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venerdì 11 novembre 2016

LA "STORIA TORBIDA" DELL'OMICIDIO DELL'APPUNTATO DI ALTAVILLA MILICIA

Memorandum del delitto di mafia di Carmelo Giallombardo, ucciso la sera dell'11 dicembre del 1988 senza un movente accertato da tre sicari fino ad oggi rimasti senza nome 

L'appuntato dei Carabinieri Carmelo Giallombardo,
ucciso dalla lupara la sera dell'11 dicembre del 1988
ad Altavilla Milicia, nel palermitano.
A distanza di 28 anni, l'inchiesta su quel delitto di mafia
è archiviata senza indicazioni né dei colpevoli né di un movente.

Un investigatore del tempo ricorda oggi quell'omicidio
come "una storia torbida".
La fotografia è dell'archivio di ReportageSicilia 

Nel buio della sera, i tre killer aspettarono in via Cesare Battisti che la vittima parcheggiasse la sua Fiat 127 all'interno di un capannone utilizzato come box.
Era una strada deserta, senza abitazioni vicine e poco illuminata dai lampioni.
Quando venne il momento, il terzetto sbucò dal muro di cinta di un fondo agricolo; a distanza di pochi metri, i sicari esplosero cinque colpi di fucile a lupara alle spalle dell'appuntato dei Carabinieri Carmelo Giallombardo, 37 anni, di Caltanissetta.
I pallettoni lo raggiunsero al torace, senza possibilità di scampo; le schegge raggiunsero anche il portone del capannone, butterandone la superficie.
Poi i killer scomparirono nella notte, utilizzando forse un'automobile di colore bianco che qualcuno disse di aver visto allontanarsi velocemente dal luogo della sparatoria.

I Carabinieri sul luogo del delitto
il giorno successivo all'agguato.
La fotografia è dell'archivio di ReportageSicilia

L'agguato avvenne l'11 dicembre del 1988 a poche centinaia di metri dal cimitero di Altavilla Milicia, paese in cui Giallombardo prestava servizio da 6 anni.
A distanza di 28 anni, nulla è mai trapelato sugli autori e sul movente di un delitto di mafia compiuto in quello che veniva allora definito come il "triangolo della morte" di cosa nostra: Altavilla Milicia, CasteldacciaBagheria.
Nel 1982, in quella zona della provincia palermitana, vi si contarono in un solo mese 21 omicidi; carabinieri e poliziotti che vi prestavano servizio nei commissariati e nelle caserme lavoravano fra l'indifferenza e l'ostilità di molti residenti. 
Carmelo Giallombardo era sposato ed aveva due figli di 10 e 6 anni; prima del trasferimento ad Altavilla Milicia aveva prestato servizio a Petralia Sottana e Cefalù, luoghi fuori dal "triangolo" ma dove la presenza della mafia era comunque palpabile.
La nuova destinazione esponeva a maggiori rischi di intimidazione.
Lo stesso comandante della Stazione - il maresciallo Di Somma - 8 mesi prima dell'omicidio dell'appuntato aveva subìto l'incendio della sua automobile.

La Stazione dei Carabinieri di Altavilla Milicia,
dove Giallombardo prestò servizio per 6 anni.
Nel 1988, anno dell'omicidio dell'appuntato,
il comandante della caserma subì un attentato incendiario.
La fotografia è di ReportageSicilia 

Al telefono della caserma poi arrivavano spesso insulti e minacce.
Poche settimana prima di essere ucciso, Giallombardo aveva partecipato ad un'indagine che fruttò il sequestro di un carico di eroina fra Altavilla Milicia e Bagheria.
Sembra che per quest'inchiesta l'appuntato si fosse appostato nei pressi di un ponte, in compagnia di un collega.
Pare anche che dopo quell'operazione, Giallombardo avesse trovato la sua Fiat 127 con i copertoni tagliati; da allora era cominciato un periodo di inquietudini che la moglie del carabiniere aveva interpretato come il segno di una depressione. 
Dopo quel danneggiamento, sembra che l'appuntato aspettasse un trasferimento dalla Stazione di Altavilla Milicia a quella di San Vito Lo Capo: purtroppo, i pallettoni arrivarono prima che il provvedimento venisse messo in pratica.
Fra il 1986 ed il 1987, Giallombardo aveva prestato servizio all'interno dell'aula bunker di Palermo, durante lo storico "maxiprocesso" a cosa nostra: bastavano questi precedenti di servizio a giustificare l'agguato mafioso di cui fu vittima? 
E poi, ci fu una relazione fra il delitto, l'intimidazione ricevuta in precedenza dal maresciallo Di Somma e le minacce recapitate al centralino della Stazione dei Carabinieri del paese?  
Ancora: ci fu forse un legame fra quegli episodi e la presenza clandestina in quei mesi fra Santa Flavia e Bagheria del "pentito" Salvatore Contorno, vicenda di mafia fra le più ambigue di quegli anni in Sicilia?

Fotografia di ReportageSicilia

Di fatto, l'inchiesta sull'omicidio dell'appuntato Carmelo Giallombardo, dapprima in mano alla Procura di Termini Imerese e negli anni successivi trasferita alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è stata archiviata senza risultati.
Nessun collaboratore di giustizia e nessuno spunto investigativo - l'indicazione di un confidente, o un'intercettazione ambientale - sarebbero riusciti a fare verità su un omicidio che un investigatore del tempo oggi ricorda come "una storia torbida".
Ad aggiungere opacità a questa vicenda, contribuisce anche la "vulgata" oggi tramandata negli ambienti dell'Arma secondo cui l'appuntato prestasse troppe attenzioni alle donne e che di questa debolezza facesse pubblico vanto: circostanze mai confermate da una sentenza giudiziaria e che non comunque non sminuiscono il peso di un delitto rimasto senza colpevoli.
La memoria di Carmelo Giallombardo è ricordata dall'Arma dei Carabinieri come quella di un appuntato "vittima del dovere, nell'ambito delle inchieste che stava conducendo sull'ambiente malavitoso locale": una motivazione ovvia e generica, che, oltretutto, non riconosce la matrice chiaramente mafiosa di quell'agguato consumato in un territorio strettamente controllato dai clan.







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