Suggestioni orientaleggianti del vulcano in sei fotografie pubblicate nel 1938 dalla guida "Sicilia", edita dall'Ente Nazionale Industrie Turistiche e dalle Ferrovie dello Stato
"La massa imponente e solitaria dell'Etna, distaccata dalle altre cime delle montagne, l'aspetto della sua vetta perennemente coperta dalla neve, il volto deserto dei suoi fianchi, la vegetazione feconda e ridente che copre la sua base, tutto fa pensare ad un massiccio dotato di una vita propria ed eccezionale, ad un territorio dove si è concentrata l'attività della natura"
Questa scenografica descrizione dell'Etna è contenuta nella guida "Sicilia" edita nel 1938 in lingua francese dall'Ente Nazionale Industrie Turistiche e dalle Ferrovie dello Stato.
Da quella pubblicazione - già oggetto di attenzione da parte di ReportageSicilia - sono tratte le fotografie di questo post.
Le immagini ci restituiscono diverse vedute dell'Etna, in gran parte realizzate a Taormina.
Il vulcano fa da sfondo ad un paesaggio d'inizio primavera, in un bianco e nero dai toni languidi e vaporosi; la memoria corre verso certe stampe raffiguranti il Fuji Yama, soggetto in quegli anni che in Europa conobbe una grande fortuna iconografica.
Le inquadrature dell'anonimo fotografo sono il frutto della ricerca di una suggestione ambientale che trae forza dall'assenza di ogni raffigurazione umana.
Trentaquattro anni dopo la pubblicazione di quegli scatti, la scrittrice Laura Papi avrebbe così descritto l'incontro con i paesaggi e con la natura dell'Etna:
"Il gigante incombe. Superati i campi di patate e gli agrumeti intorno a Fiumefreddo, ci troviamo circondati da un mare rosso e silenzioso, che scorre ad ondate mosso da un vento che non ci appartiene più.
Può essere questo, in primavera, l'incontro con l'Etna, con il mondo dei paesi che lo circondano e che gli si identificano nel continuo tentativo di sfuggirgli, respinti ed attratti da una inesorabile risacca verso spiagge di destino e di consanguineità.
Ora l'inverno si stempera in mattini di cristallo e il gigante dorme, blandito dal nettare sorseggiato alla coppa di Ulisse, e adagia le sue ultime pendici in sterminati campi di trifoglio in fiore.
Ma alzare gli occhi alla vetta richiede un imprevisto sforzo e cresce una nuova paura come chi dall'ultimo momento senta che sta per uscire dalle soglie dell'innocenza per imboccare quelle del destino: mai come in quest'aria tersa e immobile pesa il nodo fatale tra il male e li bene, la bellezza e la sua improvvisa negazione...
L'occhio che sale vede i tentacoli del mostro ritirarsi strisciando dall'erba, salire molli tra segale, viti, frutteti, castagni, betulle, sabbie; e il cono, ancora scintillante di neve, lassù tra le nebbie leggere si staglia a un tratto come un'ondata altissima che abbia calamitato uomini, paesi, fontane, barche, reti, e tenga tutto sospeso un attimo nel cielo, prima di precipitare.
L'Etna di diamante, chiuso nel suo silenzio, è spaventoso nel cielo sereno; intorno al sonno vigile dei suoi grandi occhi spenti si muove la vita di ogni giorno, che allo straniero appare come il ruotare di un grande orologio sommerso, mosse da enormi lancette lungo ore modestissime, sproporzionate..."
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