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domenica 29 dicembre 2024

LO "SPETTACOLO RARO E MERAVIGLIOSO" VISIBILE UN TEMPO DA SOLUNTO

Panorama dalle rovine di Solunto
in una fotografia di "Brogi"
pubblicata nel 1933 dal volume
"Sicilia" del Touring Club Italiano


Il sito archeologico di Solunto non è certo paragonabile per ricchezza del patrimonio architettonico a quelli più noti di Selinunte, Segesta o dell'agrigentina Valle dei Templi. Più di altri siti della Sicilia, continua però a riservare uno spettacolo paesaggistico che da solo merita la visita. Dai pochi resti di una città che fu ellenistica e romana, lo sguardo spazia verso la piana di Bagheria e la lontana catena montuosa delle Madonie, sino alla rocca di Cefalù. Quest'ultima - insieme ai profili di Alicudi e Filicudi, le più occidentali delle Eolie - nelle giornate più nitide si staglia con chiarezza sulla distesa del mar Tirreno. Negli ultimi 50 anni, le profonde trasformazioni del territorio - fortemente urbanizzato e segnato dalla costruzione di numerose strade - hanno ovviamente intaccato la originaria integrità ambientale di un paesaggio esaltato dai racconti di numerosi viaggiatori. Fra questi, figura quello di Leonida Coggi, geologo del Museo Geologico "G.Cortesi" di Castell'Arquato e più volte autore di reportage sul patrimonio naturalistico ed archeologico della Sicilia

"Solunto. Sopra lo sperone più meridionale del monte Catalfano - scrisse Coggi nel marzo del 1965 sulle pagine della rivista "Sicilia" edita dall'assessorato regionale al Turismo - le rovine della città, punica, ellenistica e romana, confuse nella frammentarietà armoniosa della riesumazione sapiente, quasi pareggiate col suolo dalle distruzioni dell'uomo e del tempo, parevano volersi ergere ancora verso l'alto, ai lati del decumàno, in un anelito di rinascita, più che le stesse colonne ritte e compiute del Gymnasium dorico. Ai piedi del monte, una distesa verdissima di agrumeti odorosi si allargava dalla costa fin oltre Bagheria, cingendo da presso l'abitato e i segreti giardini delle ville settecentesche, anch'esse chiuse e deserte. Il mare della baia di Porticello era uno smalto lucidissimo di azzurro intenso, punteggiato di gemme, le vele e le barche variopinte a pesca. Uno spettacolo raro, meraviglioso, una sinfonia perfetta e inconscia, un capolavoro..."

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