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sabato 30 novembre 2024

LA STORIA SICILIANA RACCONTATA DALLE ANFORE DA TRASPORTO

Anfore da trasporto
conservate a Marsala all'interno
del Museo Archeologico del Baglio Anselmi.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Più delle estese rovine archeologiche di Selinunte, più dei resti colossali dei  templi di Agrigento, più della grandezza scenografica dei teatri di Segesta, di Taormina e di Siracusa, sono le migliaia di antiche anfore da trasporto marittimo accumulate nei musei dell'Isola a raccontare la vita ed i traffici di persone e di merci che da millenni pongono la Sicilia al centro della storia del Mediterraneo. Dinanzi a questi contenitori di olio, di vino e di granaglie, ci appare evidente il continuo riciclo e mischiarsi, in quest'isola, di persone e di popoli diversi, ciascuno con proprie abitudini e diverse culture di origine.

"A chi cerchi di abbracciare con uno sguardo solo tutta quanta la storia della Sicilia - ha scritto a questo proposito il geografo Ferdinando Milone in "Sicilia. La natura e l'uomo" ( Paolo Boringhieri, Torino, 1960 ) - due motivi balzano evidenti: la situazione geografica, che ne ha fatto un ponte tra l'Oriente e l'Occidente, il Settentrione e il Mezzogiorno, ponendola nel bel mezzo del Mediterraneo; e la complessità del suo popolamento... In conseguenza, l'antichità e la complessità della storia dell'isola, delle sue città e dei suoi borghi; la diversa economia, nel mutare delle condizioni storiche; e forse anche la originaria differenza tra le genti che la abitarono, dovevano necessariamente fare composita la psicologia della popolazione..."

venerdì 29 novembre 2024

FRA CONSOLAZIONE E TRASGRESSIONE, TUTTO IL GUSTO DELLA CASSATA DI SICILIA

"Ragazzo con la cassata siciliana",
disegno acquarellato di Bruno Caruso, 1975


"I dolci accompagnano l'esistenza del siciliano. Forse a compenso di amarezze e disinganni", ha scritto l'attore palermitano Pino Caruso; e, fra tutti i dolci dell'Isola, la cassata può essere quello che più di tutti esprime il parossismo del piacere consolatorio della gola. Le origini della cassata - dolce che in origine si consumava in occasione del giorno di Pasqua - sono incerte; di certo, come ha scritto Maria Oliveri in "I segreti del chiostro. Storie e ricette dei monasteri di Palermo" ( Il Genio Editore, Palermo, 2017 ), "il testo più antico in cui appare il vocabolo "cassata" è il "Declarus", un vocabolario siciliano-latino, redatto da Angelo Senisio ( 1305-1486 ), primo abate del monastero di San Martino delle Scale: si trattava di una torta, cotta al forno, ripiena di formaggio". Nella seconda metà dell'Ottocento, il successo commerciale della cassata - sfarzosamente decorata con frutti canditi - si legò alla produzione della pasticceria palermitana del cavaliere Salvatore Gulì. Fu in quel periodo che le cassate, imballate in eleganti scatole di latta, cominciarono ad essere esportate oltre lo Stretto di Messina



Insieme ai cannoli, questo ricchissimo dolce identifica da allora la Sicilia. Nel saggio "Il pranzo di Mosè" ( Giunti Editore, Milano, 2014 ), Simonetta Agnello Hornby ne ha così illustrato la modalità di consumo:

"La cassata, tra i dolci siciliani, è il più amato in famiglia. A noi piace mangiarla in tarda mattinata. Seduti al tavolo ancora non conzato, la serviamo nei piatti da frutta, come per farci perdonare il nostro cedimento alla golosità. La accompagniamo con un bicchiere d'acqua. Chi passa è invitato ad unirsi a noi, in questa trasgressione comune. Quando prepariamo la cassata da servire a tavola, adoperiamo la forma più grande che abbiamo per avere dei resti sostanziosi e lasciarne una buona parte per il giorno dopo: sappiamo tutti che la cassata è più buona dopo qualche giorno..."


