Case e viadotto ad Agrigento. Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
Le assai incerte vicende che raccontano in questi mesi la storia di Agrigento Capitale della Cultura Italiana per il 2025 suggeriscono qualche considerazione sull'indole della città e dei suoi amministratori, incapaci di valorizzare - per Agrigento e per la sua comunità - un'investitura che in altre città ha invece generato durevoli benefici.
"Quello degli agrigentini verso la loro città - ha scritto a questo proposito nel 2007 l'economista agrigentino Francesco Pillitteri nel saggio "Con la testa all'indietro" ( Gruppo Editoriale Kalos, Palermo ) - è un amore strano: se si ascoltano i singoli cittadini tutti si lamentano che manca l'acqua, che le strade sono sporche, che c'è disoccupazione e miseria, ma mai nessuno è disposto seriamente a scioperare, a scendere decisamente in piazza.
La verità è che in fondo tutti sperano di ottenere sopportando, convinti, come sono, che non si ottiene nulla se non con la tecnica del favore.
Sì! Gli agrigentini mormorano spesso e volentieri, ma non alzerebbero mai un dito per cacciare una mosca, giacché anche la mosca fa temere e sperare... Le carenze urbanistiche e le pochezze architettoniche delle costruzioni ( ... ) permangono e si perpetuano tutte anche nel nuovo, così come immutato è rimasto il carattere dei suoi abitanti, con le loro beghe di paese, con i loro egoismi, con quell'assurda concettuale incapacità di valutare l'importanza del bene pubblico, con la precisa convinzione che chi può deve fare solo per sé e per gli amici..."
Ma, nonostante tutto io amo questa città che ha, da sempre, inconsapevolmente subito le responsabilità dei suoi contorti abitanti, di uomini incapaci di aperte e ferme opposizioni e però abilissimi nel fermare il cammino anche di un elefante..."
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