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venerdì 9 maggio 2008

FLORIOPOLI: DOPO L'OBLIO, L'AGONIA









Tutte le più importanti guide turistiche - dalla famosa 'rossa' italiana del Touring Club, alla internazionale 'Lonely Planet', edita in Australia - citano le tribune di 'Floriopoli' come il ricordo materiale della 'corsa automobilistica più antica del mondo'; talchè, è da immaginare l'aspettativa del turista che abbia la ventura di recarsi a Cerda per conoscere lo storico tracciato della Targa Florio: la gara che ha regalato alla Sicilia, dal 1906 al 1973, decenni di notorietà internazionale.
Già nel 2006, REPORTAGESICILIA documentò nella rubrica di RAI3 'Mediterraneo' lo stato di abbandono di Floriopoli ( filmato visibile su 'YouTube' ); a distanza di due anni, una nuova visita ripropone il totale abbandono delle strutture create da Vincenzo Florio.
Gli edifici più antichi - la 'torre-tribuna' riservata alla direzione gara, ai cronometristi e ai giornalisti - è ormai prossima al crollo, mal nascosta da un telo pubblicitario allestito negli anni passati dall'Alfa Romeo ( da allora oggetto di una grottesca contesa amministrativa, sorta sulla titolarità del pagamento dei balzelli pubblicitari ).
Il tempo e l'incuria non hanno ancora cancellato una scritta che indica l'accesso alla sala stampa, in elegante caratteri 'liberty'; e una volta entrati all'interno del locale - iniziativa a forte rischio personale, viste le profonde crepe delle strutture - lo si scopre ormai come un semplice rifugio di piccioni e deposito di materiale edilizio di risulta.
Pericolante è anche il doppio ponte pedonale in ferro che collega la 'torre-tribuna' alla zona a monte di Floriopoli, qualche metro al di sopra dell'asfalto un tempo segnato dalla linea del traguardo.
Meno degradata - e tuttavia anch'essa lasciata in stato di completo abbandono - è l'area dei box; qui, i locali hanno già perso il momentaneo lustro acquistato in anni recenti grazie ad una nota casa automobilistica tedesca, che li ristrutturò in occasione della presentazione stampa dei suoi nuovi modelli di autovetture.
Le speranze di salvare Floriopoli, al momento, sembrano un'amara illusione.
L'Automobile Club di Palermo - proprietario degli immobili - da anni, vive un'oscura stagione di agonia gestionale; e a far disperare coloro i quali hanno a cuore le sorti di Floriopoli - patrimonio e memoria della migliore 'sicilianità' - vi sono recenti eventi che vedono l'area al centro di un'asta giudiziaria.
Un silenzioso busto bronzeo di Vincenzo Florio, così, è rimasto l'unico, vero custode dello sfascio che oggi rende omaggio al ricordo 'della corsa più antica del mondo'; e pochi siciliani si indignano per l'ennesimo esempio di noncuranza e ignoranza che guida le azioni degli amministratori e della irredimibile politica isolana, capaci di concedere finanziamenti e patrocinii a manifestazioni rievocative e 'centenari' che offendono solo la virtù della buona coscienza.
A questi politici, REPORTAGESICILIA dedica queste righe dello storico Santi Correnti, in 'Storia della Sicilia come storia del popolo siciliano', Longanesi & C., 1972:
"Con Ignazio Florio junior, che fu una delle figure più note dell'alta società internazionale del suo tempo, Palermo diventò veramente 'Floriopoli', non soltanto perchè nel 1892 egli creò i cantieri navali di Palermo, dotandoli dei più aggiornati ritrovati tecnici, quali i trapani radiali, i motori idraulici e le presse da 250 tonnellate; ma anche perchè creò il turismo isolano, con la 'Targa automobilistica' che porta il suo nome dal 1906 e con le manifestazioni della 'Primavera siciliana', del 'Corso dei fiori', del giro ciclistico e del giro aereo della Sicilia, cui si affiancarono quella della società ippica, dell'Automobil Club e del teatro Massimo di Palermo, del quale i Florio tennero una memorabile gestione... L'opera dei Florio rimane ancor oggi esemplare, perchè essi dimostrarono che cosa significhi coraggio imprenditoriale e saggezza amministrativa, anche in una terra che non aveva mai creato una fortuna economica così colossale".
( Foto REPORTAGESICILIA e di Carmelo Oliva )

lunedì 5 maggio 2008

SICILIA DI OGGI


Palermo, piazzetta della Pietà
( foto REPORTAGESICILIA )

SICILIA DI IERI

Palermo, 1958, avviso di incontro di calcio fra trafficanti di carne rubata e contrabbandieri di sigarette
( foto dal settimanale 'IL TEMPO' del 14 ottobre 1958 )

venerdì 2 maggio 2008

LA BREVE EPOPEA DEL COTONE

Piantagione di cotone nelle campagne siciliane

L'area palermitana dell'ex 'Cotonificio Siciliano', a Partanna-Mondello

Relitti di macchinari all'interno dell'Ente Sviluppo Agricolo, a Partanna-Mondello