ARISTOTELE ONASSIS E L'AFFARE SICILIANO DEI CARRETTI-SOUVENIR DI MONREALE

Aristotele Onassis
si imbarca a Palermo sullo yacht "Costa del Sol"
dei reali di Monaco nel settembre del 1960.
In mano, uno dei carrettini acquistati a Monreale.
Sotto, la principessa Grace Kelly
in viale della Libertà.
Le fotografie del post sono tratte
dalla rivista "Sicilia" dell'ottobre 1960



Il primo settembre del 1954, Raimondo Lanza di Trabia ospitò Aristotele Onassis e la moglie Athina nel suo castello di Trabia. Nipote di Giulia Florio - figlia di Ignazio - e frequentatore dei più celebrati salotti internazionali del tempo, Raimondo Lanza di Trabia ricambiò per tre giorni l'ospitalità ricevuta poco prima dall'armatore greco a bordo del suo famoso yacht, il "Christina". Le cronache del tempo riferiscono che Onassis - nato da famiglia povera e diventato miliardario soprattutto grazie ai traffici marittimi del petrolio - visitò in quell'occasione a Palermo lo Steri ed altri monumenti cittadini. Poi mollò gli ormeggi,  facendo risalire a bordo l'ospite siciliano per un soggiorno a Taormina. L'anno successivo - a luglio - Onassis avrebbe fatto ritorno a Palermo - sempre a bordo del "Christina" - ospitando al largo di Villa Igiea anche Greta Garbo. In questa occasione, l'armatore si sarebbe concesso una visita alla Cappella Palatina. Il capoluogo dell'Isola doveva essere per lui una località apprezzata, visto che nel luglio del 1959 il lussuoso panfilo proveniente da Capri e diretto a Corfù, fece nuovamente tappa a Palermo. A bordo, fra gli illustri ospiti figuravano questa volta Winston Churchill e Maria Callas. Le cronache mondane avrebbero in seguito indicato che, proprio durante quella crociera, fra la soprano e il ricchissimo armatore sarebbe iniziata una relazione destinata a segnare negativamente la vita della Callas.  Fu durante una successiva traversata con destinazione i siti della Magna Grecia - un viaggio che incluse uno sbarco a Palermo, dal 12 al 14 settembre del 1960 - che Aristotele Onassis fece il suo unico affare in Sicilia: l'acquisto di un paio di carretti in miniatura, comprati nel corso di una visita al duomo ed al chiostro di Monreale



In quella occasione, l'arrivo dell'armatore greco - raggiunto in aereo, a punta Raisi, da Maria Callas - coincise con quello a Palermo di Ranieri III di Monaco, della principessa Grace Kelly e dei figli della coppia, Alberto e Carolina, a bordo dello yacht "Costa del Sol". Insieme ai due ragazzini, la Kelly visitò la città a bordo di una carrozza, offrendosi in viale della Libertà agli obiettivi dei fotografi. Onassis e la Callas invece si concessero un pranzo all'"Approdo Ristorante Renato" di via Messina Marine, luogo storico ( da tempo ormai perduto ) della cucina siciliana. Salpati dal porto di Palermo, il "Christina" e il "Costa del Sol" fecero rotta verso Ustica. Sembra che il sindaco dell'isola abbia allora offerto ad Onassis un appezzamento di terreno con l'invito a costruirvi una villa. Il miliardario greco, appagato dall'acquisto dei carrettini-souvenir di Monreale, ignorò però la proposta: un rifiuto che tradì le speranze di quegli usticesi che speravano forse di poter trarre qualche vantaggio dall'ospitalità offerta nella propria isola al ricchissimo armatore.    

