Ho ricordi piuttosto datati dell'isola di Mozia.
Malgrado la relativa vicinanza con Palermo - e l'indubbia bellezza di questa zona della provincia trapanese - il mio unico approdo nella località archeologica di età punica risale ai tempi della scuola media; quindi, ad alcune decine di anni fa, in occasione della classica gita scolastica in cui frotte di ragazzini si divertono più a fare confusione sull'autobus che li porta a destinazione che a conoscere il luogo della loro giornata di vacanza, vanamente mitigati dagli insegnanti.
Di quel luogo silenzioso e quasi disabitato - nel quale un tempo, secondo il vendicativo racconto degli stessi insegnanti gli abitanti sacrificavano i bambini - ricordo la laguna bassa e quasi immobile, ed i cocci di ceramiche raccolti per gioco ai margini dei sentieri.
Durante quella gita imparammo che, ad un certo punto della sua millenaria storia, l'isola di Mozia - chiamata anche San Pantaleo - venne acquistata da un ricco signore di origine inglese, con la passione per la botanica, per il vino e per l'archeologia: Giuseppe Whitaker.
In anni più recenti, ho così raccolto le sue essenziali notizie biografiche: cultore di Heinrich Schliemann, imparentato con la famiglia Ingham e sposato con Sofia Sanderson – figlia di Guglielmo, console inglese a Messina – tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo Giuseppe Whitaker estese i suoi interessi nel settore vinicolo fra Marsala, Balestrate, Campobello, Mazara ed Alcamo; l’interesse per le antiche civiltà e per la ricerca archeologica, nel 1906 lo portò ad acquistare l’isola di San Pantaleo, la cui superfice terriera, dai primi anni del 1800, era suddivisa fra 19 famiglie.
L’imprenditore di origine inglese fu aiutato nella sua opera di ricerca archeologica delle testimonianze puniche dallo studioso Antonio Salinas e da un anziano reduce garibaldino, Giuseppe Lipari Cascio.
Negli anni successivi a quella gita adolescenziale ho più volte desiderato fare ritorno a Mozia, senza realizzare il progetto.
In questa fotografia senza data e di autore sconosciuto, quattro carri trasportano abitanti e visitatori dell'isola attraverso un'antica strada semisommersa che collega Mozia alla terraferma |
L’imprenditore di origine inglese fu aiutato nella sua opera di ricerca archeologica delle testimonianze puniche dallo studioso Antonio Salinas e da un anziano reduce garibaldino, Giuseppe Lipari Cascio.
Negli anni successivi a quella gita adolescenziale ho più volte desiderato fare ritorno a Mozia, senza realizzare il progetto.
Qualche mese fa, sono però tornato a pensare a quel lembo di terra e di antiche pietre circondato dalla stagnone di Marsala. L'occasione me l'ha procurata il mio vecchio amico Andrea Di Napoli, figlio di una di quelle antiche famiglie siciliane capaci di conservare oggi un signorile distacco dalla povertà morale dei nostri tempi. Andrea - mio maestro di fotografia ( maestro rimasto più bravo dell'allievo ) - mi ha infatti regalato una pubblicazione dedicata ad un progetto di catalogazione e conservazione del fondo fotografico della famiglia Whitaker: un’iniziativa risalente al 2007, cui lui stesso ha preso parte come addetto alla conservazione di vecchie stampe all'albumina ed aristotipi alla gelatina, raffiguranti proprio Mozia.
Adesso, una selezione di immagini pubblicate in ‘Il fondo fotografico Whitaker’ da Crimisos Società Cooperativa, Tipografia Alba Palermo, ottobre 2007, viene riproposta da REPORTAGESICILIA: in quei vecchi scatti – scrive M.Pamela Toti nell’opera – si osserva “una preziosa documentazione per l’inizio della storia moderna di questo importante sito archeologico fenicio punico. Ed inoltre dalle immagini nelle quali sono fermati i paesaggi e la gente moziese, traspare evidentissimo il grande amore che questo gentiluomo anglo-siciliano nutriva per il suo rifugio, immerso nella natura e nella storia”.
Maggiori dettagli sulla storia e sulle attività organizzate ai nostri giorni nel ricordo di Giuseppe Whitaker sono disponibili nel sito della Fondazione intitolata al suo nome, http://www.fondazionewhitaker.it/
Bellissimo report. Grazie mille
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