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lunedì 23 marzo 2015

I MARI SICILIANI DI GIOVANNI COMISSO

Vedute costiere dell'isola del fotografo Rudolf Pestalozzi: nel 1953 illustrarono l'opera "Sicilia" del giornalista e scrittore veneto, cultore di terre e mari mediterranei


La spiaggia detta Scinà con la Torre delle Ciavole,
poco distante dal paese messinese di Gliaca.
Le fotografie del post vennero scattate
agli inizi degli anni Cinquanta
dal fotografo Rudolf Pestalozzi, opera citata
  

Le immagini del post documentano alcuni intonsi tratti di costa siciliana così come essi apparvero allo sguardo del fotografo svizzero Rudolf Pestalozzi; gli scatti furono pubblicati nell'opera di Giovanni Comisso "Sicilia", edita a Ginevra nel 1953 da Pierre Cailler, altre volte citata nei post di ReportageSicilia.
Dell'interesse del giornalista e scrittore per la Sicilia si è scritto appunto in precedenti occasioni.
Nato e vissuto a Treviso, viaggiatore instancabile, Comisso fu affascinato dalla cultura mediterranea e dalle terre legate al mito della cultura ellenica.


Costa jonica nei pressi di Taormina

Nel suo reportage - un peregrinare fra grandi città e sperduti villaggi, taverne di porti e vagoni di treni locali - lo scrittore si volge spesso verso i mari dell'isola, diversi per colori, riflessi e movimenti.
Sempre e comunque - nella Sicilia di Comisso - il mare è inizio e fine del paesaggio, allora non ancora sfregiato dagli impianti petrolchimici o dal cemento che oggi ne devasta una buona parte delle sue coste:


"L'Etna riapparve biancheggiante, sollevato nel cielo. Il mare si fece spumoso sotto la sferza dello scirocco, poi la terra si distese arsa e incolta. Spianate s'inclinavano lontano, monti brulli, fichidindia, qualche albero di carrubbe, cespugli di gerani selvatici e la costa rocciosa e nera infranta contro l'azzurro del mare ogni tanto illuminato dal verde dei fondali..."


Un altro litorale taorminese



"Lungo la riva del mare, il sole splendeva accecante e i paesi si susseguivano l'uno all'altro senza interruzione, accanto alle pendici rigogliose d'aranceti e di vigne..."

"Ricordo in tempi lontani, durante una guerra sulle Alpi, un mio soldato di Catania, al quale avevo chiesto se era bella la sua città, mi aveva risposto semplicemente: - E' porto di mare - con la forza del suo dialetto martellante. Da quei monti Catania risultava come una grande città luminosa nel riverbero del mare rivolto verso l'Africa, presente nel suo vino, che ci veniva dato per resistere al freddo, e nelle sue arance, che illuminavano la nostra mensa con frammenti di sole.
Non diceva quel soldato che Catania era bella e grande, diceva soltanto che era un porto di mare, come per dire il massimo possibile di una città..."


Costa palermitana

Una spiaggia sul golfo di Castellammare,
fra Palermo e Trapani



"Nel salire verso Erice la terra si rivela giù in basso nel verde degli orti e nel rosseggiare della spiaggia e dei monti a picco sul mare azzurro, i monti lontani nel mattino escono da leggere nebbie che presto il sole dilegua. Arido è il monte, su cui stà il villaggio, per quasi tutto il ripido pendio, ma quando si arriva alla cima fioriscono odorose le ginestre e poi un vasto bosco di pini, soave di resina al sole, nasconde le antiche mura che cingono come un santuario le case di Erice nitide nell'aria ventilata sempre dal mare. Dall'altro lato biancheggia di sotto Trapani con le saline e le isole lontane sono come sospese in un altro cielo..."

"Agrigento stava grigia sulla cima del lungo colle. tra essa e il mare discosto si elevavano gli scheletri degli antichi templi come ossature di cetacei arenati. Sulla terrazza dell'albergo vi era un telescopio e il padrone volle consigliarmi prima di scendere a visitarli di guardarli ravvicinati a uno a uno. il mare spumeggiava irrequieto e ogni tempio mi apparve nella luce della lente che lo ingrandiva come in una luce da acquario..."


Spiaggia sul versante meridionale dell'isola
  

Un anno dopo la pubblicazione del saggio edito da Cailler, Giovanni Comisso manifestò la sua difesa verso l'identità isolana della Sicilia esprimendo contrarietà alla progettazione di un ponte sullo stretto di Messina:

"Lo scopo di questo ponte è di abolire il ritardo al traffico fra Continente e l'isola, offerto dalla nave traghetto, e non si pensa di abolire quello determinato dalle strade infelici per tutto il percorso della penisola. Siamo cioè all'assurdo nel principio ideatore.
I siciliani, che per natura subito si lasciano prendere da entusiasmo per le novità, hanno trovato questa idea bellissima e sembra che abbiano già stanziato dei fondi, non so se per studi ulteriori o per l'esecuzione.
E' indiscutibilmente un'epoca allegra, quella in cui viviamo.
L'annuncio di questo ponte e il sostegno alla necessità della sua esecuzione, viene dato da una rivista che si pubblica a Firenze, cioè proprio in una città che, dopo dieci anni dalla distruzione bellica dei suoi ponti sull'Arno, non è ancora riuscita a ricostruirli tutti.


Sopra e sotto,
due vedute di Palermo e del monte Pellegrino



La Sicilia sta bene isolata, come è attualmente e come è sempre stata dal tempo in cui Ulisse vi navigava attorno.
Si dice questo senza alcuna vena d'ironia, ma perché il suo valore, che è tutto turistico, si accresce appunto con questa breve sosta nel giungervi.
E' questo senso di distacco dall'ultima pendice d'Europa, a Villa San Giovanni, che potenzia l'attrattiva, con la certezza di andare in un'altra terra ideale.
E quei tre quarti d'ora per il passaggio navigando non si devono mettere nel tempo perduto, ma guadagnato a oltranza, sia di giorno che di notte coi panorami diversi che riempiono d'incanto..."





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