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lunedì 16 novembre 2015

TESORI TROVATI E TESORI RUBATI A GELA

Breve storia delle scoperte, dei furti e delle rapine dei tetradrammi gelesi, pregiati reperti della numismatica d'epoca greca in Sicilia


Una veduta aerea di Gela.
La fotografia è tratta dal reportage "Gela, statue e petrolio",
pubblicato da Giuseppe Tarozzi nel maggio del 1962
dalla rivista del TCI "Le Vie d'Italia"

Ancor oggi capita di trovare nelle campagne di Gela qualche antica moneta coniata da generazioni di anonimi e abilissimi incisori che qui sbarcarono nel 688 avanti Cristo, dopo essere salpati dalle isole di Rodi e di Creta.
Le più importanti scoperte numismatiche in quest'area della costa nissena risalgono alla fine dell'Ottocento, in coincidenza con gli scavi per la costruzione della linea ferrata fra Gela - che all'epoca era chiamata ancora Terranova di Sicilia - e Licata, a Nord della città.
In quel periodo, pale e picconi riportarono con frequenza alla luce vecchie cisterne o sacelli utilizzati come deposito di tesoretti.
Nelle sue secolari vicende, Gela visse grandi periodi di ricchezza commerciale - la città vantò uno dei più ricchi tesori ad Olimpia - e di feroce assedio e depredazione, specie per mano cartaginese ( e ciò spiega l'abitudine dei gelesi di nascondere con accuratezza i propri risparmi ). 


In questa e nelle altre tre fotografie che seguono
alcuni esemplari di tetradramma in argento di Gela,
caratterizzati dalle varianti di un toro con testa umana.
Le immagini sono di Leonard Von Matt
e furono pubblicate nel 1959
dall'opera di Luigi Pareti e Pietro Griffo
"La Sicilia antica", edita da Stringa Editore Genova

Gran parte delle monete recuperate nell'Ottocento dalla Commissione per la conservazione dei monumenti patrii erano in argento e provenivano dalle zecche di Gela e di Siracusa; i tetradrammi gelesi - dal valore di quattro dracme - si riconoscevano per la raffigurazione del toro con sembianze umane.
Già all'epoca non mancarono razziatori e trafugatori di questi tesori; di fatto, tetradrammi di Gela e altre monete provenienti da scavi archeologici in Sicilia cominciarono a essere commercializzate in tutta Europa - Inghilterra compresa - già agli inizi del secolo XX
Notevoli e più o meno casuali ritrovamenti di tesori numismatici gelesi continuarono anche dopo il 1950, quando la cittadina venne stravolta dalla costruzione di nuove opere pubbliche e dalle strutture del petrolchimico.
L'entrata in azione di bulldozer, ruspe, escavatrici e livellatrici smosse per la prima volta in solo anno 500 ettari di terra. 
A stento, gli archeologi riuscirono ad arginare la distruzione di resti architettonici dell'antica città; è logico quindi supporre che molti nascondigli di monete siano stati cancellati per sempre o semplicemente depredati 2000 anni dopo i Cartaginesi senza colpo ferire.



Così, nell'estate del 1956, gli operai impegnati in un cantiere edile nei pressi della stazione ferroviaria trovarono all'interno di un vaso circa 1200 monete d'argento coniate a Gela, Agrigento ed Atene.
Gran parte degli esemplari fu dispersa e poi recuperata grazie ad una passaparola di indicazioni su quegli operai che avevano tentato di vendere ad intermediari la propria parte di tesoretto.
La notte del 17 gennaio del 1973 a Gela dai furti occasionali si passò addirittura alla rapina a mano armata, con modalità che ricordano la trama di un film: quattro persone armate di pistola e con i volti coperti da calzamaglia si calarono con una fune attraverso un lucernaio all'interno del Museo Archeologico Nazionale.
Giuseppe Di Dio e Francesco Monachella - i due custodi - furono intimiditi con un colpo di pistola sparato su un tavolo e costretti ad aprire la camera blindata che conteneva una preziosa collezione numismatica.



I rapinatori - che si esprimevano con un italiano volutamente stentato allo scopo di spacciarsi per stranieri - si impossessarono di 600 monete in argento ed oro, dal valore stimato in un miliardo di lire; prima di fuggire, chiusero a chiave i custodi all'interno del deposito, avendo cura di consegnare loro una bottiglia d'acqua ed un paio di cuscini.



Alcune di quelle monete razziate a Gela furono 6 mesi dopo recuperate a Firenze, dove erano arrivate insieme all'artista Cristoforo Legname: insieme a lui, venne arrestato dalla polizia un altro gelese, Franco Paride.
Entrambi dichiararono di averle acquistate in buona fede a Gela e vennero in seguito scagionati.
A distanza di oltre quarant'anni, gran parte di quelle preziose monete rapinate a Gela si conservano ancora in qualche collezione privata o in altri musei sparsi nel mondo: un destino condiviso da molti altri reperti archeologici trafugati in Sicilia negli ultimi 150 anni.    

  



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