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giovedì 19 settembre 2013

CONTASTORIE DI CATANIA



Un recente post di ReportageSicilia http://reportagesicilia.blogspot.it/2013/06/i-contastorie-gli-ultimi-rapsodi.html ha riproposto le fotografie di due vecchi contastorie palermitani.
L'arte del "cuntu" ha però trovato applicazione fino a qualche decennio fa anche a Catania, soprattutto a villa Pacini ed a villa Bellini; le due immagini ora riproposte in questo post mostrano due contastorie della città etnea.
Come ha scritto Ettore Li Gotti nel saggio "Il teatro dei pupi" ( edito da Sansoni nel 1957, e poi da S.F. Flaccovio nel 1978 ) i contastorie catanesi, a differenza da quelli palermitani, hanno preferito il "cuntu" letto o in versi a quello recitato a memoria o in prosa.
Prima di essere definitivamente cancellati dalla diffusione dei televisori e dei cinema, gli ultimi contastorie siciliani hanno cercato il loro repertorio di storie dai fatti di cronaca, soprattutto di natura passionale: vicende giornalistiche colorite con la voce e le note di una vecchia chitarra, strumenti oggi scomparsi dalle piazze e dalle ville dell'isola.


Le due fotografie riproposte ora in questo post sono attribuite a Publifoto ( "Il folklore, tradizioni, vita e arti popolari", collana del TCI "Conosci l'Italia", 1967 ) ed a Folco Quilici ( "Italia dal cielo", De Donato, 1980 ). 

sabato 7 settembre 2013

IL PASSAGGIO SULLO STRETTO


Per alcuni siciliani, l'attraversamento dello stretto di Messina non è soltanto il prologo o l'epilogo di un lungo viaggio autostradale.
La breve crociera a bordo del traghetto è la più naturale delle occasioni per riflettere sulla loro condizione di insularità, ciascuno con il proprio bagaglio personale e segreto di stati d'animo.
Così, mentre la costa dell'isola si allontana o si avvicina alla vista, questi siciliani si ritrovano per istinto a fare un bilancio di ciò che la loro terra gli ha dato e tolto, e su ciò che il motivo di quel viaggio può regalare o sottrarre alle loro vite: lavoro, affetti, nuove prospettive o sacrifici per la propria esistenza.
In fin dei conti, la logora questione della costruzione del ponte - la più inutile delle discussioni, vista l'improbabilità di una concreta esecuzione dei progetti - non tiene conto di quella valutazione sul valore della traversata in mare, con lo sguardo verso le due coste e la mente immersa nei propri pensieri.
La fotografia dello stretto è di ReportageSicilia.

PASTORI E CONTADINI, GLI SCATTI DI ZANNIER

Pastori, capre e cani nelle campagne
occidentali dell'Etna.
Le tre fotografie di questo post
sono opera di Italo Zannier
e risalgono ad una quarantina di anni fa

Le fotografie di pastori e contadini riproposte in questo post da ReportageSicilia sono firmate da Italo Zannier e vennero pubblicate nell'opera "Monti d'Italia, Sicilia e Sardegna", edita da ENI nel 1975.
Le immagini corredarono un reportage sulla vita quotidiana negli ambienti rurali delle due isole, basato sulla riproposizione delle storie personali raccontate dagli stessi pastori e contadini: una forma di documentazione resa popolare dall'antropologo americano Oscar Lewis - con le sue storie di vita raccolte nelle campagne messicane - e già sperimentata pochi anni prima in Sicilia dal sociologo Danilo Dolci.


L'incontro fra due contadini
in una strada rurale di Canicattì

Nel volume edito dall'ENI, le storie furono tratte dai nastri registrati dal ricercatore del Folkstudio di Palermo Mario Giacomazzi fra gli allevatori, i mezzadri e gli agricoltori della borgata di Calcarelli: ciascuno di loro venne citato con nome, cognome ed età.


