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lunedì 14 settembre 2015

MEMORIA DEI PITTORICI PAESAGGI DI BAIDA

Descrizione e immagini della borgata palermitana prima dell'avvento del cemento in un reportage del 1932 firmato dall'archeologa Jole Marconi Bovio


Il convento di Baida e, nello sfondo,
Palermo, il monte Pellegrino e la conca d'Oro
in una fotografia di G.D'Aguanno.
Le immagini del post vennero pubblicate
nell'agosto del 1932 dalla rivista mensile del TCI
"Le Vie d'Italia".
L'articolo porta la firma
dell'archeologa Jole Marconi Bovio

Da tempo ormai pochi palermitani considerano Baida un luogo degno di una passeggiata o di una visita alle strutture del secolare monastero benedettino, poi passato ai Carmelitani e in seguito ai frati Minori Osservanti di San Francesco.
Negli ultimi decenni, il caos edilizio ha infatti stravolto la quiete di una borgata un tempo considerata salutare per l'aria pura, le sorgenti di acqua minerale e per la presenza di giacimenti di carbonato di magnesio.
Se il colpo d'occhio su Palermo insomma rimane un'attrattiva paesaggistica di indubbio richiamo, il contesto ambientale locale è purtroppo simile a quello di tante altre anonime periferie urbane: cemento ed asfalto hanno cancellato le zone di pascolo e gli agrumeti, che tanto concorrevano a fare della borgata uno dei "luoghi ameni" della città.


La pineta del convento.
La fotografia è di G. D'Aguanno, opera citata

Il ricordo di quella Baida scomparsa è presente in un reportage pubblicato dalla rivista del TCI "Le Vie d'Italia" nell'agosto del 1932.
Autrice dell'articolo fu l'archeologa Jole Marconi Bovio ( 1897-1986 ), romana di origini ma con profonde radici familiari e professionali in Sicilia ( fu tra l'altro sovraintendente archeologica per la parte occidentale dell'isola ).


Sopra e sotto, due immagini delle colline di Baida.
Anche queste immagini sono di G. D'Aguanno, opera citata


Il suo racconto ( "Baida disegna quella bella collina ai piedi di Monte Cuccio, dove pare ci sia stato una volta un villaggio arabo.
Ma quella che è realtà, magnifica realtà di oggi - come fu di ieri e sarà sempre - è la ricca bellezza della collina cinta di agrumeti, e l'incomparabile visione panoramica della vallata che le si stende ai piedi, fino al mare, fino alla baia di Mondello..." ) venne corredato da alcune fotografie firmate da G.D'Aguanno e G.Pagano; le loro immagini ricordano il volto di un sobborgo palermitano diventato l'ennesima appendice edilizia della città.     

"Di tanto in tanto - scriveva Jole Marconi Bovioqualche modesta casetta o qualche solitario gruppo di villini mettono la loro nota chiara nel verde della vegetazione; spesso la via è aperta e il panorama si offre allo sguardo in continua varietà di aspetti a seconda dei punti di vista, ora limitata visione di agrumeti sul piano stesso della collina, ora ampio squarcio di valle coltivata, azzurrato dallo sfondo del mare, ora breve scorcio che lascia appena intravedere il lontano abitato di Palermo. 


Una strada sterrata che dava accesso al convento.
La fotografia è di G.Pagano, opera citata

Ma dal terrazzo del convento, il panorama è completo, largamente aperto, e lo sguardo si spinge in lontananza fino al biancheggiare delle case di Palermo e al golfo superbo fra il Capo Zaffarano e la massa del Pellegrino, alla chiara ed evanescente baia di Mondello, e, in mezzo, preziosa conca di smeraldo punteggiata d'oro, la valle opulenta, scintillante, colma di gioia e di ricchezze.
A sinistra il Monte Cuccio domina la ricchezza stesa ai suoi piedi, benevolo gigante ora chiaro da potervi contare e pietre e alberi nella purezza dell'aria, ora massa violacea nel pallore crepuscolare.


Il muro di cinta del convento.
Anche questa immagine è di G.Pagano, opera citata

Spettacolo indimenticabile al crepuscolo: la luce si spegne lentamente, incendiando le lontane case di Palermo, illuminando le cime, mentre in basso gli aranci scintillano in un'ultima vibrazione, poi impallidiscono, si confondono, oscurandosi, con la massa della verdura; e i valori si capovolgono, la superba ricchezza, la pienezza di vita vibrante di luci, di scintilii, di colori, di fasto gioioso, si ammorbidisce e si attenua armonicamente, si fonde nell'atmosfera violacea, in una squisita serenità obliosa, in un senso d'infinito..."

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