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domenica 5 maggio 2013

IL MERCATO DELLE PULCI DI MELO MINNELLA

Le fotografie riproposte da ReportageSicilia nel post sono di Melo Minnella e furono pubblicate nel volume "Libro di Palermo",
edito da S.F.Flaccovio nel 1977.
Le immagini colgono scorci del mercato delle Pulci e risalgono ad un periodo successivo all'agosto del 1968.
In quel periodo, le baracce dei rigattieri offrivano ancora una vastissima tipologia di oggetti di antiquariato e di false anticaglie

Sino a qualche decennio fa il mercato delle pulci di Palermo ha offerto un perfetto spaccato del cambiamento sociale ed economico della città subìto nel dopoguerra. 
Nelle baracche di piazza Peranni, mobili, terracotte, quadri ed altri diversissimi arredi che un tempo arricchivano vecchie case nobiliari siciliane o chiese storiche – oggetti per lo più svenduti dai proprietari o sottratti loro dai depredatori del centro storico - passarono nelle mani della nuova borghesia cittadina.

Professionisti, commercianti, alti burocrati e politici regionali, giornalisti ed intellettuali dall’occhio esperto nel distinguere le patacche dagli oggetti di autentico valore arricchirono i loro salotti di quegli arredi.
Fra i clienti del mercato delle pulci figurarono pure Antonio Pasqualino – che qui recuperò alcuni pregevoli “pupi” dismessi dai teatri dell’opera di mezza Sicilia - ed il fotografo Enzo Sellerio. 
Quest’ultimo fu un accanito acquirente di vecchie pitture su vetro. Proprio durante una di quelle visite tra le baracche dei rigattieri, il futuro editore recuperò per 10 mila lire il diario fotografico del marchese di San Giuliano: 280 immagini in formato cartolina che avrebbero poi costituito la base iconografica di un saggio d’arte curato da Giuseppe Giarrizzo.


Di un altro noto fotografo dell'isola - il nisseno Melo Minnella - sono invece i cinque scatti del mercato delle pulci di Palermo riproposti da ReportageSicilia: si tratta di materiale documentario pubblicato nel 1977 da S.F. Flaccovio nel volume “Libro di Palermo”. 
In quelle fotografie, successive all’estate del 1968, si riscoprire la varietà degli oggetti allora esposti alla rinfusa dai rigattieri: quadri con ritratti religiosi o di anonimi ufficiali, lumi, ceramiche ( vere o false? ) di Caltagirone, crocifissi, candelabri, cornici, giradischi e – notazione forse autobiografica di Minnella – anche macchine fotografiche. 
Ai nostri giorni il mercato palermitano ha perso quella confusa promiscuità di mercanzia che costituiva - prima ancora della possibilità di fare qualche buon affare - il principale divertimento di una visita.       
Una breve ma completa storia del mercato della pulci è contenuta in un articolo della giornalista Carla Incorvaia sulle pagine de “la Repubblicahttp://palermo.repubblica.it/dettaglio/papireto-il-rilancio-del-mercato-delle-pulci/1591553.
Una colorita descrizione dell’attività che si svolgeva nell’area del quartiere Papireto si trova invece in un reportage del quotidiano “La Stampa” del 28 dicembre del 1967 intitolato “I furbi mercanti del mercato delle Pulci”, a firma di Roberto Giardina.


“Naturalmente – si legge - come tutti i mercati delle pulci di questo il mondo, da Porta Portese a Roma a quello di Portobello a Londra, ci si arriva sempre troppo tardi. 
Gli amici vi dicono d’avere comprato un Raffaello per tremila lire o una poltroncina del Settecento a peso di rottame, ma voi trovate solo furbissimi mercanti che cercano di rifilarvi la stampa ritagliata da una rivista del mese scorso come un autentico “Renoir”. 
Da anni le chiese della Sicilia sono state saccheggiate di quadri sacri ed “ex voto”, candelabri, “cartagloria”: quel che è rimasto vale molto poco. 
I prezzi, poi, sono quelli di un normale antiquario. Qualcosa, comunque, è rimasto: armi antiche ( ma non ve le regalano ), specchiere non molto belle, dei soprammobili.


C’è una invasione di oggetti di terracotta, spacciati come “antica produzione artigiana”: in realtà sono stati fabbricati appena ieri ( ed anche il prezzo lo rivela: due-tremila lire per un piatto o un servizio di boccali ). Abbondanza di letti in ottone ( ma di lega piuttosto scadente ) e in ferro battuto, in genere con incrostazioni madreperlacee di un “gusto liberty alla siciliana”. Comunque costano la decima parte che a Torino o a Milano: ma come spedire un pesantissimo letto da Palermo? 
I turisti fanno razzia di “pupi” e pezzi di carretto siciliano. 
Per i “pupi” ricordarsi che quelli veramente antichi non sono in commercio: se lo fossero il loro prezzo sarebbe superiore al mezzo milione di lire. Quelli fabbricati adesso ( e sono anche ben fatti in verità ) raggiungono anche le 50 mila lire: una cifra non alta se si pensa al lungo lavoro artigianale necessario. 
Potrete trovare a volontà fiancate ed assi di carretto siciliano con i classici “dipinti” delle imprese di Carlo Magno o San Giorgio che lotta con il drago. 
Il costo d’una fiancata va dalle 5 alle 10 mila lire secondo la fattura e lo stato di conservazione. Anche qui, la maggior parte è fabbricata apposta per i turisti: ma per la verità in questo campo è assurdo parlare di antiquariato”. 
  

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