Paternò nelle pagine di un articolo de "L'Illustrazione Italiana" del 1959 

"Stavo in mezzo al fango fino alla cintola. 
Vedevo passare ogni giorno dei cantastorie che si spostavano da un paese all'altro per fare il loro spettacolo. 
Io non volevo fare il cantastorie, volevo non fare solo più il cavatore di pozzolana. 
Così decisi di cambiare mestiere, e, in bicicletta, portando con me solo una seggiola, raggiunsi il primo paese dove non mi conoscevano.
Misi la seggiola per terra, e, solo, senza nessuno intorno, incominciai a cantare un fatto di sangue che avevo inventato e imparato a memoria. 
Subito arrivò della gente e alla fine tutti piangevano. 
Da allora incominciai a cantare e sempre veniva della gente. 
Io sono riuscito a fare piangere la madre e la sorella di Giuliano a Montelepre cantando una storia".

Cicciu Busacca è considerato come il più importante ( di certo, è il più noto ) fra i cantastorie siciliani e fu con queste parole che descrisse gli esordi in strada della sua carriera artistica.
Quel paese dove Busacca sperimentò per la prima volta il contatto con il pubblico fu San Cataldo, nel 1951, ed il fatto di sangue era un delitto d'onore compiuto a Raddusa.


Paternò, in una fotografia
firmata "Bromofoto Milano"
pubblicata nel 1960
dal volume "Sicilia" del TCI
  
Il ricordo autobiografico dell'ex cavatore di pozzolana, nato a Paternò nel 1925 e morto nel 1989 a Busto Arsizio, venne pubblicato nell'opera "Coste d'Italia - Sicilia", edita nel 1968 dall'Eni.
Luigi Lombardi Satriani e Annabella Rossi - che firmarono il capitolo etnologico del testo - scrivevano:

"I cantastorie ebbero nel passato una funzione di informazione, di trasmissione di notizie mediante tecniche, volte anche, a suscitare emozioni negli ascoltatori. 
Oggi, caduta la prima funzione, informativa, è rimasta solamente la seconda.
Ed è su questa che si basa il mestiere di Cicciu Busacca, cantastorie di Paternò, famoso tra le classi popolari siciliane e tra gli intellettuali del Nord per avere inserito nel suo repertorio non solo la morte di Kennedy, Papa Giovanni ed il terremoto del Belice, ma anche pezzi scritti da intellettuali".

Già da anni, in verità, la notorietà di Cicciu Busacca aveva superato i confini della Sicilia grazie all'esibizione in piazze e teatri di tutta Italia. 
La sua fama, sia pure limitata ad un pubblico di festival e spettacoli teatrali, andava ben oltre i confini degli ambienti 'intellettuali' descritti dai due etnologi.


Cartellone di un cantastorie isolano
tratto dall'opera "Le Coste d'Italia - Sicilia"
edita nel 1968 dall'ENI

Lontano dall'isola - ad esempio a Torino, nel 1965, in occasione del Folk Festival - Busacca aveva cantato la "Vita di Turiddu Carnivali" e "Lu trenu di lu soli" di Ignazio Buttitta, opere cardine nella sua vita di cantastorie. 
Finiti i tempi degli spostamenti in bicicletta - poi sostituita in Sicilia da una Seicento Multipla - il cantastorie catanese aveva vinto nel 1958 a Gonzaga il premio "Trovatore d'Italia".
Fu probabilmente anche grazie a quel riconoscimento che nel febbraio del 1959 la rivista "L'Illustrazione Italiana" gli dedicò parte di un articolo intitolato "Gli ultimi cantastorie", a firma dell'etnomusicologo Roberto Leydi.
Nel reportage - accompagnato dalla fotografia di Cicciu Busacca riproposta da ReportageSicilia - Leydi scriveva fra l'altro:

"Busacca è giovane, violento, animato da quel sacro fuoco diabolico che Garcia Lorca definisce 'duende' e dice proprio dei grandi cuori di Spagna.
Rappresentante perfetto del Mediterraneo, Busacca anima il suo gesto e la sua voce di una passione bruciante, più forte di ogni regola e d'ogni legge.
Il suo repertorio di cantastorie è assai vasto ma poggia su alcuni testi ormai 'classici' che costituiscono il fondamento della sua fama.
La storia di Giuliano, ad esempio, composta di oltre venti episodi e lunga, nella sua versione completa di canto e spiegazioni, quasi sei ore, oppure quella di Michele Terranova, o quella di Turi Firranti, o ancora quella indimenticabile di Salvatore Carnevale.
Legato alle vicende della cronaca, il cantastorie adegua i suoi testi ai fatti sempre nuovi di criminalità.
E' inevitabile che in questa misura non possa mancare l'accenno diretto ai delitti della mafia, alla dura storia della lotta politica.
E' appunto il caso di questa stupenda ballata che, scritta da Ignazio Buttitta, costituisce uno dei 'numeri' più fortunati ed efficaci di Ciccio Busacca. Col volto chiuso nel segno di un austero dolore, Busacca annuncia la storia di Turiddu Carnivali, il 'picciotto' che morì a Sciara ammazzato dalla mafia. 
'Per Turiddu Carnivali', dice Busacca, 'piange sua madre e piangono tutti i poveretti della Sicilia, perché Turiddu morì ammazzato per il pane dei poveretti'.
Poi comincia a cantare:

