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martedì 28 settembre 2021

UNA PAGINA DI ORIO VERGANI DALLA SOMMITA' DI MONTE SAN GIULIANO

Panorama da Erice.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Scrisse a lungo Orio Vergani nel 1931 sul "Corriere della Sera" di una sua visita ad Erice, allora ancora Monte San Giuliano, conoscendone "piazza San Domenico, via San Rocco, via Hernandez, tutti i vicoli dei santi e della piccola nobiltà locale, lunghi dieci metri, venti, cinquanta", sostando di tanto in tanto "sotto i balconi barocchi tarlati dal vento, innanzi agli atri muscosi da cui attoniti mi guardavano cortiletti sorpresi". Giornalista con una singolare varietà di interessi culturali ed artistici, considerato allievo di Luigi Pirandello, Oriani descrisse così la montagna trapanese, carica di elementi del mito e della storia:

"Molti secoli sono passati sulle spalle del vecchio monte al cui nome strizzavano l'occhio le comitive dei marinai. Molti uragani, molte invasioni, molte pestilenze, molte miserie insomma sono passate sulle sue rupi turrite e sul suo bosco. Molti saraceni sono saliti quassù a predare le ultime nipoti delle sacerdotesse, per trarle schiave nei lontani serragli. Molti guerrieri e molti sacerdoti sono venuti poi, con spade e croci, a mutar la faccia ai luoghi, erigendo conventi e fortezze, chiesuole accigliate e torri ringhiose...

... La montagna sale, con ripido strapiombo, a quasi ottocento metri, posata sulla riva estrema di Sicilia come la pietrosa corona della sua bellezza. Di minuto in minuto il panorama si allarga, indugia, si svolge, si spande, si immedesima con l'infinito, in una varietà immensa di verde e di azzurro, con l'ampiezza di un invito, come se si schiudessero, lì sotto, le braccia primaverili del mondo..."

lunedì 27 settembre 2021

IL DIFFICILE RECUPERO DELLE BARCHE DELLA TONNARA DI BONAGIA

Antonio Vivona
al lavoro a Bonagia.
Le foto del post,
ad eccezione di quella che segue,
sono di Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Antonio Vivona, nato e cresciuto a Castellammare del Golfo, è uno degli ultimi "maestri d'ascia" della provincia di Trapani. Da qualche giorno, sta guidando il difficile lavoro di recupero di quattro imbarcazioni della storica tonnara di Bonagia: tre "parascarmi" ed una "varca signale" - le prime utilizzate per il trasporto dei tonnaroti, delle ancore e delle attrezzature per la pesca, l'ultima per segnalare ad altre barche la presenza delle reti in mare - tutte abbandonate sulla scogliera da un quarantennio. La rovina va avanti dal 1979, anno in cui la tonnara di Bonagia, già documentata nel 1272, diede vita per l'ultima volta all'attività di pesca dei tonni. Il sole, l'acqua piovana e i vandalismi dell'uomo hanno ridotto queste imbarcazioni - che necessitavano all'epoca del loro uso di una costante manutenzione - a scheletri lignei scomposti: uno sfascio strutturale cui sarà impossibile porre completo rimedio.

Foto concessa
da Peppe Aiello





I lavori che dovranno recuperare ciò che si può ancora salvare delle imbarcazioni della tonnara sono stati finanziati con un importo che supera i 100.000 euro dall'Unione Europea e dal Comune di Valderice. Finito il restauro guidato da Antonio Vivona, i "parascarmi" e la "varca signale" dovrebbero trovare alloggio all'interno di una struttura coperta ubicata nei pressi delle strutture della tonnara di Bonagia: una soluzione che dovrebbe finalmente porre fine ad un abbandono durato quattro lunghi decenni.










lunedì 20 settembre 2021

LA LAPIDE CHE A PALERMO RICORDA IL RIPOSO DELLE "STANCHE MEMBRA" DI GARIBALDI

Foto
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Quasi impossibile fare un censimento di lapidi e targhe che in Sicilia celebrano il passaggio di Giuseppe Garibaldi durante la spedizione dei Mille. Una delle più singolari campeggia di certo a Palermo sotto il fastigio nobiliare marmoreo del palazzo Villafranca dei principi Alliata, in piazza Bologni.  A sottolinearne con ironia il contenuto è stato il giornalista e scrittore palermitano Franz Maria D'Asaro

"In Sicilia - si legge in "C'era una volta la Sicilia", pubblicato a Palermo da Edizioni Thule nel 1979 - anche una siesta di due ore può passare alla storia. Purché il beneficiario del pisolino sia Garibaldi, 'fratello di Santa Rosalia', come lo acclamarono i patrioti di Palermo in quella memorabile giornata del 27 maggio 1860. Una giornata fra le più faticose dell'eroe dei due mondi che dal giorno 11 - sbarco a Marsala - era passato di battaglia in battaglia senza potersi concedere un momento di riposo. Il 15, dopo essere riuscito a convincere Bixio che tentennava ( lo persuase con il fatidico 'qui si fa l'Italia o si muore' ), c'era stato l'epico, furibondo scontro di Calatafimi; il 21 aveva visto morire al suo fianco Rosolino Pilo; il 24 aveva condotto il sottile, ma estenuante, gioco d'astuzia per ingannare i borboni con la finta ritirata da Piana dei Greci a Corleone; il 26, ammirando Gibilrossa lo stupendo scenario del golfo, aveva lanciato la famosa promessa a Bixio: 'Nino, domani a Palermo'; il 27 - finalmente - travolte le truppe del generale Lanza, era entrato a Palermo, accolto dal giubilo dei popolani.

