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giovedì 9 gennaio 2014

SICILIANDO














"In Francia è opinione diffusa, che la Sicilia sia un paese selvaggio, difficile e persino pericolo da visitare.
Ogni tanto qualche viaggiatore, ritenuto come un temerario, si avventura fino a Palermo e quando torna racconta che si tratta di una città assai interessante. Tutto qui.
In che cosa Palermo e la Sicilia intera sono interessanti? 
Da noi nessuno sa dirlo con precisione. In verità, non è che un fatto di moda. 
Quest'isola, perla del Mediterraneo, non è nel novero di quei luoghi che è d'uso visitare, che è buon gusto conoscere, che, come l'Italia, fanno parte dell'educazione di ogni persona istruita.
Per due motivi, però, la Sicilia dovrebbe attirare i viaggiatori, perché le bellezze naturali e le sue bellezze artistiche sono singolari quanto notevoli"
Guy de Maupassant

martedì 7 gennaio 2014

TRADIZIONE E ATTUALITA' DEI COSTUMI DI PIANA DEGLI ALBANESI


Immagini lontane nel tempo di un'abilità tessile ed orafa che sopravvive ancora ai nostri giorni  



Donne di Piana degli Albanesi
con i costumi da festa e d'uso quotidiano,
testimonianza delle origini etniche
del centro della provincia palermitana.
Ancor oggi numerose famiglie
si dedicano alla tessitura
di questi vestiti indossati
durante i matrimoni e in alcune
ricorrenze religiose.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia
è di Ezio Quiresi ed è tratta dal I volume dell'opera
"Sicilia" edita nel 1962 da Sansoni
e dall'Istituto Geografico De Agostini

Ancora oggi, a Piana degli Albanesi alcuni matrimoni e le festività della Pasqua, di San Giorgio ( 23 aprile ) della Madonna Odigitria ( 2 settembre ) e dell'Epifania permettono di osservare in strada i fastosi costumi greco-albanesi.
L'usanza ha permesso in passato a numerosi fotografi - fra questi, Carlo Brogi, Josip Ciganovic ed Ezio Quiresi - di realizzare immagini in alcuni casi poco conosciute.


Sopra e sotto,
costumi esibiti durante
una giornata di festa
all'obiettivo del fotografo
Josip Ciganovic.
La prima immagine è tratta
dall'opera citata "Sicilia",
la seconda dal volume del TCI
"Conosci l'Italia, il folklore" edito nel 1967



Reportage Sicilia ripropone alcuni di quegli scatti, invitando i lettori del blog a visitare il locale Museo Civico "Nicola Barbato" ( tel. 091.8575668 ) diretto da Anna Maria Nicosia.
Al suo interno sono attualmente esposti due di quegli abiti, uno dei quali realizzato alla fine del secolo XIX ed utilizzato di recente dalla regista Nella Condorelli per le riprese del film "1893. L'inchiesta", dedicato ai Fasci Siciliani.


Donne in posa
dinanzi al fotografo
Carlo Brogi: quella al centro
dei due gruppi sembra essere la stessa.
Le due immagini furono
pubblicate dal volume
"Sicilia", edito nel 1933 dal TCI
e dall'Almanacco regionale
"Sicilia!" edito da Edizioni Sandron nel 1926



"Il costume oggi indossato dalle donne di Piana degli Albanesi, particolarmente famose in Sicilia per la loro bellezza - si legge nella pubblicazione "Repertorio dell'artigianato siciliano", edito nel 1966 da Salvatore Sciascia - ha subito poche trasformazioni nei secoli; la sua caratteristica principale è dell'essere ricamato in oro su trame ornamentali tradizionali e di essere ornato di una grande fibbia di argento sbalzato.


Sopra e sotto,
preziose fibbie in oro e argento
con motivi decorativi
religiosi e devozionali.
La prima immagine è tratta
da "Repertorio dell'artigianato siciliano"
edito da Salvatore Sciascia nel 1966
ed è attribuita a Arno Hammacher.
La seconda è di Publifoto
ed è tratta dall'opera
"Invito alla Sicilia",
firmata da Fiammetta di Napoli Oliver
ed edita nel 1984 da Mursia



La varietà dei colori impiegati indica anche la condizione della donna ( sposata, nubile, vedova ). 
Il costume di Piana degli Albanesi risulta fondamentalmente costituito da una sottana ricamata ( "zilona" ); da due larghe maniche ricamate ( "menghete" ) e da un corpetto ( "raxete" ), sotto al quale è una camicia bianca, ricamata anch'essa ( "ligne" ); su tutto il costume vengono applicati nastri di seta annodati ( "scocate" ).


