“Il mare esercita oggi un richiamo sempre più fascinoso.
Italiani e stranieri si riversano a milioni nei mesi estivi sulle spiagge della Penisola a cercarvi salute, forza e gioia di vivere in libertà.
Il fenomeno ha portato con sé tali mutamenti, ha coinvolto tali e tanti interessi, da incidere sulla stessa fisionomia delle nostre coste.
Stazioni già note e celebrate hanno moltiplicato le loro attrezzature; numerosi altri centri balneari sono stati messi in valore o addirittura creati ex novo; l’amore per la natura incontaminata spinge alla continua ricerca e alla scoperta di nuove spiagge”.
La lunga spiaggia messinese di Capo d'Orlando, ai piedi dell'omonimo promontorio |
Era il 1964 quando Ferdinando Reggiori, presidente del Touring Club Italiano, affidò queste sue riflessioni alla presentazione del volume “Marine del Tirreno e delle Isole”, dedicato quindi anche alle località costiere siciliane.
La riproposizione da parte di ReportageSicilia di alcune fotografie di luoghi isolani contenute in quella guida evidenzia i cambiamenti che l’edilizia del mare ha provocato sull’ambiente siciliano.
Se è vero che “l’amore per la natura incontaminata” ha accresciuto l’interesse verso le bellezze costiere, è anche vero che la Sicilia ha pagato in quegli anni un prezzo pesantissimo alla crescita incontrollata delle seconde case al mare e delle infrastrutture – strade, porti turistici, dighe – sorte per sostenere lo stravolgimento del territorio.
Il litorale messinese di Mortelle, con il lago di Ganzirri e la costa di Messina sullo sfondo |
Le immagini d’inizi anni Sessanta restituiscono il volto di luoghi ancora senza vistosi scempi intensivi, e dove alle spalle delle spiagge si distendono terreni agricoli e aree di macchia mediterranea.
Di lì a qualche anno, le coste siciliane sarebbero state assaltate dalle lottizzazioni, dai cantieri e da quel “precariato cementizio” ( espressione utilizzata nel 1985 da Michele Serra ) spesso abusivo.
Fra speculazioni mafiose e ricorrenti sanatorie edilizie, nel 2001 uno studio del WWF avrebbe attestato che il 63 per cento del litorale isolano era occupato abusivamente.
Tutto ciò, costituisce oggi la prova della mancanza di governo del territorio, di programmazione, di sviluppo armonico - e, infine, di assenza di “quell’amore per la natura” - che ha portato il siciliano a rovinare per sempre la costa di cui avrebbe voluto godere.
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