La piana di Gela, l'ex Eldorado del cotone in Sicilia

Soltanto i più anziani abitanti della borgata palermitana di Partanna-Mondello ne conservano oggi ancora la memoria: "lo stabilimento del cotone? Si trovava dove c'è la grande concessionaria di automobili Wolkswagen. La troverà più avanti, della vecchia fabbrica però non c'è più nulla...".
Così inizia e termina la ricerca di REPORTAGESICILIA del 'Cotonificio Siciliano', la struttura industriale costruita fra il 1951 ed il 1952 in quella che all'epoca era piena campagna palermitana. Il Cotonificio - progettato dall'architetto Pietro Ajroldi con una pianta costituita da una serie di volte, aperte alla luce naturale - è uno dei tanti esempi abortiti di sviluppo produttivo della Sicilia. Lo stabilimento rimase in funzione solo una ventina d'anni, dando lavoro - nel periodo di massimo fulgore - a oltre 300 operai, in prevalenza donne.
Il destino dell'area industriale, del resto, non nacque sotto i migliori auspici.
Gli impianti furono infatti edificati sui resti di una necropoli dell'età del rame: alle polemiche delle voci più colte della cultura cittadina si affiancarono i presagi di 'cattiva sorte' degli abitanti di Partanna-Mondello.
La coltura del cotone, allora, era in forte sviluppo in molte aree della Sicilia: nel 1957, la si praticava su una superfice totale di quasi 35.000 ettari, di cui 14.500 nell'agrigentino ed il resto quasi completamente nella piana di Gela.
Proprio la cittadina nissena, durante la guerra di secessione americana, ospitò le prime piantagioni dell'isola; nel 1864 le distese di cotone superavano i 12.000 ettari, e non pochi produttori gelesi esportavano il prodotto sino a Malta.
Dopo una prima crisi produttiva tra le due guerre mondiali, la breve epopea del cotone siciliano - complice la diffusione delle fibre sintetiche - si avviò verso il tramonto agli inizi degli anni Sessanta; alla vigilia del decennio successivo - nel 1969 - gli ettari destinati a coltivazione si erano ridotti a 6.800, con una produzione di 18.500 quintali di fibra e 27.000 quintali di semi, per altro di cattiva qualità.
Fu in quel periodo che il 'Cotonificio Siciliano' chiuse i battenti, relegando questa lavorazione industriale negli archivi della storia manifatturiera dell'isola.
Oggi, l'unica testimonianza dell'epopea del cotone siciliano è affidata ai relitti di alcune attrezzature di lavoro, tristemente abbandonate - ironia della sorte - proprio all'interno di un'area dell'Ente Sviluppo Agricolo, adiacente al luogo dell'ex Cotonificio.
( le foto a colori sono di REPORTAGESICILIA, quelle in bianco e nero sono tratte dal volume 'Sicilia', UTET, 1974, a cura di A.Pecora )

giovedì 1 maggio 2008

SICILIA DI OGGI


Aspra (PA), borgo dei pescatori

( foto REPORTAGESICILIA)

SICILIA DI IERI


Polizzi Generosa, Madonie (PA), Targa Florio, maggio 1970
Ninni Vaccarella su Ferrari 512
( foto da 'QUATTRORUOTE' giugno 1970 )

1967, QUEI LUOGHI DEL VERGA

La piazzetta de 'I Malavoglia' , ad Acitrezza (CT)

Vizzini (CT) , la casa di 'compare Alfio'

Vizzini, il palazzo della famiglia Verga

Panoramica della cittadina verghiana
"Ma in un'epoca come la nostra, frettolosa di allinearsi in ogni campo con le piccole e grandi conquiste del progresso tecnico, non abbiamo certo da rinfacciare a nessuno il rispetto delle cose antiche, la discrezione con la quale ci pare di veder protetto in vari paesi e borghi dell'isola - e particolarmente nella provincia del Verga - il carattere tradizionale, l'incantevole semplicità e grazia di certi luoghi rustici che l'autore di 'Vita dei campi' fece suoi, e che difendono contro il tempo il patrimonio della sua arte".
Con queste accorate parole, Giovanni Centorbi arricchì un reportage pubblicato nel giugno 1967 dalla rivista 'Le vie d'Italia' del TCI e dedicato ai luoghi che hanno fatto da scenario all'opera letteraria di Giovanni Verga: volti di contadini e pescatori, paesaggi di campagne, di paesi barocchi e del mare ionico della Sicilia orientale, colti dall'obiettivo del fotografo palermitano Nicola Scafidi.
I 'luoghi del Verga' di allora appaiono ancora carichi di quella sicilianità rurale oggi sempre meno identificabile; quasi un mutar pelle che Centorbi colse dinanzi agli scogli di Acitrezza, scenario assoluto dell'opera verghiana.
"La fortuna turistica di Acitrezza - denuncia quel reportage, non immaginando lo stravolgimento di quei luoghi, oggi - si è presa un pò troppo generosamente la sua parte, a spese del paesaggio antico, sicchè nel retroterra non pochi olivi, fichidindia e casette di contadini hanno dovuto lasciare il posto all'edilizia nuova, e perfino un 'night club' si è insinuato nel quartiere residenziale, lungo la strada litoranea per Messina"