Contadino al lavoro
nelle campagne dei Nebrodi

"Sono racconti di persone alle quali storicamente - si legge nell'introduzione del saggio - è stata negata sempre una identità, come è stato negato un nome ai grandi attori popolari che recitano durante i carnevali, ai grandi autori di musiche e di poesie, ai maestri artigiani del legno e del corno, alle straordinarie sarte dei costumi sardi, agli eccezionali raccontatori di fiabe...".  

venerdì 6 settembre 2013

SICILIANDO














"Abituata ormai a Roma da parecchi anni, e preda sempre di una tendenza a scegliere piuttosto il lato oscuro delle cose, mai però così forte come in quest'ultimo viaggio in Sicilia avevo sentito il contrasto violentissimo tra la solarità umana e geografica dell'isola e il suo contraltare cupo e direi arcano; una specie di fatalità, che pesa sugli uomini quanto sulle cose, costringendoli a mostrare insieme il meglio e il peggio della loro natura".
Edith de Hody Dzieduszycka, 
"La Sicilia negli occhi", Editori Riuniti, 2004  

giovedì 5 settembre 2013

DAL BAGUTTA A PALERMO: I PALADINI DI VELLANI MARCHI

Angelica e Orlando,
personaggi del teatro siciliano dei pupi.
I disegni riproposti in questo post
da ReportageSicilia sono
dell'artista modenese
Mario Vellani Marchi e sono tratti
dall'opera "Colori di Sicilia",
edita nel 1953 da ERI.
Il volume contiene un saggio
dello scrittore e giornalista
Orio Vergani, anche lui - come Vellani Marchi -
legato al gruppo milanese
fondatore del premio Bagutta

Chissà per quale fortunosa circostanza due personaggi di primo piano del mondo intellettuale milanese firmarono sessanta anni fa un'opera dedicata al teatro dei paladini ed ai carretti siciliani.
Il caso riguarda il giornalista e scrittore milanese Orio Vergani ed il pittore e disegnatore Mario Vellani Marchi, modenese di nascita e anche lui milanese per adozione artistica.



Nel settembre del 1953, Vergani e Vellani Marchi diedero alle stampe il volume intitolato "Colori di Sicilia", edito da Edizioni Radio Italiana in 800 copie numerate e fuori commercio ( 400 delle quali con una traduzione in francese ).



Per i collezionisti occorre aggiungere che il saggio - accompagnato da un elegante biglietto da visita con l'intestazione "con i complimenti della Radio Italiana" e timbro a secco della città di Palermo - riporta questa indicazione: "Questo libro è offerto dalla Radio Italiana ai delegati degli organismi di radiodiffusione aderenti al Premio Italia", che quell'anno - alla sua quinta edizione - si svolse proprio nel capoluogo dell'isola.



Notazioni storiche a parte sulla genesi del libro, Orio Vergani e Mario Vellani Marchi erano all'epoca due notissimi animatori del premio Bagutta: un cenacolo di amici intellettuali - pittori, scrittori, poeti giornalisti e personaggi dello spettacolo -   riuniti dalla comune frequentazione della famosa trattoria milanese Bagutta.



Già nel 1933 - a testimonianza del vecchio legame fra i due - Orio Vergani aveva scritto il testo di un catalogo di Vellani Marchi ( "Trenta disegni di M.Vellani Marchi" ).
Poi entrambi avevano collaborato per "L'Illustrazione Italiana" e "La Lettura": il pittore modenese - che vantava anche doti di incisore, litografo ed illustratore - corredava con i suoi disegni gli articoli dello scrittore. 
La coppia di amici del Bagutta si ritrovò così a lavorare fianco a fianco a Palermo per la pubblicazione di "Colori di Sicilia".
Il balzo da Milano all'isola, da una città allora al centro dei fermenti culturali del dopoguerra ad una terra ancorata all'eredità di Verga e Pirandello - e dove i cenacoli artistico-letterari erano assenti - non diede luogo ad incertezze nella redazione ed illustrazione del libro.