Stessa donna e stesso sontuoso costume
della fotografia che apre il post:
questa volta Ezio Quiresi con uno scatto a colori
 ci ha restituito
la ricchezza cromatica del vestito

La cintura che lega la sottana alla vita, con la grande fibbia d'argento, viene chiamata "brezi"; il costume è completato da una cuffia ricamata ( "checza" ), e da un velo ( "schepi" )...".
Ancora ai nostri giorni, gran parte delle famiglie di Piana degli Albanesi conserva almeno un costume tradizionale, più o meno ricco di decorazioni e di applicazioni in argento o in oro.


Sopra e sotto,
ancora due fotografie
di Arno Hammacher ( opera citata )



Negli ultimi trent'anni - dopo la riscoperta delle minoranze linguistiche avvenuta negli anni Settanta - si sono anche sviluppati alcuni laboratori di lavorazione che producono costumi su commissione.

Altre due donne in costume.
La fotografia non ha attribuzione
e venne pubblicata nel dicembre del 1961
dalla rivista "Sicilia" edita
dalla Fondazione "Ignazio Mormino" del Banco di Sicilia

Piana degli Albanesi, insomma, difende oggi con dedizione e passione una secolare tradizione manifatturiera, legata all'identità storica e religiosa dei suoi abitanti. 

sabato 4 gennaio 2014

venerdì 3 gennaio 2014

IMPRESSIONI SICILIANE CON L'"ARIANE"

Viaggio-test nell'isola del 1962 per "Quattroruote" a bordo di una berlina Simca, fra strade mediocri, monumenti e buona cucina   

Chiacchierata a Mondello
fra i viaggiatori a bordo 

di una Simca "Ariane"
ed un gruppo di giovani.
La fotografia documentò un viaggio-test
della vettura francese in Sicilia
pubblicato dal mensile "Quattroruote"
nel maggio del 1962

Le strade della Sicilia si sono spesso prestate alla presentazione di nuovi modelli di autovetture o a test di prova da parte di riviste specializzate.
Le fotografie riproposte da ReportageSicilia corredarono un servizio del mensile "Quattroruote" datato maggio 1962.
Sergio Ferrero, autore del reportage, viaggiò nel marzo dello stesso anno lungo le strade dell'isola - da Messina a Catania, quindi verso Augusta e Siracusa, da qui verso Modica, Licata, Agrigento, Mazara del Vallo e Palermo - a bordo di una spaziosa Simca "Ariane".

Giardini di agrumi
nelle latomie di Siracusa.
Il tour isolano
del giornalista Sergio Ferrero
evidenziò il cattivo stato delle strade
e l'ottima gastronomia locale:
difetti e virtù attuali
a sessant'anni da quel reportage

Occorre dire che vettura francese, dotata di un motore da 1300 cc., raccolse scarsissime attenzioni dal mercato italiano; né le giovarono al successo le doti di robustezza e comodità di marcia sugli sconnessi fondi siciliani riconosciutegli dal test di "Quattroruote".
La prova del mensile milanese ha avuto così almeno il merito di lasciarci qualche ricordo di viaggio e le fotografie riproposte dal post.

Il corso del fiume Ciane.
Il reportage di Ferrero
lamentava allora il recente taglio 

di decine di eucalipti

L'articolo di Ferrero mise anzitutto in evidenza le cattive condizioni di viabilità dell'isola e quelle dei guidatori.
"Segnaliamo che si tratta, nel migliore dei casi, di strade mediocri, strette, con un manto tutto rattoppi, pericolosamente frastagliato ai lati, senza quasi mai una banchina laterale.
Le strade dell'interno, poi, sono spesso ridotte a tratturi.
Mediocre o scarso il traffico automobilistico, ma numerosi e pericolosissimi carri e cavalli.
I pedoni, inoltre, preferiscono camminare al di fuori dei marciapiedi, quando anche ve ne siano, mentre gli automobilisti, sicuri di avere diritto al centro della strada, stupiscono di essere invitati a scostarsene e scelgono, eventualmente, il lato sinistro, quando consentano a essere sorpassati.
Inutile insistere a pretendere precedenze o rispetto dei (mal segnati) punti di arresto: il cedere la precedenza può del resto essere accolto da un vistoso, costernato stupore".
Il tour isolano a bordo dell'"Ariane" suggerì al giornalista l'invito "a non dimenticare di visitare, a Catania, il teatro greco che sta riaffiorando dalla demolizione di un vecchio quartiere cittadino e, appena fuori di Palermo, le rovine di Solunto. Per il barocco, sostate a Noto ed a Bagheria per le ville, tra le quali la Palagonia. 
Visitate, a Palermo, gli oratori con gli stucchi, stupendi, del Serpotta. A Cefalù non trascurate il piccolissimo Museo che vanta uno stupendo ritratto di Antonello da Messina. Il museo di Trapani è in restauro. Restaurata e ricca è la Pinacoteca di Palermo...".

