"Porto siciliano", opera del 1967 del pittore palermitano Piergiorgio Zangara |
La storia dell’imprenditoria siciliana è stata spesso legata
alla scialba storia della politica regionale, dando corso a progetti
fallimentari ed in cui il carattere clientelare-mafioso ha determinato lo
spreco di enormi risorse finanziarie.
La casistica riserva anche dei casi bizzarri e poco conosciuti.
Uno di questi riguarda la promozione di una flotta peschereccia che – agli inizi
degli anni Cinquanta dello scorso secolo - avrebbe dovuto far partire da
Palermo la caccia alle balene nei lontanissimi mari dell’Antartide.
“L’iniziativa – ricorda Matteo G. Tocco nel saggio “Libro nero
di Sicilia”, edito da Sugar Editore nel 1972 – era stata assunta dalla società
industriale “Antartide”, costituita a Palermo con le consuete agevolazioni
fiscali e con le azioni al portatore. La società di proponeva di costruire una
grande nave-fattoria con una stazza di 22.500 tonnellate, completa dei più
moderni e perfezionati macchinari atti a garantire un primo ciclo di
lavorazione di una balena nel giro di 50 minuti”.
La “Antartide” poteva contare su capitali siciliani ed
austriaci ed in tempi brevi commissionò la costruzione della nave-fattoria “Trinacria” ai
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
La chiglia dell’unità navale – la cui lunghezza complessiva avrebbe
dovuto superare i 200 metri - venne impostata il 28 luglio del 1951.
Una volta
varata, la “Trinacria” avrebbe dovuto accogliere un equipaggio di 80 uomini e
40 specialisti nella caccia e nella lavorazione delle balene issate a bordo.
Scrive ancora Matteo G.Tocco che “catturata la balena a mezzo di
naviglio minore” – 12 imbarcazioni anch’esse di proprietà della società “Antartide”
– “essa sarebbe stata trascinata verso la nave-fattoria, issata a bordo,
squartata, sezionata, e, divisi i grassi dalle carni, passata per ulteriori
elaborazioni al macchinario sussidiario e conservata in frigoriferi colossali.
Tutte le parti delle balene così pescate, e così lavorate, sarebbero state
sbarcate a Palermo e avviate a un complesso di impianti consistente in serbatoi
per la conservazione dell’olio di balena, e per la sua raffinazione con
successivo indurimento. Infine, le parti non grasse sarebbero state avviate
verso tre altri stabilimenti rispettivamente idonei alla produzione della
farina di balena, alla fabbrica di estratti di dadi per brodo e alla
composizione degli elementi per la produzione di colla”.
Il progetto di creare un’industria baleniera in Sicilia,
insomma, sulla carta sarebbe dovuto andare incontro alle richieste dei mercati
internazionali e garantire migliaia di posti di lavoro. Le industrie
nazionali e forse anche quelle del Medio Oriente avrebbero potuto rifornirsi a
Palermo di materie prime per la produzione di olii e grassi alimentari, di
sapone e liscivie, di farmaci e di cosmetici.
Lo stesso presidente dell’Assemblea
Regionale Siciliana del tempo, Angelo Bonfiglio, accolse l’impostazione della
nave-fattoria “Trinacria” in cantiere dichiarando “per noi siciliani, questa
giornata è veramente fatidica!”.
In realtà, il progetto di creare una flotta siculo-austriaca per
la caccia alle balene si confrontava con un mercato quasi del tutto
monopolizzato da Norvegia, Inghilterra, Giappone, Unione Sovietica, Olanda e
Germania.
Agli inizi degli anni Cinquanta una ventina di società di quei Paesi
si spartivano il mercato baleniero mondiale, grazie anche ad un’esperienza decennale ed a reti commerciali evolute.
“Inutile dire – conclude Tocco - che la nave “Trinacria” non
vide mai la luce e con essa abortirono i sogni siciliani di possedere una
flotta baleniera!”.
Non sappiamo quanti soldi siano allora stati spesi – ed a vantaggio di chi - per portare avanti il velleitario ( ed ingannevole ) proposito di far cacciare dalla "Trinacria" cetacei nelle acque dell’Antartide. Certo è che tra le pagine di vecchi libri dedicati alla storia dell'isola si riscoprono impensabili esempi dell’atavico spreco di risorse economiche da parte dei siciliani.
Non sappiamo quanti soldi siano allora stati spesi – ed a vantaggio di chi - per portare avanti il velleitario ( ed ingannevole ) proposito di far cacciare dalla "Trinacria" cetacei nelle acque dell’Antartide. Certo è che tra le pagine di vecchi libri dedicati alla storia dell'isola si riscoprono impensabili esempi dell’atavico spreco di risorse economiche da parte dei siciliani.
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