Una pagina del critico d'arte Giuseppe Bellafiore individua nel noto monumento palermitano una chiave di lettura della cultura popolare dell'isola
"La faccia esterna della Porta Nuova è importante nella storia dell'arte tardo-cinquecentesca siciliana perché registra la prima felice reincarnazione in veste siciliana dello stilismo della continentale Maniera.
E' il primo monumento in cui il temperamento insulare, a più riprese presente in Sicilia fin dal tempo dell'esplosione cromatica dei templi greci arcaici, reagisce beneficamente alla crisi di un'età di transizione.
I quattro grossi telamoni sono i caricaturali pupazzi delle farse paesane, i buoni e passivi 'cattivi' delle favole popolari.
E se è pur vero che l'arte si fa in questo caso folklore, si tratta di folklore legittimo di quello che, ad un livello provinciale è elemento costitutivo dell'orizzonte artistico".
Fra i molti modi di leggere un'opera architettonica, vi è anche quello di coglierne i segni del suo rapporto con i caratteri del costume e dell'indole locale.
L'efficacia e la pertinenza di questa lettura nel caso della Porta Nuova di Palermo - realizzata fra il 1583 ed il 1584 in piena età del Manierismo - furono dimostrate dalle considerazioni sopra citate di Giuseppe Bellafiore.
Il critico d'arte palermitano le espresse nel 1963 nell'opera "La Maniera italiana in Sicilia", edita da Palumbo Editore.
"La sua 'verve', la sua natura plastica e sanguigna registra l'incontro del Manierisno continentale italiano con il gusto indigeno dell'espressione colorita e forzosa.
Indubbiamente - concluse Bellafiore - la reinterpretazione in chiave di vernacolo è a danno della qualità ma non della resa espressiva che si fa generosa e sonora...".
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