Garibaldi era sfinito: adocchiò un bel palazzo in piazza Bologni e chiese di potervi riposare. Era il palazzo Villafranca dei principi Alliata, nel quale si dice abbia dimorato anche Coriolano della Floresta, duca di Salaparuta. Inutile dire con quanto onore Garibaldi fu ospitato: lenzuola fresche, lavabi portatili, un gran fare nelle cucine, un frenetico andirivieni di signori e domestici, tutti mobilitati per rendere comodo e piacevole il soggiorno dell'invitto. Il quale invitto, però, rimase soltanto due ore: pochissime, ma sufficienti per tramandare ai posteri il breve riposo del condottiero. Nella targa murata sul celebre palazzo si legge infatti:

'In questa illustre casa, il 27 maggio 1860, per sole due ore posò le stanche membra Giuseppe Garibaldi, singolare prodezza fra l'immane scoppio delle micidiali armi da guerra, sereno dormiva il genio sterminatore d'ogni tirannide'" 


lunedì 13 settembre 2021

LA SICILIA "LIETA E POVERA" DI GESUALDO BUFALINO

Casa ad Ispica, nel ragusano.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia


"Era bella, la Sicilia, nel ventisette, nel trentadue, nel trentanove. Bella e povera, lieta e povera. Non c'era acqua a sufficienza, allora, e gli acquivendoli - ha ricordato Gesualdo Bufalino, in "Il Fiele Ibleo" edito nel 1995 da Avagniano Editore ( una raccolta di "testi lievi, quasi sempre d'occasione, che si pubblicano o si ripubblicano quasi per un atto d'amore dovuto, uno sgravio di coscienza...", scrisse l'autore nella prefazione ) - la recavano di porta in porta su carri tirati da asini stanchi.

Le case erano di un solo piano, ma le rallegrava sul davanzale un improvviso vaso di prezzemolo o di basilico, fra le cui foglioline grandi pupille nere spiavano sulla strada il sopraggiungere atteso d'un caro passo maschile..."

domenica 12 settembre 2021

L'INDIMENTICABILE GIACCA FUCSIA DI DUKE ELLINGTON AL FESTIVAL POP 1970

Duke Ellington durante la sua esibizione
al Festival Pop di Palermo nel 1970.
Le fotografie di Melo Minnella
vennero pubblicate dalla rivista "Sicilia"
edita nel settembre del 1970
dall'Assessorato regionale al Turismo


"Credetemi - ha scritto Carlo Loffredo in "Billie Holiday, che palle!", gustosissima autobiografia pubblicata da Coniglio Editore nel 2008 - veramente irripetibili furono quei due festival, perché nessun altro dopo il picciotto Joe, riuscì ad avere forza e carisma per portare in Sicilia quei jazzisti e showmen che si potevano applaudire solo al Village di New York, a Rio, S.Francisco, Londra e Parigi..."

Il ricordo delle prime due edizioni del Festival Pop di Palermo rievocate da Loffredo - nel 1970 e nel 1971 - e della vulcanica personalità dell'organizzatore, il "picciotto" Joe Napoli, ( l'impresario oriundo di San Giuseppe Jato in stretti rapporti con alcuni grandi nomi del jazz internazionale ), rappresenta per molti palermitani di quel periodo una orgogliosa eredità di genere: quella di chi può vantarsi di "esserci stato", conoscendo ed ascoltando allora grandi artisti e musicisti mai prima - e mai più - presenti in un'unica manifestazione in Sicilia.


 

A rappresentare la rilevanza e la suggestione oggi quasi mitica del Festival Pop di Palermo 1970 è, su quelli di tutti, il nome di Edward Kennedy Ellington: semplicemente "Duke", per gli appassionati di jazz. Il concerto della sua orchestra allo stadio della Favorita ebbe luogo la sera di venerdi 17 luglio; fu seguito da quello di una seconda orchestra di assoluto valore, guidata da Kenny Clarke e Francis Boland. La performance di Ellington e dei suoi musicisti - fra questi, Harry Carney al sax baritono e Cat Anderson alla tromba - lasciò una traccia luminosa ed indelebile, quasi un'apparizione, nella storia palermitana di quegli anni; un periodo macchiato da cupi eventi di cronaca mafiosa, come la scomparsa di Mauro De Mauro e l'uccisione del procuratore Pietro Scaglione. Una documentata e coinvolgente ricostruzione dell'esibizione del "Duke" e del clima che accompagnò quel Festival Pop palermitano - cui presero parte, fra gli altri, Aretha Franklin, Johnny Halliday e Brian Auger - è stata tracciata da Sergio Buonadonna in "Quando Palermo sognò di essere Woodstock", edito da Navarra Editore nel 2020. Nel libro è presente una testimonianza di Vittorio Bongiorno - autore di un romanzo pubblicato nel 2011 da Einaudi ed intitolato "Il duka in Sicilia" - sulla giacca laminata color fucsia e la brillantina in testa che Ellington mise in mostra durante il concerto della sua orchestra. Fra le tante recensioni scritte su quella straordinaria esibizione, premiata con la consegna al Maestro della statuetta della "Trinacria d'oro" ( e ricordando il documentario "Noi e il Duka. Quando Duke Ellington suonò a Palermo", realizzato nel 1999 da Ciprì e Maresco ) citiamo quella pubblicata sul mensile "Sicilia Tempo", nel luglio 1970:    

"A settantun anni suonati, 'Duke' e i suoi senatori, gente - come Harry Carney - che suona con lui addirittura da quarantasei anni - scrisse Mauro Conti - sembrano avere scoperto l'elisir di lunga vita. Più tempo passa, più invecchiano, più sembrano rinvigoriti. L'orchestra di Ellington ha sfoderato uno swing e nuovi arrangiamenti, quali negli ultimi anni non si erano mai registrati. Ascoltato con amore e rispetto da oltre ventimila persone, Ellington ha riportato un successo trionfale..."