Ancilu era e nun avia l'ali,
santu nun era e miraculi facia,
ncelu acchianava senza cordi e scala
e senza appidamenti nni scinnia,
era l'amuri lu sò capitali
e sta ricchezza a tutti la spartia.
Turiddu Carnivali nnuminatu
e comu Cristu muriu ammazzatu...

Angelo era e non aveva le ali,
santo non era e faceva cose straordinarie,
saliva al cielo senza corde e scala
e senza ostacoli ne scendeva,
era l'amore il suo tesoro 
e questa ricchezza la divideva con tutti.
Salvatore Carnevale faceva di nome    
e come Cristo morì ammazzato...


Chitarra catanese
prodotta negli anni Sessanta dello scorso secolo.
La fotografia è di Arno Hammacher
ed è tratta dall'opera
"Repertorio dell'artigianato siciliano"
edita nel 1966 da Salvatore Sciascia 


Nei versi della 'Morti di Turiddu Carnivali' passano tutti i fatti e tutti i sentimenti della lotta politica siciliana.
Ecco l'occupazione delle terre 'sutta la russìa di li banneri', ecco l'intervento dei carabinieri, ecco le intimidazioni della mafia, ecco infine il delitto a tradimento, all'alba, in aperta campagna...

Sidici maju l'arba ncelu luci
e lu casteddu aautu di Sciara
taliava lu mari chi stralluci
comu n'artaru supra di na vara;
tra stu mari e casteddu na gran cruci
si vitti dda matina all'aria chiara,
sutta dda cruci un mortu, e cu l'aceddi
lu chiantu ruttu di li puvireddi

Il sedici maggio, la luce dell'alba nel cielo
e l'alto castello di Sciara
guardava il mare pieno di luci
come un'altare sopra una vara ( carro trionfale );
tra questo mare ed il castello una grande croce
si vide quella mattina nell'aria chiara,
sotto quella croce un morto, e con quello degli uccelli
il pianto disperato dei poveri
  
  
Sei anni dopo il reportage dedicatogli da "L'Illustrazione Italiana", Cicciu Busacca avrebbe vinto il Festival dei Cantastorie a Siracusa.
Curiosamente, proprio la Procura di questa città gli aveva riservato nel 1962 anche una sorprendente denuncia per avere diffuso particolari sulla morte di Salvatore Giuliano "tali da potere turbare il comune sentimento della morale e di potere provocare il diffondersi di delitti". 
In quegli anni, Busacca non rinunciò alla militanza politica, partecipando ad alcuni festival dell'Unità e prendendo parte a manifestazioni sindacali, occupazioni di terre e marce per la pace.
Nel 1970, il cantastorie di Paternò accettò l'invito della cantante toscana folk Daisy Lumini ad esibirsi con Rosa Balistreri nello spettacolo "Sicilia amara".
Il tour toccò anche il teatro La Ringhiera a Roma, e sembra che in quel periodo fosse solito cantare che "la mafia e la Sicilia sono due cose, una puzza, l'altra profuma".  
Quindi Cicciu Busacca venne in contatto a Milano da Dario Fo, entrando presto a far parte del Collettivo della Comune Teatrale.
Il nome di Busacca comparve così sulle locandine de "La Giullarata", di "Ci ragiono e ci canto numero 3" e di "Cuntrastu tra la morti e lu miliardariu".
L'esperienza con Fo coinvolse anche le figlie Pina e Concetta, regalando all'ex cavatore di pozzolana anche un certo benessere economico.





Locandine di spettacoli di Cicciu Busacca
con il Collettivo della Comune Teatrale di Dario Fo.
Il materiale è tratto da
http://www.archivio.francarame.it/francaedario2.aspx 



Le sue esibizioni teatrali furono tuttavia il segno che l'epoca del cantastorie di strada era finita per sempre, messo in disparte nei gusti del pubblico dalla televisione e dal cinema.
Con amarezza, Cicciu Busacca smise di esibirsi ed il suo trasferimento in Lombardia, pur non distaccandolo del tutto da Paternò, fu quasi il segno del distacco da un'attività artistica tramontata per sempre.
In rete si trovano si trovano numerose notizie su Busacca e ReportageSicilia segnala in particolare questi indirizzi:

https://it-it.facebook.com/pages/AMICI-DI-CICCIU-BUSACCA-CANTASTORIE-SICILIANO/245912545425712

http://www.musicameccanica.it/antologia_intervista_busacca.htm