Una festa di San Giuseppe
in un quartiere popolare di Palermo

Infine, la Simca accompagnò il tour alla scoperta della gastronomia locale, "ottima e piena di sorprendenti sfumature", malgrado "i ristoranti generalmente mediocri, sebbene sia possibile trovarne almeno uno, buono, per ogni centro più importante".

Interno palermitano
di un teatrino dei pupi.
Questo genere di spettacolo
in quegli anni aveva già
iniziato il suo declino

Il racconto di Ferrero si fa dettagliato e testimonia delle assidue frequentazioni di trattorie e pasticcerie locali. 
"La pasta, nelle forme tradizionali, è la base della cucina locale, il pesce la ricchezza. La carne, meno notevole, fa tuttavia buone comparse negli spiedini che la cipolla profuma.
Eccellente la verdura, eccellenti i legumi. Alla giusta stagione, piselli, fave e carciofi, riuniti nella 'frittella', forniscono un'ottima apertura di pranzo. Zucchini e melanzane conoscono la gloria della 'caponata'. Ma si voleva parlare della parte che hanno negli intingoli, nei sughi, i pinoli, l'uva secca, le mandorle tostate e sbriciolate, accompagnate bizzarramente al cavolfiore, alle sardelle, al finocchietto di montagna.

L'"Ariane" ritratta
in primo piano sullo sfondo
del tempio agrigentino della Concordia

Il pane coperto di 'cumino', è gustosissimo. Eccellenti le arancine di riso, e nelle varie, le versioni, i fritti dolci e salati, le tortine di verdura, le pagnottelle calde farcite di béchamelle e di rigaglie.
Ottimi anche i dolci, dai cannoli alle cassate, alle pastine secche del 'misto', alle 'paste delle vergini', che nascondono, in un soffice cuscinetto, un cuore di cedro candito.
La pasta di mandorle, nelle forme tradizionali di frutta e in quelle, più stravaganti, di frutti di mare o di oggetti non esattamente commestibili, è pure eccellente...".   

mercoledì 1 gennaio 2014

IL SACRO E IL POPOLARE DELLE EDICOLE VOTIVE

Vita quotidiana di strada a Palermo tra le edicole sacre del centro storico in tre fotografie di Melo Minnella  

Un uomo trasporta sulle spalle
ceste di vimini e cassette di legno
nei pressi di un'edicola sacra
in un quartiere popolare di Palermo.
Le fotografie riproposte da ReportaSicilia
sono di Melo Minnella
e furono pubblicate nel 1961
dalla rivista "Sicilia"

Ne sopravvivono ancora decine, la maggior parte nascoste in strette e fatiscenti stradine dei quartieri popolari della città: Ballarò, il Capo, l'Albergheria, Borgo Vecchio...
Le edicole votive palermitane sono il frutto di una devozione religiosa che ebbe la sua massima diffusione tra la fine del secolo XIX ed almeno sino al secondo dopoguerra: nicchie scavate sui muri o altarini con umili statue o semplici pitture soprattutto di Maria, Giuseppe, Rosalia o Gesù Cristo.
La nascita di questi segni urbani di religiosità popolare fu il frutto di donazioni per grazia ricevuta e delle commissioni di maestranze artigiane o del Senato palermitano.
In passato le edicole votive sono state il soggetto obbligato di molti reportage fotografici ambientati a Palermo, spesso con un semplice intento documentario e di catalogazione.




Le immagini riproposte da ReportageSicilia mettono invece in relazione questi umili simulacri religiosi con la presenza di bambini, ragazzi e ambulanti che ancor oggi animano le strade popolari di Palermo. 
Si tratta di fotografia che spiegano il senso stesso della presenza delle edicole sacre ed il loro stretto rapporto con la comunità di persone che vivevano nella strada o nella piazza dove queste immagini devozionali venivano allestite.

  
L'autore degli scatti è Melo Minnella ed il suo prezioso reportage - prezioso appunto perché supera il valore puramente documentario - venne pubblicato sul numero 31 della rivista "Sicilia" edita nel settembre del 1961 dalla Fondazione per l'incremento economico culturale e turistico della Sicilia "Ignazio Mormino" del Banco di Sicilia.
    