giovedì 28 novembre 2024

TORRE POZZILLO, UN INTEGRO LEMBO DI COSTA E DI STORIA PALERMITANA

Torre Pozzillo.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia


La costruzione dell'aeroporto di punta Raisi e quella dell'autostrada Palermo-Mazara del Vallo hanno prodotto la ben nota proliferazione di una edilizia costiera per lo più abusiva e di scarsa qualità strutturale, capace di sfregiare un tratto di costa che da Isola delle Femmine si estende sino a Marina di Cinisi. E' perciò difficile rintracciare lungo questo litorale luoghi che abbiano conservato un habitat naturale integrato a manufatti che raccontino la secolare storia di questo territorio palermitano. Uno di questi è il sito della secentesca Torre Pozzillo, rimasta negli ultimi decenni miracolosamente isolata su una scogliera calcarenitica, lontana dalle costruzioni circostanti ed a guardia di una omonima cala sabbiosa. Qui, lo scorso luglio, incurante della frequentazione stagionale di numerosi bagnanti, ha nidificato una tartaruga "caretta caretta". L'edificio, a sezione quadrata, fa parte del ben noto sistema di torri difensive costruite fra i secoli XVI e XVII per difendere le coste dal palermitano dalle incursioni corsare; incursioni che si protrassero in questo tratto di litorale almeno sino al 1811, quando i tre "torrari" di guardia alla Torre Pozzillo preferirono non intervenire a difesa di una imbarcazione americana vittima di un depredamento. 



Restaurata all'interno nel 1970 con criteri poco ortodossi - un restauro "lodevole nelle intenzioni, ma eseguito in modo alquanto approssimativo", hanno scritto nel 1985 Salvatore Mazzarella e Renato Zanca in "Il libro delle torri", Sellerio editore Palermo - Torre Pozzillo non ha purtroppo trovato un utilizzo che ne valorizzasse il ruolo di presenza storica di questo territorio. L'accesso alla torre è sbarrato da una vecchia porta in ferro, chiusa da un più moderno lucchetto. Nel 2015, il posizionamento di alcuni blocchi in cemento ha impedito che il pianoro che precede la secolare costruzione e la sottostante cala continuasse a rivestire la funzione di parcheggio di automobili. Nel lontano 1960, Rosario La Duca aveva suggerito in un articolo pubblicato dalla rivista "Vie Mediterranee" che l'edificio venisse utilizzato come sede di un museo delle numerose altre torri di quel tratto di costa: proposta caduta nel vuoto, a perpetuare l'inutilizzo del severo e ben conservato manufatto.

martedì 26 novembre 2024

UN PROGETTO INDUSTRIALE CHE AVREBBE POTUTO DEVASTARE FAVIGNANA

Il porto di Favignana.
Fotografia di Franco Patini,
opera citata nel post


Il 19 maggio del 1992 la Gazzetta Ufficiale pubblicò il decreto di istituzione della Area Marina Protetta delle Isole Egadi, risalente al 27 dicembre dell'anno precedente. Venne così riconosciuta l'importanza ambientale e faunistica dell'arcipelago trapanese, sui cui fondali prospera una delle più estese praterie di Posidonia Oceanica del Mediterraneo. Negli anni successivi, la creazione dell'Area Marina Protetta non ha impedito a Favignana, Levanzo e Marettimo di sviluppare le attività turistiche, talora - soprattutto a Favignana, negli ultimi anni - con un numero di presenze estive soverchiante rispetto alla capacità ricettiva delle tre isole. L'attuale scenario delle Egadi - un luogo che conserva ancora le sue attrattive naturalistiche e storiche - avrebbe potuto subire un traumatico stravolgimento tra gli anni Sessanta e gli inizi del decennio successivo del Novecento.



Fu un quindicennio in cui l'arcipelago rischiò di seguire la sorte di altre località marine siciliane all'epoca sacrificate in nome dello sviluppo dell'industria petrolchimica ed elettrochimica ( Gela, Priolo, Augusta, Milazzo, e, con diverse modalità produttive, Termini Imerese ). In quel periodo, questi litorali della Sicilia vennero devastati - sottolineò Fulco Pratesi nel 1974 - da "pestilenziali insediamenti industriali, dal beneficio economico illusorio e discutibile ma dall'inequivocabile peso territoriale e contenuto d'inquinamento". Analoga sorte avrebbero dovuto subire le Egadi - in particolare, Favignana - secondo quanto riferito nell'aprile del 1969 dalla rivista del Touring Club Italiano "Vie d'Italia e del Mondo". Dopo avere illustrato la crisi della pesca del tonno, dell'attività estrattiva del tufo e delle attività agricole, il giornalista Franco Patini - autore anche delle fotografie riproposte nel post - nel suo reportage così illustrò un progetto promosso allora dall'IRFIS ( l'Istituto Regionale per il Finanziamento alle Industrie in Sicilia ) per lo "sviluppo" dell'isola: 

