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lunedì 16 novembre 2020

RICORDO DI UNA MEMORABILE PESCA DI RICCIOLE A MARETTIMO

Approdo allo scalo vecchio di Marettimo.
Foto del post
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


"Il Maretimo ha il circuito di otto in nove miglia circa. E' una montagna alta, ed alpestre; non forma alcun seno accessibile, meno di una piccolissima baja, ove può appena ricovrarsi un battello di piccola portata. La sua figura è quasi sferoidale. La parte che guarda il ponente è quasi intrattabile. Quella di levante è un poco meno inclinata, e contiene pochi terreni seminativi. Il rimanente del terreno sarebbe atto ad alberi d'alto fusto, poiché consiste di terra, e piccole pietre. In tutte le stagioni quasi è dominato dai venti, che nell'inverno si manifestano violentissimi. Tali circostanze hanno disanimato i naturali di Favignana a coltivarlo. Vi sono dalla parte di Levanzo alcune sorgenti d'acqua dolce..."  

Questa storica descrizione di Marettimo ( Documento 8, Attività e passività nella gestione delle Isole, con esclusione delle Tonnare, nel 1816, Archivio di Stato Palermo, Real Segreteria, Incartamenti, busta 5401, anno 1816, tratto da "Lo Stabilimento Florio di Favignana, storia, iconografia, architettura", Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, Regione Siciliana, 2008 )   spiega in maniera eloquente come i marettimari - al contrario degli abitanti di gran parte delle altre isole siciliane - siano stati costretti a diventare abilissimi pescatori.



La natura rocciosa e scoscesa dell'isola ha di fatto impedito la pratica delle colture agricole e la sussistenza è stata quindi da sempre affidata alle fatiche e ai rischi della pesca in mare.

L'abilità degli isolani li ha portati con successo a pescare gamberi e aragoste in California e salmone in Alaska: mari lontani che non gli hanno tuttavia impedito di fare spesso ritorno in quest'angolo delle Egadi, in visita a nipoti e cugini.

Oggi i pescatori di Marettimo - poche decine, sui circa 200 abitanti - si limitano alla pesca di scorfani, polpi, calamari, triglie e lampughe; preda ambita rimane sempre la ricciola, che in passato era molto più presente nelle acque dell'isola.



A testimonianza di ciò, a Marettimo si conserva un targa in marmo che tramanda un'eccezionale pesca di ricciole effettuata il 26 aprile del 1870 da Gaspare Liotti e Vincenzo Spadaro.

L'iscrizione, collocata ai piedi di un altare votivo dedicato a San Francesco da Paola, nei pressi dello scalo vecchio, ricorda quelle in pietra di tufo che all'interno della tonnara della vicina Favignana celebrarono nell'Ottocento le eccezionali annate di cattura dei tonni, in un approccio già industriale delle attività di pesca. 



A differenza delle favignanesi, la piccola targa in marmo di Marettimo rievoca la straordinaria e miracolosa pesca di ricciole di due pescatori usciti in mare per provvedere al quotidiano sostentamento delle proprie famiglie; e, almeno quel giorno di aprile di 150 anni fa, la loro missione risultò talmente fortunata da diventare memorabile.  


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