Nella lunga lista dei furti d'arte commessi in Sicilia ve ne è uno clamoroso e quasi del tutto ignorato dalle cronache: quello compiuto 70 anni fa di una parte dei mosaici della famosissima Cappella Palatina di Palermo.
L'episodio risale ai mesi dell'occupazione alleata nell'isola, quando il generale americano della VII Armata George G.Patton - sul regale esempio dei precedenti dominatori normanni, svevi e spagnoli - stabilì all'interno di Palazzo dei Normanni il suo quartiere generale.
Patton aveva fatto il suo trionfale ingresso a Palermo il 22 luglio del 1943; ben presto, decise che la dimora reale sarebbe stata una degna sede per il suo soggiorno siciliano.
"Dal giorno in cui aveva fatto sistemare le sue stanze non lontano dai saloni dove, un tempo, le giovani donne della Tirza - la manifattura reale musulmana di stoffe preziose - tessevano la seta e l'oro al ritmo di melopee arabe sotto l'occhio attento degli eunuchi di corte, Gorgeous Georgie, Giorgetto il magnifico, come lo chiamavano i suoi soldati" - ha scritto Lucio Maria Attinelli in "Una stagione a Palermo", edito da Sellerio nel 2002 - "sembrava avere perduto la irritabilità leggendaria a profitto di languori del tutto orientali...".
La notizia della spoliazione dei mosaici avvenuta durante l'occupazione del Palazzo da parte di Patton venne resa nota a Palermo nel 1944 dal Sovrintendente ai Beni Culturali Mario Guiotto.
In una relazione tecnica che elencava i lavori di restauro compiuti nel monumentale edificio colpito da una bomba il 30 giugno del 1943, Guiotto precisava che dalla Cappella Palatina erano stati asportati i mosaici raffiguranti "le teste aureolate dei due angeli sulla fronte verso la nave dell'arco di trionfo e dei Santi Niceta ed Oreste nel primo e terzo medaglione del semi-intradosso Sud dell'arco stesso".
Come ha ricordato lo studioso Rosario La Duca sul "Giornale di Sicilia" del 25 luglio del 2000, "dati i tempi e le circostanze, non si fecero allora approfondite indagini sulla scomparsa ed il Guiotto si limitò a dire, 'non possiamo qui tacere il fatto increscioso che, durante il periodo di occupazione delle truppe americane, ignoti entrarono nel ricovero forzando le porte'".
Come ha ricordato lo studioso Rosario La Duca sul "Giornale di Sicilia" del 25 luglio del 2000, "dati i tempi e le circostanze, non si fecero allora approfondite indagini sulla scomparsa ed il Guiotto si limitò a dire, 'non possiamo qui tacere il fatto increscioso che, durante il periodo di occupazione delle truppe americane, ignoti entrarono nel ricovero forzando le porte'".
La Torre Pisana di Palazzo dei Normanni. La fotografia è tratta dal saggio di Daniel Simond "Sicilia", edito da Salvatore Sciascia nel 1956 |
Il furto dei preziosi angeli e santi bizantini, ovviamente, non potè che avvenire con la complicità ed il silenzio di chi era incaricato di controllare allora la sicurezza del quartiere generale americano: la "Military Police" ed gli stessi soldati ed ufficiali di Patton.
Ancora da Attinelli siamo così informati delle difficoltà di accesso a Palazzo dei Normanni:
Il generale George G.Patton durante l'offensiva alleata nell'isola, nei pressi di Brolo. La fotografia è tratta da Wikipedia |
Ancora da Attinelli siamo così informati delle difficoltà di accesso a Palazzo dei Normanni:
"Fin dal primo giorno, con quel saggio dosaggio di autorità e bonomia che lo caratterizzava, senza che mai il lato stravagante del personaggio si avvantaggiasse sul soldato, e senza che nessuno si sognasse di protestare, il Generale aveva saputo regnare con un pugno di acciaio sul piccolo mondo del Palazzo Reale, così propenso a tanti privilegi...
Così, anche se fin dal suo arrivo per gli abitanti di quel microcosmo nulla era più come prima, e il diritto di accesso come le rare visite dei parenti che vivevano fuori dal palazzo reale erano ormai regolati da un rigido sistema di lasciapassare concessi con il contagocce, tali erano il fascino e la popolarità del Generale che nessuno osò mai protestare. Sicurezza oblige. Inutile insistere, si diceva, i suoi ordini, come le sue decisioni, erano senza appello.
Solo il vescovo della Cappella Palatina - la cappella bizantina del palazzo - tentò un giorno, pare, di ottenere un permesso di favore. Lo chiese per una persona per la quale si diceva che il sant'uomo avesse un interesse particolare, non molto cattolico...".
Dopo la sorpresa e la recriminazione per il furto, il sovrintendente Guiotto dispose la sostituzione dei mosaici trafugati con rifacimenti tratti da fotografie e stampe, fissati su lastre di ardesia.
Nulla è stato invece mai fatto per approfondire le responsabilità del fatto; sull'episodio - del resto - sembra non sia mai stata presentata alcuna denuncia penale.
A settant'anni ormai da quella spoliazione della Cappella Palatina, l'immissione delle immagini di quei mosaici sulle banche dati on-line dei trafugamenti d'arte potrebbe forse riportare angeli e i santi Niceta e Oreste a Palermo.
Resta così ancora valida la considerazione espressa 13 anni fa da Rosario La Duca sulla vicenda:
"Forse gli ignoti, ma non troppo, avranno venduto questi pezzi di mosaico in Italia o in qualche altra nazione europea, ma è più probabile che angeli e santi della Cappella Palatina abbiano spiccato il volo verso qualche ospitale villa di qualche magnate americano".
Nessun commento:
Posta un commento