Foto ReportageSicilia |
Così il giornalista Antonio Ravidà ha definito qualche anno fa il culto dei palermitani nei confronti di Santa Rosalia, la cui festa ricorre oggi.
Da oltre quattro secoli, la "Santuzza" fa parte integrante della vita e del costume della città, meritandosi insieme la devozione religiosa ed il rispetto secolare dei suoi abitanti.
Nel corso dei secoli, non sono mancate le voci di quanti hanno messo in dubbio o smentito il miracolo della liberazione di Palermo dalla peste attribuito a Rosalia de Sinibaldi o addirittura la stessa esistenza della nobildonna di presunte origini normanne.
Fra gli scettici, un posto di primo piano va senz'altro al paleontologo inglese William Buckland, un cristiano protestante che agli inizi dell'Ottocento, durante un viaggio a Palermo, affermò che le ossa attribuite ai resti della Santa appartenevano in realtà ad una capra.
In tempi più recenti, lo studioso Umberto Santino nel saggio "I giorni della peste" ( Grifo, 1999 ) ha affermato che la fine della peste è da datare due anni dopo la scoperta delle ossa e che su di esse non sono mai state compiute serie analisi tecniche.
Ad ogni modo - in assenza di quel responso scientifico sottolineato da Santino - in pochi se la sentono di mettere in dubbio le certezze devozionali di una buona parte dei palermitani riguardo la loro patrona.
All'uscita de "I giorni della peste", autorevoli esponenti del mondo laico cittadino difesero la validità del culto della "Santuzza".
Soprattutto le opinioni di personaggi dello spettacolo difesero la santità di Rosalia de Sinibaldi.
Il regista Franco Scaldati spiegò che
"Santa Rosalia appartiene al nostro respiro, perché ormai è dentro di noi"
Un altro regista - Daniele Ciprì - rivelando di averla pregata inutilmente durante la malattia del figlio, aggiunse che Rosalia
"è comunque un simbolo forte per la città"
Un altro personaggio dello spettacolo, l'attore Pino Caruso, così espresse l'assoluta certezza circa la possibilità dei palermitani di potere sempre contare sui miracoli della Santa:
"Quelle della invenzione di Santa Rosalia sono vecchie dicerie che si rinnovano ogni anno; nessuno potrà mai dimostrare la verità.
Santa Rosalia è ormai nella mente di tutti i palermitani e come tale vivrà in eterno"
Nel corso dei secoli, non sono mancate le voci di quanti hanno messo in dubbio o smentito il miracolo della liberazione di Palermo dalla peste attribuito a Rosalia de Sinibaldi o addirittura la stessa esistenza della nobildonna di presunte origini normanne.
Fra gli scettici, un posto di primo piano va senz'altro al paleontologo inglese William Buckland, un cristiano protestante che agli inizi dell'Ottocento, durante un viaggio a Palermo, affermò che le ossa attribuite ai resti della Santa appartenevano in realtà ad una capra.
In tempi più recenti, lo studioso Umberto Santino nel saggio "I giorni della peste" ( Grifo, 1999 ) ha affermato che la fine della peste è da datare due anni dopo la scoperta delle ossa e che su di esse non sono mai state compiute serie analisi tecniche.
Ad ogni modo - in assenza di quel responso scientifico sottolineato da Santino - in pochi se la sentono di mettere in dubbio le certezze devozionali di una buona parte dei palermitani riguardo la loro patrona.
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Soprattutto le opinioni di personaggi dello spettacolo difesero la santità di Rosalia de Sinibaldi.
Il regista Franco Scaldati spiegò che
"Santa Rosalia appartiene al nostro respiro, perché ormai è dentro di noi"
Un altro regista - Daniele Ciprì - rivelando di averla pregata inutilmente durante la malattia del figlio, aggiunse che Rosalia
"è comunque un simbolo forte per la città"
Un altro personaggio dello spettacolo, l'attore Pino Caruso, così espresse l'assoluta certezza circa la possibilità dei palermitani di potere sempre contare sui miracoli della Santa:
"Quelle della invenzione di Santa Rosalia sono vecchie dicerie che si rinnovano ogni anno; nessuno potrà mai dimostrare la verità.
Santa Rosalia è ormai nella mente di tutti i palermitani e come tale vivrà in eterno"
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