Mentre si avvicina il ventennale dalla strage Borsellino – eccidio per il quale la ricerca del movente prospetta inconfessabili verità giudiziarie – le cronache siciliane di queste ore rilanciano sui media l’argomento del rapporto fra Stato e mafia.
La Procura di Palermo ha infatti chiuso l’inchiesta sulla presunta trattativa avviata da pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra, nel periodo che va dal 1992 al 1993: dall’omicidio Lima alle stragi Falcone e Borsellino e sino alle bombe fatte esplodere a Roma, Firenze e Milano.
Secondo la ricostruzione dei magistrati palermitani, l’ex ministro Calogero Mannino sarebbe stato il primo ad avviare le trattative con i boss, all’inizio del 1992, nel periodo dell’uccisione a Mondello del leader siciliano della Democrazia Cristiana.
L’inchiesta – che potrebbe portare al rinvio a giudizio dei personaggi indicati nell’ordinanza, frutto di quattro anni di indagini – chiama in causa fra gli altri l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso, quello dell’Interno, Nicola Mancino, l’ex capo dell’amministrazione carceraria Adalberto Capriotti, l’ex europarlamentare Giuseppe Gargani, i boss corleonesi Riina, Provenzano e Bagarella, Giovanni Brusca ed Antonino Cinà e gli allora ufficiali dei Carabinieri del ROS Subranni, Mori e De Donno.
L’inchiesta – che potrebbe portare al rinvio a giudizio dei personaggi indicati nell’ordinanza, frutto di quattro anni di indagini – chiama in causa fra gli altri l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso, quello dell’Interno, Nicola Mancino, l’ex capo dell’amministrazione carceraria Adalberto Capriotti, l’ex europarlamentare Giuseppe Gargani, i boss corleonesi Riina, Provenzano e Bagarella, Giovanni Brusca ed Antonino Cinà e gli allora ufficiali dei Carabinieri del ROS Subranni, Mori e De Donno.
Proprio questi ultimi – secondo la Procura di Palermo – grazie alla mediazione dell’ex sindaco Vito Ciancimino con Riina e Provenzano, avrebbero agevolato “l’instaurazione di un canale di comunicazione finalizzato a sollecitare eventuali richieste di Cosa Nostra”.
Come riassume oggi Giovanni Bianconi sul “Corriere della Sera”, Calogero Mannino, “vittima predestinata della campagna avviata con l’uccisione di Salvo Lima, proprio per avviare quella sorta di contrattazione con la mafia avvicinò ‘esponenti degli apparati info-investigativi’ per acquisire informazioni sui boss. Dopodichè, consumate le stragi del 1993, avrebbe esercitato ‘ indebite pressioni finalizzate a condizionare in senso favorevole a detenuti mafiosi la concreta applicazione dei decreti di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento giudiziario’, cioè il carcere duro”.
Come riassume oggi Giovanni Bianconi sul “Corriere della Sera”, Calogero Mannino, “vittima predestinata della campagna avviata con l’uccisione di Salvo Lima, proprio per avviare quella sorta di contrattazione con la mafia avvicinò ‘esponenti degli apparati info-investigativi’ per acquisire informazioni sui boss. Dopodichè, consumate le stragi del 1993, avrebbe esercitato ‘ indebite pressioni finalizzate a condizionare in senso favorevole a detenuti mafiosi la concreta applicazione dei decreti di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento giudiziario’, cioè il carcere duro”.
Il clamore suscitato in queste ore dalle conclusioni della magistratura palermitana – conclusioni che attendono ora il riscontro processuale – non può non fare dimenticare che “le trattative” fra Stato e mafia fanno parte della storia stessa del rapporto fra le politica italiana e siciliana e Cosa Nostra.
Basta rispolverare i cinquantennali atti della Commissione Parlamentare Antimafia per trovare indicazioni precise sui tanti casi in cui esponenti politici hanno concluso accordi con boss mafioso, partendo dall’appoggio elettorale.
ReportageSicilia ripropone alcune immagini che testimoniano l’antica propensione alla “trattativa” fra Stato e mafia, ed in particolare quelle promosse dal vecchio capomafia Giuseppe Genco Russo con politici di primo piano della sua stessa provincia.
Frequentazioni impresentabili - quelle esemplificate da queste fotografie - che indicano la natura cancerosa del rapporto fra Stato e mafia, gravato in Italia anche dall'ingerenza di camorra e 'ndrangheta.
Frequentazioni impresentabili - quelle esemplificate da queste fotografie - che indicano la natura cancerosa del rapporto fra Stato e mafia, gravato in Italia anche dall'ingerenza di camorra e 'ndrangheta.
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