"Il problema di creare a Favignana e nella Sicilia Occidentale condizioni di vita migliori viene preso in esame dall'IRFIS in uno studio forse ambizioso ma senza dubbio organico. La soluzione proposta situa la piccola isola al centro del progetto tendente a creare nella Sicilia occidentale un polo industriale capace di realizzare un processo evolutivo pari a quello sviluppatosi su altri versanti della Sicilia. L'idea motrice consiste nella localizzazione nel Trapanese di industrie elettrochimiche ed elettrometallurgiche che dovrebbero utilizzare l'energia prodotta a basso costo da una centrale da costruire in zona franca. Certamente non manca da queste parti, sia sotto forma di salgemma che di sale marino da raffinare ulteriormente, il cloruro di sodio indispensabile ai relativi procedimenti tecnologici, mentre l'acqua dolce necessaria potrebbe essere distillata dal mare, a somiglianza di quanto è stato fatto in altre località dell'Italia meridionale. Lo studio dell'IRFIS, situa il suo fulcro proprio a Favignana, che se da un lato si presterebbe alla creazione del porto, con relativi depositi, necessario per ricevere il grezzo e gli idrocarburi nordafricani con i quali alimentare la centrale elettrica e fornire la materia prima all'industria di raffinazione e a quella chimica. 



Giocherebbero a favore dell'isola la ubicazione al centro del Mediterraneo, la disponibilità di aree pianeggianti anche per installazioni industriali, gli eccellenti fondali del versante sud-orientale che permetterebbero lo scarico delle superpetroliere di pescaggio superiore ai venti metri. Come si vede, non si può dire che manchino i progetti. Quando se ne formulano di così ambiziosi e capaci di mutare radicalmente la immobilità della situazione ambientale di una vasta area, molto si può sacrificare a quella vocazione..."

Lo spaventoso progetto dell'IRFIS che avrebbe dovuto trasformare il mare delle isole Egadi in un luogo di transito e stazionamento di enormi "superpetroliere", distruggendo per sempre uno degli habitat che raccontano la storia del Mediterraneo, rimase fortunatamente incompiuto. Come sono rimasti inattuati altri analoghi progetti di impianti industriali la cui installazione venne prospettata in quegli anni nel trapanese, a Castelluzzo e a Torretta Granitola: luoghi scampati alla irreparabile alterazione del patrimonio ambientale subita dalla Sicilia in nome di un fallace sviluppo economico, pagato a caro prezzo dal territorio dell'Isola.




domenica 10 novembre 2024

LE VOLITIVE DONNE DI STROMBOLI

Paesaggio di Stromboli.
Fotografia di Alfredo Camisa
tratta dalla rivista "Sicilia"
edita dall'assessorato Turismo e Spettacolo
nell'aprile del 1961



"A Stromboli - ha scritto Ida Fazio nel saggio "Il tesoro dei santi di Stromboli", edito nel 2017 dall'Associazione di Promozione Sociale "Attivastromboli!" - l'economia e la società sembrano essere un contesto aperto e dinamico in cui le donne hanno un ruolo forte, come anche nel resto dell'Arcipelago ( delle Eolie, n.d.r. )... La popolazione di Stromboli nel XIX secolo è formata più da donne che uomini... Le donne non solo sono spesso proprietarie delle case e delle terre come gli uomini, ma sono anche presenti in tutti i tipi di mestiere. Gli atti notarili lasciano nell'ombra l'economia informale, praticata giornalmente dalle donne più che dagli uomini. 