domenica 29 dicembre 2013

ACI TREZZA, LO SCATTO DI WINDSTOSSER


Fra i molti fotografi autori di reportage nella Sicilia del secondo dopo guerra vi è stato anche il tedesco Ludwig Windstosser ( 1921-1983 ), legato al gruppo denominato "Fotostorm".
Questi fotografi - guidati da Otto Steiner e Peter Keetman - si presentarono in Germania ed in Europa come gli esponenti di un'avanguardia che intendeva superare i canoni estetici imposti dal regime nazista, con immagini di tipo propagandistico e celebrativo.
Windstosser fu così protagonista di una serie di scatti che intendevano valorizzare una visione soggettiva della realtà, grazie anche alle possibilità offerte dalla tecnologia degli apparecchi e del materiale di stampa di quel periodo.
In Germania, Windstosser documentò soprattutto le imponenti opere di ricostruzione del Paese dopo le distruzioni della guerra.
Rimane incerta la storia del passaggio di questo esponente di spicco del gruppo "Fotostorm" in Sicilia: una presenza testimoniata dalle poche fotografie conosciute, un paio delle quali - una panoramica di Segesta ed un giovanissimo accattone - sono reperibili in rete.
La fotografia di Windstosser riproposta da ReportageSicilia, invece, ritrae il paesaggio di Aci Trezza ed è tratta da una pubblicità dell'Ente Provinciale per il Turismo di Catania pubblicata sul numero 31 della rivista "Sicilia", edita nel settembre del 1961.
Lo scatto non è datato, e testimonia una ricerca dell'immagine che trae il suo equilibrio compositivo dalla spiaggia sulla quale i pescatori hanno steso le loro reti, con lo sfondo dei famosi faraglioni lavici.
Sarebbe interessante riscoprire le altre immagini realizzate dal fotografo di "Fotoform" nella Sicilia degli anni Cinquanta, certo assai lontana dalla Germania in piena ripresa economica ed industriale.
Lo scatto realizzato ad Aci Trezza dimostra tuttavia che Ludwig Windstosser non rinunciò a documentare un paesaggio legato ancora ad una tradizionale forma di economia primaria, quella della pesca: un'attenzione forse sollecitata dal clamore internazionale de "La terra trema", il film che Luchino Visconti realizzò ad Aci Trezza nel 1948.     
      

venerdì 27 dicembre 2013

IL MERCATO DEL PESCE DI CATANIA

Pesce in vendita al mercato di Catania.
Le fotografie riproposte da ReportageSicilia
portano la firma di Ferdinando Scianna
e vennero pubblicate nel luglio del 1964
dalla rivista del TCI "Le Vie d'Italia"

"In fondo a piazza Duomo, dietro la scrosciante fontana dell'Amenano, infuria il gran mercato del pesce.
Sale su dai banconi massicci tagliuzzati ed insanguinati dai colpi di mannaia che hanno affettato tonni e pescespada, l'odore fritto e vivo del pesce freschissimo. 
Le grandi tonnine sono stese sui banconi ed hanno il colore brunito e luccicante dei cannoni delle corazzate. 
Le triglie brulicano, leggermente curvate a mezzaluna, dentro le ceste, le sarde brillanti riempiono i cesti bassi e larghi dei loro dorsi d'argento, i polipi tremolano morbidi ed elastici.
Certi pesciolini vivi fanno delle piccole sommosse nel fondo delle cassette. 
L'odore fuso di tutte queste ceste sale su, sotto l'arco della Pescheria, ampio ed eccitante...".

Nessuno meglio di Ercole Patti ha forse saputo descrivere l'ambiente e gli umori del mercato del pesce di Catania, così raccontato nel gennaio del 1953 per il quotidiano "La Stampa".
Lo scrittore etneo, del resto, nei suoi romanzi e negli appunti autobiografici ha più volte dedicato pagine di realistica e vivida descrizione di frutti di mare e pesci acquistati e gustati a Catania e lungo la costa dello Ionio. 
Al mercato del pesce descritto da Patti si riferiscono le due fotografie riproposte da ReportageSicilia, firmate da un giovanissimo Ferdinando Scianna e pubblicate nel luglio del 1964 dalla rivista del Touring Club d'Italia "Le Vie d'Italia".



Gli scatti accompagnarono un lungo reportage intitolato "Introduzione alla cucina siciliana" scritto dal giornalista e scrittore Felice Cunsolo.
Nel suo racconto ricco di aneddoti storici e curiosità sulla gastronomia siciliana, Cunsolo indicava così la maniera di cucinare il pesce acquistato nei mercati popolari dell'isola:

"Pur costituendo un alimento di forte consumo, il pesce in Sicilia non annovera un gran numero di ricette.
In genere lo si appronta nella maniera più spiccia, fritto in padella o arrostito in graticola.
Qualche tipo viene mandato 'a brodo', però non secondo la tecnica solitamente usata per i brodetti ( mescolando cioè, pesci diversi ), ma con un procedimento più semplice e con un numero limitato di ingredienti: olio, sale, pepe, prezzemolo, aglio, succo di limone...".