Orio Vergani curò una introduzione sulla storia del teatro dei paladini e del carretto in Sicilia; Mario Vellani Marchi realizzò invece i sette disegni del teatro dei pupi riproposti in questo post da ReportageSicilia ( una serie di fotografie di carretti portano invece la firma di Claudio Emmer, anche lui milanese e cugino del più famoso regista Luciano Emmer ).
I bozzetti di Vellani Marchi furono eseguiti prendendo a modello il teatro ed i paladini del "puparo" palermitano Giuseppe Argento, che dal 1948 aveva una sede fissa in città in Corso Scinà 107.
In questi disegni, l'artista modenese - all'epoca conosciuto con l'appellativo di "fotografo col lapis" - sfrutta la sua esperienza da disegnatore di bozzetti scenici e figurini maturata alla Scala di Milano: i suoi paladini siciliani mostrano un tratto sicuro, a tratti nervoso, quasi che nel disegno non finissero di esprimere quella carica di vitalità trasmessa dal puparo sulla scena.





Nel suo testo, Orio Vergani descriveva così il carattere degli isolani:
"Non sembra che nell'animo del popolo siciliano siano indicati chiaramente i confini fra il sentimento della religione e il sentimento della cavalleria. 
Santi e cavalieri di Carlomagno apparterranno egualmente a quel tipo eroico che il popolo prediligerà e dal quale trarrà la legge morale che è alla base della sua vita stessa: la legge dell'onore.
Amicizia e tradimento: fedeltà alla parola data e fellonia, sono i due poli ai quali passa la dura legge morale del popolo siciliano.
Gesù e Giuda, Orlando e Gano di Magonza sembreranno i personaggi paralleli di una medesima avventura..."
"Colori di Sicilia" - frutto del lavoro documentario di due protagonisti della scena intellettuale del Bagutta - dimostra infine la capacità di affrontare temi ed argomenti assai lontani dalla loro realtà milanese; una sensibilità storicamente estranea a gran parte degli scrittori e degli artisti siciliani, prigionieri degli steccati rappresentati dai quasi esclusivi temi d'ispirazione loro suggeriti dall'isola.

   

mercoledì 4 settembre 2013

POLIPARI, POLPI E MONETE


La fotografia di Enzo Sellerio ritrae due "polipari" all'opera nel mercato palermitano della Vucciria.
Sul bancone di marmo sono apparecchiati alcuni piatti dove il polpo bollito viene servito a pezzi con l'immancabile condimento di uno spicchio di limone.
Altri piatti vengono utilizzati per raccogliere le monete utilizzate dagli avventori per pagare la loro porzione di polpo: nelle intenzioni dei due "polipari", l'esibizione delle monete serve forse per suggerire ai passanti l'economicità di quel veloce spuntino marinaro.
Lo scatto riproposto da ReportageSicilia è tratto dal volume "Libro di Palermo", edito da S.F.Flaccovio nel 1977, e illustra un aspetto tipico della gastronomia palermitana di strada ancora oggi non del tutto scomparso dai mercati popolari della città.  

martedì 3 settembre 2013

IL FAR WEST SICILIANO DI PIETRO GERMI


Una fotografia di scena del film
"In nome della legge", girato a Sciacca nel 1949
e diretto dal regista genovese Pietro Germi.
ReportageSicilia ripropone nel post
alcuni scatti realizzati durante i set
ed in origine pubblicate nell'opera
"Mediterranea, Almanacco di Sicilia 1949",
edito Industrie Riunite Editoriali Siciliane

Le immagini riproposte in questo post furono scattate nel 1949 a Sciacca sul set del film "In nome della legge", diretto dal regista genovese Pietro Germi; ReportageSicilia le ha rintracciate nel volume "Mediterranea, Almanacco di Sicilia 1949, Industrie Riunite Editoriali Siciliane".
Tratto dal romanzo "Piccola pretura", scritto un anno prima dal magistrato palermitano Giuseppe Guido Loschiavo, il film ebbe come protagonisti gli attori Massimo Girotti - reduce dal successo di "Ossessioni" e qui interprete del pretore Schiavi - Charles Vanel e Camillo Mastrocinque.