Ma le testimonianze dei viaggiatori e le altre fonti storiche, come inchieste, indagini, processi, sanzioni fiscali ce le mostrano attive nell'agricoltura, nella marineria e nella pesca, nel commercio e nell'intermediazione, nel piccolo credito. Nel primo Ottocento, alcune indagini governative contro il contrabbando e la frode rivelano che le donne a Stromboli erano attive nei piccoli commerci tra le isole, da sole o insieme ai loro mariti... 



Abbiamo l'occasione di osservare, come alcune donne facessero da intermediarie, altre offrivano servizi ai marinai e ai corsari che sostavano sull'isola, davano e ricevevano denaro in prestito o facevano credito sui prodotti smerciati. Infine, una preziosa testimonianza processuale su una imbarcazione venduta di frodo "con reti di piscare, ed altri ordegni di pesca" ci conferma che "in quell'Isola talune donne sono prattiche dell'arte marinaresca": ecco un Rosalia Cincotta che va in mare per conto di un sacerdote che ha comprato quella barca, da sola, così come ci vanno anche i suoi due fratelli, marinai..."



lunedì 4 novembre 2024

L'IRONIA DI UN "PREMIO PULITZER" SUI RISCHI DELLA GUIDA IN SICILIA

Traffico a Palermo
in via Ruggero Settimo.
Foto tratta dalla rivista "Sicilia Mondo"
edita nel gennaio del 1956


Inviato del "New York Herald Tribune" in Europa, residente per anni a Parigi, Art ( Arthur ) Buchwald è oggi ricordato per essere stato sino al 2007 - anno della sua morte - uno dei più graffianti ed irriverenti giornalisti americani. Membro dal 1991 dell'"American Academy of Arts and Letters", vincitore nel 1982 del "Premio Pulitzer", Buchwald raccontò ai lettori con tagliente satira il lato grottesco di numerosi Paesi europei e - in anni di piena "guerra fredda" - anche dell'Unione Sovietica. Autore di una trentina di libri e collaboratore di oltre 500 periodici, Buchwald ebbe forse modo di frequentare anche la Sicilia. In assenza di dati documentari certi, la supposizione si fonda sul fatto che il giornalista ambientò nell'Isola il suo primo romanzo, intitolato "A gift from the boys" ed edito a New York nel giugno 1958 da Harper & Brothers. Pubblicizzato negli Stati Uniti come "il libro più divertente dell'anno", il romanzo venne pubblicato in Italia nel gennaio del 1960 da Arnoldo Mondadori Editore con il titolo di "Pacco a sorpresa". Prendendo forse spunto dal clamore delle sanguinose cronache di mafia di quegli anni - dalla faida a Corleone tra i clan Liggio e Navarra, a quella che a Palermo aveva come obiettivo l'accaparramento delle aree edificabili - Buchwald raccontò lo strampalato ritorno in Sicilia dagli Stati Uniti di un boss di origini isolane: Franco Bartelini, alias Frank Bartlett

Art Buchwald,
in una fotografia tratta dal romanzo
"Pacco a sorpresa", opera citata


Nel suo approdo al paese di origine dei genitori, indicato con il nome immaginario di "La Coma", il protagonista incorre in una serie di bizzarre avventure. La trama di questo racconto satirico vede come comparse un giornalista, un'anziana principessa proprietaria di un castello, un bandito-mafioso chiamato "Mondello" e  "Karen", un'avvenente donna bionda ispirata alla figura di Marilyn Monroe. Durante il viaggio in auto lungo le strade dell'Isola, Frank Bartlett sperimenterà i rischi provocati dall'imprudenza dei guidatori siciliani:

"La circolazione in Sicilia è la più pericolosa al mondo. In confronto, i banditi della mafia sono degli angioletti paragonati a quelli che qui hanno la patente di guida"



Non sappiamo se davvero Art Buchwald abbia rievocato nelle pagine di "Pacco a sorpresa" una personale esperienza di guidatore o passeggero di auto in Sicilia. Di certo, il 13 gennaio del 1956 - due anni prima della pubblicazione del romanzo negli Stati Uniti - la rivista "Sicilia Mondo" aveva riportato un testo di Buchwald accompagnato da una breve premessa in cui si accenna ad sua presenza nell'Isola, oggetto di un'ironica descrizione dell'anarchia del traffico stradale:

