Portale di un edificio
tra le macerie di
Santa Margherita del Belice.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia
"Il silenzio di Santa Margherita Belice - scrisse Anselmo Calaciura sul "Giornale di Sicilia" dopo averne osservato la devastazione provocata dal terremoto nel Belice, la notte del 15 gennaio del 1968 - è il più tragico, il più agghiacciante. Non ci sono lamenti, né ansimare di ruspe, soltanto il fischio del vento e il rumori dei passi del sindaco e dei suoi pochi abitanti, la loro voce adirata contro i soccorritori che non arrivano. Un mare di tufo, di ciottoli, di gesso rivoltato dalla terribile scossa delle 3.08. Da quel momento la tragedia da allucinante si è fatta assurda. Quando arrivo a Santa Margherita Belice sono trascorse più di dodici ore dalla catastrofe, ma nessuno s'è fatto ancora vivo. La città è distrutta per il 90 per cento, ma la catastrofe non pare abbia tali proporzioni, perché di Santa Margherita è rimasta la facciata. I prospetti di molte case; ma dietro non c'era più nulla, solo un ammasso di pietre sbriciolate tra le quali si deve frugare al più presto..."
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