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domenica 1 giugno 2014

UNA FALSA ARCADIA NELLA VALLE DEI TEMPLI

Pastori, contadini ed altre figure popolari nelle fotografie dei reportage dedicati nel secondo dopo guerra all'area archeologica di Agrigento

Una donna cammina nell'area archeologica
della valle dei templi portando con sé un "bummulu".
La fotografia è tratta dall'opera
"Le coste del Mediterraneo" di Alfredo Panicucci,
edita nel 1976 da Arnoldo Mondadori Editore 

I reportage fotografici realizzati nel secondo dopo guerra nella valle dei templi di Agrigento hanno spesso incluso nelle immagini dei grandiosi resti archeologici le figure di contadini, pastori ed altri personaggi che riconducono all'ambiente pastorale del tempo.
La circostanza è testimoniata dai quattro scatti riproposti da ReportageSicilia, tratti da opere pubblicate fra il 1959 ed il 1976
Le prime tre fotografie del post sono attribuite a "Pedone" e fecero la loro comparsa in "Le coste del Mediterraneo" di Alfredo Panicucci ( Arnoldo Mondadori Editore, 1976 ) e "Sicilia", Sansoni ed Istituto Geografico De Agostini, volume II, 1962; la quarta si deve invece a Leonard Von Matt ed è tratta da "La Sicilia antica", di Luigi Pareti e Pietro Griffo ( Stringa Editore Genova, 1959 ).

Sopra e sotto,
ancora due fotografie di Pedone
ambientate nell'area archeologica agrigentina.
Le immagini sono tratte dal II volume dell'opera
"Sicilia", edita nel 1962 da Sansoni
 e dall'Istituto Geografico De Agostini

La tentazione di legare la rappresentazione dell'antica Akragas a quella di una perdurante Arcadia ha forse compiaciuto il gusto estetizzante di quei fotografi.
La didascalia riferita allo scatto di Von Matt ad esempio recita: "Contadino al lavoro nella campagna di Agrigento cosparsa di antiche memorie"
In realtà, l'Agrigento di quei decenni riservava spesso alle classi sociali popolari una realtà quotidiana affatto arcadica, segnata da povertà e stenti, quasi a riproporre le miserie di certi quartieri di Palma di Montechiaro o Licata.


La situazione venne ben documentata dallo scrittore svizzero Daniel Simond, che nel 1956 - dopo avere ricordato l'elogio agrigentino di Pindaro, "la più bella delle città abitate dai mortali" -  così scriveva nell'opera "Sicilia", edita da Salvatore Sciascia:
"Passata la via Atenea, nel quartiere popolare, che attraversa via Garibaldi, ho potuto purtroppo constatare il basso livello della vita di queste persone che per via appaiono noncuranti e felici.
Mi è stato mostrato un mucchio di catapecchie, su una terrazza di terra battuta dove fra polli e gatti giocano una quindicina di bambini.
Vedo ancora il pianterreno di una di queste: una stanza profonda e scura, una specie di autorimessa, abitata da una famiglia di sei persone. Come palco, qualche lastra di pietra rozza. 
Niente acqua, niente luce, niente gas, nemmeno il camino. 
La madre cucina in una specie di braciere le cui emanazioni invadono la camera prima di uscire dalla porta o dall'unica soprastante finestra.

Aratura nei pressi delle rovine
dell'antica colonia di Akragas.
Lo scatto è di Leonard Von Matt
e venne pubblicato nel volume
"La Sicilia antica" di Luigi Pareti e Pietro Griffo,
edito nel 1959 da Stringa Editore Genova

L'illuminazione è data da una lampada a petrolio. L'acqua viene attinta dalla fontana. Non si parla affatto di riscaldamento. Ogni sera si ricoverano i polli nella stanza per sottrarli ai ladri. In fondo ad essa si intravedono alcuni miseri giacigli dove bambini e genitori sono costretti a dormire in una promiscuità inimmaginabile. 
L'arredamento è costituito da un cassettone logoro, un tavolino, qualche seggiola e degli sgabelli. 
La biancheria viene riposta nelle valigie, gli abiti appesi alle corde del bucato...".
Oggi Agrigento ha per fortuna dimenticato l'oscura miseria di quegli anni. 
La città tuttavia non è riuscita a fare della sua monumentale valle archeologica un vero traino del proprio sviluppo economico.
Di recente, anzi, i resti dei templi hanno fatto parlare di sè per la notizia delle esercitazioni militari compiute ad una decina di chilometri di distanza: chissà cosa ne avrebbero pensato gli abitanti di Akragas, che nel 406 a.C. pagarono dazio alle manovre armate subendo il saccheggio della propria valle dai Cartaginesi. 

      

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