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sabato 24 maggio 2014

LA SICILIA DI GAETANO PAGANO

Paesaggi, riti, volti e gesti dell'isola di quarant'anni fa raccontati dalle immagini dell'etnofotografo palermitano ed esposte nel 1998 nella mostra "Scrittura di paesaggio" 

Venerdi Santo ad Alimena.
La fotografia è datata 1971 e si deve allo scatto di Gaetano Pagano.
Le sue immagini hanno fatto da scenario per circa dieci anni
ai recital che il Folkstudio di Palermo
ha presentato in Italia e all'estero.
L'interesse di Pagano verso la documentazione
 e la ricerca del patrimonio culturale siciliano
risale alla fine degli anni Sessanta dello scorso secolo

"Le scritture del paesaggio siciliano, delle campagne e del mare di Sicilia, delle città e dei piccoli centri, sono rappresentabili utilizzando codici estremamente diversi a seconda di chi quelle scritture vuole leggere ed interpretare.
Si può essere semplicemente fotografi ed occuparsi delle forme o etnografi e registrare puntualmente contenuti e loro articolazioni.
Si può, infine, tentare di essere etnofotografi e registrare sulla pellicola momenti significativi della cultura che si sta osservando all'interno del suo ambiente fisico che ne costituisce lo scenario naturale ed intimamente la condiziona".
Gaetano Pagano, nel 1970 tra i fondatori del Folkstudio di Palermo, così descrisse nel 1998 la sua ricerca fotografica condotta prevalentemente in Sicilia e con uno spiccato interesse verso l'uomo e le sue espressioni culturali tradizionali.

Venerdi Santo a Palagonia ( 1978 )

Vampa di San Giuseppe
nella borgata palermitana dell'Acquasanta ( 1978 )


Le fotografie riproposte da ReportageSicilia furono selezionate dallo stesso autore in occasione della mostra "Scrittura di paesaggio", allestita dal 18 al 31 marzo di quell'anno a Palermo all'interno della chiesa di Santa Maria dello Spasimo.
Nel presentare le immagini, Pagano scriveva ancora di essersi convinto che "i tratti peculiari del paesaggio siciliano vanno rappresentati - possono essere rappresentati - anche da momenti di duro lavoro, di spensierata gioia, di incontri rituali".
Quindi l'autore degli scatti - fondatore di un archivio fotografico presso l'Istituto di Geografia dell'Università di Palermo - fornì una precisa lettura delle fotografie presentate dalla mostra e riproposte in questo post.

Gara di traino nelle campagne di Partinico ( 1975 )

Battitura dell'aia a Corleone ( 1971 )


Il passare dei decenni, se da un lato assegna oggi a quelle fotografie il valore di un documento storico, dall'altro non impedisce di osservarle riflettendo sulla progressiva scomparsa di quel mondo popolare descritto allora da Pagano.
"Diviene agevole intravedere dietro le linee geometriche delle restuccie bruciate - osservava l'etnofotografo - il lavoro dell'uomo segnato dal tempo e dalle stagioni in una sorta di dialogo con la terra e con le pietre; o intuire dietro la bucolica rappresentazione dell'uomo che, nella solitudine e nel silenzio, percorre, avanti e indietro, i segni dell'aratura le ansie e le preoccupazioni di una vita segnata dall'indeterminatezza quotidiana; leggere la campagna siciliana percorrendo la fatica dell'uomo che a stretto contatto fisico con l'animale rimane ore e ore a girare all'interno dell'aia per la battitura del grano.
Ma la campagna è spesso anche momento di gioia e teatro di competizioni. E' il caso delle gare di traino che vede impegnati gruppi di carrettieri in una sorta di processione per viottoli che si inerpicano lungo alture e colline, dietro ad un carro carico di diversi quintali e che un cavallo da tiro deve essere capace di trascinare per qualche chilometro e nel rispetto di una precisa grammatica procedurale.
Così come per il mare siciliano non può esservi rappresentazione che non includa il segno della tonnara e degli uomini che in essa prestano la loro sapiente opera.

Sopra e sotto,
mattanza a Bonagia ( 1971 )



La foto rappresenta il raisi, il capo riconosciuto della ciurma ( era ancora così circa venti anni fa, ora lo è meno poiché la mattanza da momento di lavoro collettivo è divenuta essenzialmente rappresentazione per turisti ) mentre si accinge ad assicurare la sua muciara al resto delle imbarcazioni che costituiscono il quadrato per dare inizio alla vera e propria mattanza, alla cattura del tonno e al loro carico sulle grosse imbarcazioni da parte dei remiggi.
La foto presentata rappresenta un omaggio alla maestria con la quale questi uomini sapevano muoversi, sincronizzando movimenti e dando vita a sinergie che facevano della cattura del tonno uno 'spettacolo'.

Aratura a Baucina ( 1971 )

Adesso non è più così ed ogni tonno, anche se di piccole dimensioni, viene issato a fatica e segnato crudelmente da arpioni che mani inesperte hanno ormai reso strumento di tortura.
Ed il paese dell'entroterra? 
Cosa è se non lo si legge e lo si interpreta come comunità controversa e variamente articolata, anche attraverso lo sguardo timoroso delle donne che si avviano al Calvario o attraverso la gioia scomposta dei ragazzini in processione?
E la grande città non è forse caratterizzata ancora dalla presenza di borgate e quartieri che, seppure ormai assediati da enormi palazzi ed insediamenti abitativi, vivono una autonoma identità culturale, orgogliosamente manifestata e rappresentata in contesti e paesaggi sempre meno tradizionali e sempre più disarticolati?".

Campagna ennese ( 1978 )

Nove anni dopo l'allestimento delle fotografie di Gaetano Pagano allo Spasimo, così lo studioso Ignazio Buttitta avrebbe definito l'attività dell'etnofotografo palermitano:
"La straordinaria qualità delle immagini di Gaetano è quella di essere stata realizzata con passione e partecipazione, con conoscenza dei processi e dei saperi che guidano i gesti e seguono i volti.
Questo le rende assolute, sottraendole ai privati vissuti e facendole assurgere a simboli, senza luogo e senza tempo, del lavoro dell'uomo".

        
   

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