"Il simpatico giornalista americano è stato fra noi. Si è guardato intorno, ha scritto le sue impressioni e le ha affidate a "Lettura" di Milano":

"Basta trascorrere poche ore sulle strade tortuose di questa bellissima isola per comprendere la ragione che ha indotto tanti siciliani a lasciare la loro terra per emigrare in America. Un automobilista straniero in Sicilia non sa mai come comportarsi, tanti sono gli incontri che si possono fare su una carrozzabile siciliana; Fiat a quattro cilindri, Ferrari a otto, Alfa Romeo a 12, carri da fieno, camion, motociclette, motorette, biciclette, carri trainati da cavalli e da asini, carri spinti a mano, cani, capre, pecore, galline, bambini, pescatori, ecclesiastici, carabinieri, banditi. Per tradizione, i siciliani nutrono un certo disprezzo per il mezzo di trasporto usato dal loro prossimo e questo disprezzo dà luogo ad una specie di eterna guerriglia tra gli utenti della strada. Quando un siciliano ne supera un altro, si affretta a rivolgergli la parola per dirgli a gran voce che lui è cretino o idiota, che sua madre era una capra o suo padre un questurino. Il sorpassato risponde per le rime e, poiché i siciliani non possono rinunciare all'uso delle mani, quando parlano, né l'uno né l'altro automobilista avrà le mani sul volante nel corso di questi scambi verbali. Gli unici punti della strada in cui un siciliano sorpassa un altro siciliano sono le curve. Qualche volta capita che un'automobile o un camion arrivino dalla direzione opposta, e allora l'automobilista si trova di fronte a quello che i toreri chiamano "il momento della verità". Se sterza lui passerà per vigliacco e, per evitare il tutto, fa sterzare l'altro. Un pò di riguardo si ha solo per i carretti trainati dagli asinelli. I carrettieri quando devono dormire, dormono per la strada, i loro asinelli fanno altrettanto, il carretto occupa un terzo della strada, il fieno disposto trasversalmente ne occupa un altro terzo e, qualche volta, gli altri due terzi. Norma rigorosissima è che l'automobilista, prima di entrare in un. entro abitato, spinga l'acceleratore e schiacci con tutte le sue forze il pulsante del clacson, facendo sui passanti l'effetto opposto del panico. I bimbi si precipitano fuori dalle case per giocare sulla strada, i cani accorrono per vedere cosa mai succeda, le galline giudicano opportuno il momento per recarsi dall'altro lato della strada. La gente si rifiuta di togliersi di mezzo, l'automobilista si rifiuta di rallentare e chiude gli occhi..." 

sabato 2 novembre 2024

MILLENARIA STORIA E MODERNO ASSEDIO DEL CEMENTO A VILLA NAPOLI

Fotografie
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Assediata dall'edilizia urbana proliferata durante i decenni del "sacco di Palermo", Villa Napoli - acquisita nel 1981 dalla Regione Siciliana - racconta una complessa storia architettonica. L'edificio, che oggi appare con un volto che risale al Settecento, ha di recente svelato primitive tracce di epoca islamica. La sua identità di età normanna, sul lato orientale, emerse nel 1920, grazie alla rimozione di più moderni intonaci. A quel periodo, risale la costruzione della adiacente "piccola Cuba" in quel che resta del parco di caccia allestito a Palermo dalla monarchia normanna, in un sistema di peschiere e ambienti porticati costruiti da maestranze islamiche. Anche questo prezioso esempio di architettura del secolo XII è scampato al dilagare del cemento contemporaneo.







 

Oggi Villa Napoli, la "piccola Cuba" ed il giardino a questa annessa - un lembo trascurabile dell'originario "genoard" di epoca normanna - paiono soffocati dai palazzi circostanti. Per alleviare il disagio suscitato da questo soverchiante contesto cementizio, basterebbe completare il restauro della villa e bonificare il giardino da detriti e rifiuti: un modo per restituire a Palermo un pezzo della sua millenaria storia.