Pietro Germi dietro la cinepresa.
"In nome della legge", tratto dal romanzo
"Piccola pretura" del magistrato palermitano
Giuseppe Guido Lo Schiavo,
fu il primo dei numerosi film realizzati nell'isola
dal regista ligure

La vicenda si impernia sulla figura di un giovane pretore inviato in servizio nel piccolo centro di Capodarso dominato dagli interessi del mafioso Passalacqua e dei notabili della zona, in un assoluto clima di omertà.

Si gira il passaggio di un treno
nelle campagne agrigentine.
La storia del pretore Schiavi e del suo incontro
con la società di un paese
fortemente segnato dalla cultura mafiosa
venne critica da alcuni
parlamentari isolani del tempo

Germi completò la sceneggiatura di "In nome della legge" nell'agosto del 1948, avvalendosi della collaborazione di Federico Fellini; quindi partì per la Sicilia alla ricerca dei luoghi dove ambientare il film, scegliendo infine la cittadina agrigentina.

Scena d'ambiente a Sciacca

Secondo quanto scritto dal giornalista palermitano Franz Maria D'Asaro, il regista - che alle spalle aveva soltanto due lungometraggi, "Il testimone" e "Gioventù perduta" - era sbarcato nell'isola senza grandi entusiasmi, "senza una spinta, senza una emozione, diciamo pure in malafede".

Altra foto di scena, nel paesaggio siciliano
a suo tempo descritto da Germi
come "miracolosamente sopravvissuto,
dove in tutto c'è il senso della tragedia"

Dopo la lavorazione del film, i paesaggi e l'ambiente dell'isola avrebbero però modificato quell'atteggiamento ostile, almeno da un punto di vista del loro utilizzo cinematografico.
"Sembra ancora di sentirlo - si legge nel saggio di D'Asaro intitolato "C'era una volta la Sicilia", edito da Thule nel 1979 - stupito con se stesso nello scoprirsi così pieno di emozioni, così fragile, così bisognoso - lui taciturno genovese - di abbandonarsi alla voluttà di confidare il suo amore per una Sicilia che non aveva immaginato tanto ammaliatrice.

Massimo Girotti - sopra e sotto -
protagonista del film
nella parte del pretore Schiavi.
L'attore marchigiano era reduce
dal successo nel film "Ossessioni"

Sono parole sue: 'Ora tutto è diverso. Quel paesaggio! Quell'arsura! Quelle facce! Quelle piazze pavimentate di roccia sconvolta, quelle chiese enormi, cadenti e sontuose, quegli sterminati paesoni di tuguri bianchissimi, scaglionati a distanza nell'enorme solitudine bruciata dal latifondo, e i palazzi baronali, l'ombra cupa degli interni, con i tendaggi e le imposte serrate, e con le carovane dei contadini, con i berretti calati sulle fessure degli occhi, che tornano verso i paesi al tramonto, con il fucile di traverso sulla sella!


Ora, tutti gli elementi del racconto hanno acquistato dimensioni e realtà: la mafia, il barone, i banditi, i poveri, i giardini, le serenate, le schioppettate, l'amicizia, la gentilezza, la crudeltà. Il senso del segreto, della prepotenza, dell'orgoglio.
Un paese di frontiera al confine di tre mondi: la Grecia, l'Africa, l'Europa.
Uno scenario miracolosamente sopravvissuto, dove in tutto c'è il senso della tragedia, del mistero, dell'avventura. e il valore evocativo dei nomi, arabi e spagnoli, dei paesi siciliani: Agira, Lercara Friddi, Agrigento, Misilmeri, Favara...
Ora, pensando al film, c'è un'emozione che mi sollecita qualcosa che mi canta dentro".
Negli anni successivi, l'isola avrebbe ospitato altre cinque volte il regista ligure, circostanza che avrebbe dato un'impronta determinante alla sua produzione cinematografica.
Il rapporto di Germi con la Sicilia avrebbe segnato anche le vicende personali, complice il sofferto rapporto con un'attrice catanese oggi ricordata come una sfortunata meteora del cinema italiano: Daniela Rocca, nota per la sua straordinaria interpretazione della moglie di Fefè ( Marcello Mastroianni ) in "Divorzio all'italiana", diretto dallo stesso Germi. 

