Per molti nostalgici appassionati, l'edizione 1971 della Targa Florio è stata - sulla scia di quella dell'anno prima - una delle più belle mai corse sulle strade delle Madonie.
"La partenza della Targa del '71 - ha scritto Salvatore Requirez nel saggio "Targa Florio" edito da Flaccovio Editore nel 1997 - è un vero parterre de roi.
Ci sono tutti i protagonisti del Mondiale Marche, tutti i più forti piloti di vetture sport prototipo in circolazione.
Mancano solo Ickx e Regazzoni, i due piloti della nuovissima 312 P Ferrari che ha disertato la Targa.
Anche senza la Ferrari, però, la Targa di quest'anno non perde il suo fascino sportivo assegnatole dalla titanica sfida tra Porsche ed Alfa".
Anche senza la Ferrari, però, la Targa di quest'anno non perde il suo fascino sportivo assegnatole dalla titanica sfida tra Porsche ed Alfa".
Per la gioia del pubblico siciliano, alla fine della gara - disputata il 16 maggio - Nino Vaccarella in coppia con Toine Hezemans portò al successo l'Alfa Romeo 33.3.
Eppure, proprio quell'edizione della Targa Florio può considerarsi insieme come l'apice ed il canto del cigno di una gara che nel 1973 avrebbe perso la validità mondiale.
Già in quel fatidico 1971 la corsa - come ricordato da un reportage del mensile "Quattroruote" del giugno di quell'anno - ebbe il via libera solo grazie al parere di una commissione dell'Automobile Club d'Italia.
Le riserve sulla pericolosità del tracciato vennero sciolte perché la Targa Florio andava considerata una corsa su strada "particolarmente tradizionale, di rilevante interesse sportivo, con un'anzianità di almeno trent'anni e senza episodi cruenti".
In effetti, sino alla partenza di quella Targa Florio, l'unico incidente mortale della gara madonita risaliva al lontano 1926, quando il conte Giulio Masetti si era ribaltato con la sua Delage.
Nonostante il viatico dell'ACI, proprio l'edizione 1971 venne tuttavia funestata sin dal primo giro da una serie di incidenti.
Nel più grave, il pilota triestino Fulvio Tandoy si schiantò mortalmente contro un albero mentre era alla guida della sua Alpine Renault.
L'inglese Alain de Cadenet a bordo di una Lola si ribaltò invece nei pressi di Campofelice, salvandosi in tempo dal rogo della vettura grazie all'intervento di uno spettatore; ancora le fiamme lasciarono segni permanenti sul volto dell'inglese Brian Redman, uscito di strada con la sua Porsche.
Altri incidenti coinvolsero l'altra Porsche del messicano Pedro Rodriguez e l'Alfa Romeo di Nino Todaro, che investì una Fiat 500 parcheggiata ai margini del tracciato.
La Targa Florio, insomma, dimostrò quell'anno i limiti di sicurezza dovuti da un lato all'accresciuta potenza delle vetture in gara; rischi aggravati, oltre che dalla straripante presenza del pubblico, anche dalle precarie condizioni di aderenza di molti tratti stradali.
Le fotografie pubblicate da quel vecchio numero di "Quattroruote" e riproposte da ReportageSicilia mostrano le recenti e pericolose rappezzature di asfalto, incapaci di reggere alle temperature del maggio isolano ed ai ripetuti passaggi delle vetture.
"L'annuncio che la Targa è stata risparmiata dalla commissione perchè ritenuta una 'corsa incruenta' - scriveva l'inviato Piero Casucci - ha lasciato perplessi: in verità una delle cause del disastroso primo giro è da ricercarsi nel cattivo stato del fondo stradale. L'encomiabile impegno di rifarlo è stato anche questa volta tardivo.
Lo stesso Vaccarella ha detto che su un tratto di 20 chilometri la strada era molto insidiosa perché resa sdrucciolevole dal rifacimento del manto non ancora stabilizzato".
Intervistato dallo stesso Casucci, l'allora presidente dell'Automobile Club di Palermo Nino Sansone assicurò che "adesso bisognerà pensare veramente al futuro della Targa Florio, ponendo mano alle infrastrutture di cui abbisogna, perchè la Targa è nata sulle Madonie e sulle Madonie resterà".
"Si comincerà - annunciò Sansone - istallando i guardrail lungo tutti i 72 chilometri del percorso e nel disporre reti di protezione là ove il tracciato appare più insidioso per i piloti e per il pubblico.
In un secondo tempo si penserà a deviarlo nei punti in cui esso, a Cerda e a Collesano, penetra negli abitati, un lavoro quest'ultimo che l'Anas si è già prospettato da tempo.
Rientra nei programmi della Regione Siciliana di valorizzare, anche turisticamente, la zona delle Madonie; la Targa, in Sicilia, sta a cuore a tutti".
In un secondo tempo si penserà a deviarlo nei punti in cui esso, a Cerda e a Collesano, penetra negli abitati, un lavoro quest'ultimo che l'Anas si è già prospettato da tempo.
Rientra nei programmi della Regione Siciliana di valorizzare, anche turisticamente, la zona delle Madonie; la Targa, in Sicilia, sta a cuore a tutti".
Le ottimistiche previsioni dell'avvocato Sansone ebbero l'epilogo che conosciamo.
La Sicilia non è il Principato di Monaco, dove ancor oggi le Formula Uno sfiorano ogni centimetro di guardrail di un circuito cittadino insidioso ma perfettamente attrezzato per garantire sicurezza ai piloti ed al pubblico.
Così, la Targa Florio è da decenni solo un morboso tema di ricordi per nostalgici ( e fra questi, forse, anche i lettori di questo post), e non più un reale motivo di vanto per i siciliani, incapaci di preservarne il ricordo con iniziative concrete: ad esempio, il salvataggio edilizio della gloriosa Floriopoli e la riproposizione di una prestigiosa versione storica sull'esempio della Mille Miglia.
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