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giovedì 26 agosto 2021

BREVI NOTE SUL CASTELLO DI CASTELBUONO

Foto 
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Ben visibile e severo nella sua compatta costruzione voluta dalla famiglia di origini liguri dei Ventimiglia, il castello di Castelbuono è uno dei più riconoscibili monumenti delle Madonie. Negli otto secoli della sua storia, ha subito trasformazioni, dissesti provocati dai terremoti e periodi di abbandono; guasti cui hanno posto fine, una trentina di anni fa, complessi lavori di restauro.

In precedenza, l'edificio era stato tutelato grazie a quello che, secondo quanto scritto da Alba Drago Beltrandi in "Castelli di Sicilia" ( Silvana Editoriale D'Arte, Milano, 1956 ), può considerarsi uno dei primi esempi in Sicilia di "raccolta civica di fondi" per la salvaguardia di un bene culturale:

"Nel 1920, tutto il patrimonio Ventimiglia espropriato al barone di Favarotta, venne messo all'asta pubblica ed il vetusto castello sacro alla storia del paese aggiudicato a quel comune e restaurato mediante una colletta popolare".

Leggende ed episodi fra realtà e mito non mancano neppure nella storia di questo maniero. Secondo quanto riferito da Antonio Mogavero Fina in "Sicilia" nel dicembre del 1967:

"C'è il ricordo della galleria sotterranea, che partendo dal castello giungeva alla chiesa di San Francesco, circa cinquecento metri distante; fu demolita nel 1875 per livellare via Sant'Anna e sistemare la Rua Fera. Quest'opera è collegata al tipico comportamento dell'albagia feudale, alla tirannia egoistica voluta dai tempi, per cui vuole la tradizione che gli operai che effettuarono i lavori subirono la sorte che non meritavano: onde non svelare i segreti del castello, vennero trucidati con barbarico sadismo..." 

Si racconta, pure, che nel maggio del 1454 vi fosse trasferito dal vicino castello di Geraci il teschio di Sant'Anna; nel 1605, un frate fece sparire sottoterra la reliquia, che sarebbe stata recuperata nove anni dopo e quindi ricollocata all'interno del castello.

Foto di Josip Ciganovic
pubblicata da "Sicilia", volume I,
edito nel 1961 da Sansoni
ed Istituto Geografico De Agostini 


Uno dei beni artistici dell'edificio è la cappella intitolata proprio a Sant'Anna e decorata con statue di stucco a partire dal 1685 da Giuseppe Serpotta. Si rivelò più interessante di quanto immaginasse alla scrittrice e giornalista americana Francine Prose, che in "Odissea siciliana" ( Feltrinelli, 2004 ), la descrisse:

"Più intima, più allegra e, per qualche verso, più ridondante - fittamente adornata di statue - delle opere di Serpotta esposte a Palermo, gli oratori di San Lorenzo e San Domenico..."


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