Charles Vanel, l'attore francese
che interpretò il ruolo
del mafioso Passalacqua

"In nome della legge" venne accolto subito positivamente dalla critica.
Su "L'Unità", ad esempio, il giornalista Gianni Puccini scrisse all'epoca che il film "è un ritratto fedele, documentato e drammatico della Sicilia: la Sicilia dell'interno, che si raggiunge a fatica per mezzo di una ferrovia stentata e antiquata, e di una sgangherata corriera che traballa su strade polverose e scabre, in mezzo ad un paesaggio disperato, bombardato dal sole pieno; e dove una società contorta e primitiva languisce in un medioevo sanguinoso e immobile". 
Simili giudizi e la stessa produzione del film mobilitarono invece l'indignazione di una buona parte della politica siciliana, miope se non connivente con la mafia: i deputati democristiani Giovan Battista Adonnino - avvocato licatese -  e Filadelfio Caroniti - messinese di San Fratello - presentarono addirittura una interrogazione parlamentare nella quale "Il nome della legge" veniva giudicato "immondo, bugiardo e calunnioso".
I due politici, dando prova di una retorica anacronistica ed ipocrita, affermarono che il film "getta discredito sulle autorità statali e sulla civiltà millenaria della Sicilia".
Pietro Germi respinse queste accuse, spiegando di avere cercato di mettere in luce "alcune caratteristiche della struttura sociale siciliana: il feudalesimo dominante, la miseria dei lavoratori, la mafia al servizio dei baroni".


Nel 1963, nel saggio intitolato "La Sicilia nel cinema", Leonardo Sciascia avrebbe così giudicato "In nome della legge", partendo dal romanzo ispiratore ed aggiungendo una notazione di natura ideologica riguardante l'intera opera di Germi:
" Il Loschiavo, magistrato, partecipa di un'opinione sulla mafia piuttosto diffusa nella classe colta siciliana, la mafia come forza ex lege ma con profonda aspirazione alla legge, alla giustizia, e dunque disponibile per una trasmutazione in forza d'ordine; Germi, trovandosi di fronte ad un'interpretazione della mafia come quella del Loschiavo o, più esattamente, a una materia narrativa improntata a un sostanziale ottimismo e nei riguardi dell'uomo in generale e della mafia in particolare, veniva a scoprire che il West il cinema italiano lo aveva in casa, a portata di mano; che la mafia, tutto sommato, e la Sicilia del feudo, potevano essere assunte nei moduli del western: con personaggi un pò fuori della legge ma pronti a rientrarvi, il buon pretore al posto del buon sceriffo, la plaga del feudo in luogo delle selvagge solitudini dell'ovest..."
"...Germi, socialdemocratico in politica, è nell'arte incline ad un ottimismo in cui individuali rivoluzioni sentimentali vengono a surrogare e ad elidere istanze rivoluzionarie collettive.
Come Frank Capra rispetto al new deal, egli ha fede nella nuova democrazia italiana, nei governi con l'onorevole Saragat alla vicepresidenza: che, è vero, non tirano fuori niente di simile al new deal, ma comunque consentono compromissioni tra la bontà e la legge, tra i bisogni e la speranza...".
"... La scoperta della Sicilia da parte di Germi equivale alla scoperta di una frontiera nella storia nazionale, una specie di frontiera americana nella storia d'Italia: e diciamo nel senso che la nozione di frontiera ha assunto passando in America dalla storia, e dalla teoria storica, al cinema: un mondo, cioè, di sentimenti primordiali che esprime e costituisce da sé la legge e che a suo modo, nella speranza, cammina verso la Costituzione.
Nobilissimo intendimento, e non del tutto astratto: solo che i problemi della Sicilia nella storia d'Italia hanno diversa articolazione...".

Una locandina del film.
L'immagine è tratta da 
siciliafilm.wordpress.com