Misurazione del grano con il "tùmminu" nelle Madonie. La fotografia è tratta dall'opera "Le forme del lavoro, mestieri tradizionali in Sicilia", opera citata |
"La cultura popolare siciliana - ha scritto Antonino Buttitta nell'opera "Le forme del lavoro, mestieri tradizionali in Sicilia" ( un catalogo realizzato in occasione di una mostra organizzata a Palermo dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, dal 5 al 20 marzo del 1986 ) - si presentava come una cultura profondamente vissuta e largamente partecipata.
I cicli stagionali avevano in essa la loro scansione e nel suo sistema di regola le attività lavorative dell'anno trovavano la propria misura.
Essa accompagnava gli individui dalla culla alla bara e mediante i suoi codici ne orientava i comportamenti in ogni fase dell'esistere.
Non costituiva certo un'alternativa né un surrogato ad una condizione economica insidiata dalla precarietà, spesso ai limiti della sopravvivenza.
Contro tale condizione però essa offriva sistemi di difesa, apparati simbolici per il suo superamento.
Partecipi di questa cultura, ciascuno con un'identità riconoscibile, non erano solo braccianti e piccoli proprietari, ma anche pastori, artigiani, minatori: gli agrumicoltori del palermitano, i vignaioli del trapanese, i portuali di Messina, i porcari delle Madonie, i carbonai dei Nebrodi, i salinari di Trapani, i bovari del ragusano, i pescatori di Sciacca e Mazara, i figuli di Caltagirone, gli zolfatari di Lercara: tutti coloro, insomma, che partecipavano attivamente ai processi di produzione.
Persino i grandi gabelloti e in genere il 'borghesato' rurale, pur rappresentando l'ingresso nell'aristocrazia la loro massima aspirazione e pur sforzandosi per ciò di ripeterne i comportamenti culturali, di fatto fruivano attivamente della cultura contadina.
In questi ultimi decenni è profondamente mutato il paesaggio agrario dell'Isola.
Si sono estese, solo per fare qualche esempio, le aree agrumicole e le superfici vitate, mentre si sono ridotte le produzioni cerealicole o sono del tutto scomparse o in via di estinzione alcune culture specializzate come la canna da zucchero, il frassineto, il pistacchio.
Sono anche cambiate l'organizzazione e le tecniche di lavoro agricolo.
Una decisiva innovazione sia per l'incentivo offerto a nuove culture sia per le modificazioni apportate alle vecchie, è stata introdotta dalla meccanizzazione e dai nuovi sistemi di raccolta e distribuzione delle acque irrigue.
Tutto ciò ha provocato conseguenze notevoli sulla cultura contadina tradizionale.
Secolari sistemi di organizzazione e di disegno dello spazio agrario, millenari strumenti di lavoro, quali l'aratro a chiodo, i linguaggi e quanto direttamente connesso o indirettamente alla rappresentazione metaforica del mondo che sempre ne consegue, sono ormai fatti quasi ai confini della memoria..."
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