Alberto Sordi sul set del film "Mafioso", realizzato in Sicilia nel 1961. Le fotografie sono tratte "il Mediterraneo", mensile della Camera di Commercio di Palermo edito nell'ottobre del 1967 |
Le cronache registrarono 22 delitti attribuiti alla mano dei killer delle cosche: il più cruento ed odioso fu sicuramente quello che costò la vita a Tommaso Natale al 13enne Paolino Riccobono, vittima di una faida familiare tra la sua e la famiglia Cracolici.
In questo contesto di regressione criminale, quell'anno il regista Alberto Lattuada girò fra Belmonte Mezzagno, Misilmeri e Bagheria il film "Mafioso".
Mischiando luoghi comuni e vere tare siciliane, la trama affrontò con gusto macchiettistico la vicenda di Antonio Badalamenti, un diligente cronometrista di una fabbrica milanese.
Tornato in Sicilia per le vacanze con moglie e figli, l'uomo si vede costretto a viaggiare in un collo postale sino a New York per uccidere un boss italo-americano.
Prodotta da Dino De Laurentis e con protagonista Alberto Sordi, la storia di questa pellicola venne accompagnata da una serie di episodi che hanno accomunato molti altri film di mafia girati in Sicilia: un'aneddotica spesso fondata su fatti reali astutamente amplificati dalle case di produzione per scopi pubblicitari.
Voce vuole, ad esempio, che il soggetto di "Mafioso" sia stato ispirato a Lattuada dal pittore Bruno Caruso; lo spunto sarebbe stato un incontro fra l'artista ed un vero capomafia, cui Caruso finì col fare il ritratto.
Un reale legame della sceneggiatura con le cronache del tempo è rappresentato invece dal viaggio clandestino di Antonio Badalamenti negli Stati Uniti: alcuni delitti di mafia registrati qualche anno prima oltre Oceano sarebbero stati effettivamente compiuti da "picciotti" siciliani spediti e tornati in casse di legno dalle metropoli americane.
Prima, durante e dopo la produzione del film - che Sordi avrebbe voluto realizzare in Spagna, per timore di ritorsioni - non mancarono indicazioni sull'interesse dei mafiosi verso il lavoro della troupe.
Per rassicurare l'attore romano, sembra che De Laurentis avesse dato incarico a Lattuada di tenere segreta la trama: accadde invece che il copione - lasciato nell'abitacolo dell'auto utilizzata dal regista - venisse rubato quasi agli inizi delle riprese.
Nel 1994, Lattuada ammise alla giornalista Simonetta Robiony che la produzione del film ebbe l'appoggio e l'approvazione di personaggi vicini ai "don" locali:
"Bastarono poche parole fatte circolare ad arte e arrivarono da me quelli che contavano.
Gli spiegai che volevo fare una commedia su un mafioso.
Si divertirono molto, anzi si misero a disposizione.
Mi dissero che se serviva una piazza vuota o affollata, avrebbero fatto quello che potevano"
Durante le riprese di "Mafioso", Alberto Sordi venne omaggiato e festeggiato come il "re di Belmonte Mezzagno".
In un paio di occasioni l'attore sostituì Lattuada nel ruolo di regista, volato temporaneamente dalla Sicilia per prendere parte al Festival Internazionale di Berlino.
La realizzazione del film andò avanti senza alcun intoppo e gli unici problemi furono provocati dalle frequenti assenze dal set dell'attrice brasiliana Norma Bengell.
Nel ruolo della moglie di Antonio Badalamenti, la Bengell sarebbe stata distratta a Palermo dalla presenza di Alain Delon, a sua volta impegnato nelle riprese preparatorie del "Gattopardo" di Visconti.
Il "Mafioso" ottenne buone critiche, vincendo nei Paesi Baschi nel 1963 il Festival del Cinema di San Sebastian.
Alberto Sordi, che proprio in Spagna avrebbe voluto realizzare quel film, al termine dei ciak lasciò la Sicilia rifiutando la cittadinanza onoraria di Belmonte Mezzagno; anni dopo - nel 1973 - si ritrovò ad interpretare un altro personaggio mafioso in "Anastasia mio fratello, ovvero il presunto capo dell'anonima sequestri".
Non sappiamo se lo sgarbo al paese che lo aveva acclamato come re nascesse dalla paura di legare il suo nome ad un luogo in cui la mafia aveva acconsentito alla realizzazione delle riprese.
Chi si rechi a Belmonte Mezzagno, troverà tuttavia una "via Alberto Sordi" a ricordo della presenza dell'attore in quel lontano 1961.
In "La corda pazza" ( Einaudi, 1970 ) Leonardo Sciascia ha così valutato il film di Lattuada:
"La mafia, il suo meccanismo, per dire così, giudiziario-esecutivo hanno ispirato ad Alberto Lattuada il "Mafioso": film che, anche se cinematograficamente valido ( nel senso che lo si vede senza noia: come del resto tutti i film interpretati da Alberto Sordi ), non lo si può considerare un contributo alla conoscenza della realtà siciliana e del triste fenomeno della mafia.
Di fronte a questo film, anzi, noi che ci siamo occupati più volte della mafia, in libri ed articoli, siamo stati presi dal dubbio se il continuare a parlarne non finirà col rendere alla mafia quell'utile stesso che prima le rendeva il silenzio.
Vien fatto di pensare che la rivoluzione dei tecnici profetizzata da James Burnham finirà con lo svolgersi sotto i segni della mafia siciliana.
Mafioso è il dirigente di una grossa industria del nord ( per di più, riconoscibile, un'industria che lavora in collegamento con altra grande industria europea); di mafia partecipano dogane e compagnie aeree; sicario della mafia è un 'cronometrista' di quell'industria del nord.
Per cui lo spettatore è portato a chiedersi non più che cosa è la mafia, ma che cosa la mafia non è"
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