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martedì 10 marzo 2015

LA REMOTA ISPIRAZIONE CONTADINA DI RENATO GUTTUSO

Dieci disegni al 1949 ed uno scritto del pittore bagherese  pubblicati in "Contadini di Sicilia", un raro volume edito nel 1951 da Edizioni di Cultura Sociale




Nel 1951 Renato Guttuso aveva 39 anni; da almeno venti, il centro della sua vita artistica si era spostato da Bagheria a Roma.
In quel periodo, Guttuso era entrato a far parte del Comitato Centrale del partito comunista italiano, continuando un percorso politico iniziato nel 1940 e che alla fine degli anni Settanta lo avrebbe portato sino all'incarico di senatore della Repubblica.
Proprio nel 1951, le Edizioni di Cultura Sociale dirette da Roberto Bonchio - che due anni dopo sarebbero diventate Editori Riuniti - pubblicarono a nome di Renato Guttuso nella collana "Il disegno popolare" l'opera "Dieci disegni sui contadini di Sicilia".







Oggi quella pubblicazione è poco nota, o comunque di difficile reperibilità nell'ampio catalogo di volumi, saggi e monografie dedicate all'artista.
Scovatane una copia in una bancarella romana di libri usati, ReportageSicilia non poteva che riproporne i contenuti altrimenti destinati a rimanere perlopiù sconosciuti.
Il materiale è interessante, perché documenta il rapporto profondo fra il pittore e Bagheria, che in seguito sarebbe stato sempre più mediato dalle esperienze dei salotti romani.
In "Dieci disegni di contadini siciliani", lo stesso Guttuso illustra l'ispirazione contadina e siciliana della sua arte ed i legami con le opere letterarie di Ignazio Buttitta e Giacomo Giardina. Con accenti quasi commossi, Guttuso sottolinea il legame profondo e remoto con quell'ambiente, riconoscendone il ruolo fondante nei suoi temi espressivi. 
I disegni che illustrano il volume furono realizzati in origine per il quadro "Occupazione delle terre incolte in Sicilia" ( 1949 ).  Nella nettezza del segno, esprimono la forza di quel legame fra Guttuso e l'isola delle lotte per la terra, drammaticamente segnate dalle uccisioni di numerosi sindacalisti e dall'eccidio di Portella delle Ginestre.   





Il pittore bagherese dedicò il volume "ai miei compagni contadini" e ne anticipò la prefazione con una poesia dello stesso Buttitta:




"Mancianu picca e paganu li tassi
Sti puvireddi di lu mè paisi
Cu ccentu pezzi supra li cammisi
Ed agghimmati comu li compassi"




La lettura della prefazione ai disegni rivela lo stretto contatto umano ed artistico fra Renato Guttuso e con quella Sicilia rurale segnata nel secondo dopoguerra dalle lotte per la terra, contro feudatari e mafiosi.







Il pittore bagherese - già allora da anni pienamente inserito nella vita artistica italiana, fra Roma e Milano - rivendica la piena appartenenza al mondo rurale dell'isola ed ai personaggi che lo popolano ( "... i contadini siciliani che hanno nel mio cuore il primo posto, perché io sono dei loro, e i cui volti mi vengono continuamente davanti agli occhi qualunque cosa io faccia... il mio amore per i contadini siciliani è solidarietà con le loro lotte, è parte stessa, benché minima, della loro storia..." ).
Negli anni successivi, il legame fra Guttuso e la Sicilia sarebbe rimasto saldo soprattutto per l'ispirazione artistica dei suoi temi pittorici.



L'artista di Bagheria è uno di quei siciliani che ha deciso di allontanarsi dalla sua terra e non è un caso che una delle opere più note al grande pubblico - "La Vucciria", del 1974, che Sarah Whitfield definì "il più appassionato omaggio di Guttuso alla Sicilia" - sia stata realizzata nel suo studio di Velate, in provincia di Varese.
   
"I disegni qui raccolti sono quasi tutti recenti.
Sono, in parte, relativi al mio quadro del 1949 'Occupazione delle terre incolte in Sicilia' che fu esposto nella Biennale d'Arte a Venezia nel 1950.
I disegni sono recenti ma credo siano legati alla mia ispirazione più profonda e remota.
Alla mia infanzia, alla mia gente, ai miei avi contadini, a mio padre agrimensore, ai giardini di limoni e di aranci, alle pianure del latifondo familiari al mio occhio ed al mio sentimento, da che son nato.








Alcune di queste facce le vidi la prima volta nella divisa militare dell'altra guerra. Volti sui quali si erano addensati, accanto ai vecchi, nuovi segni di sofferenza. Ricordo volti che non tornano più e pianto delle spose, in quegli anni, e delle madri. Ricordo il volto impassibile di un vecchio contadino a cui mio padre dovette annunziare la morte del figlio al fronte, che sembrò accogliere la notizia con indifferenza, quasi non lo riguardasse, che parlò un poco del raccolto e della pioggia e quando uscì da casa nostra cadde a terra morto di dolore.
Ricordo i carrettieri ai quali mi accompagnavo sulle trazzere, al tempo dei miei primi disegni, e le loro canzoni, sotto il sole, che non mi sono più uscite dalla mente.
Ricordo i contadini in rivolta la sera che bruciarono i casotti del dazio, nell'agitazione contro il 'comune chiuso' nel 1919; e fu quella la prima volta che vidi una bandiera rossa agitarsi nel cielo notturno ai bagliori delle fiamme.
Poi i contadini cominciarono a frequentare la stanzetta che avevo adibito a studio; ad assistermi e a farmi da modelli in quei primi esercizi. Venivano tutti i giorni da me giovani e vecchi contadini, modelli e amici, contadini e poeti, spesso la sera ci vedevamo con Ignazio Buttitta, poeta e comunista, con Giacomo Giardina, pecoraio e poeta, che oggi fa il venditore ambulante fra Bagheria e l'interno, autore di pagine tra le più belle e fresche che siano mai state scritte sui contadini ( pagine di un romanzo autobiografico che non fu mai pubblicato ).
Dipinsi anche, in quegli anni, il ritratto di Giuseppe Nicolosi Scandurra, contadino e decano dei poeti siciliani.
I loro volti mi riapparvero poi sempre e popolarono il mio primo quadro di grandi dimensioni 'La fuga dall'Etna' nel quale raccontavo l'esodo dei contadini cacciati dall'eruzione.



Nel 1946 e nel 1947 tutta la Sicilia entrò in agitazione per la occupazione delle terre. Fui anch'io in Sicilia in quel periodo, partecipai alle loro riunioni, alle loro discussioni, alle loro agitazioni. I volti della mia infanzia si mischiavano ai nuovi volti, i vecchi ai giovani, alle donne, ai bambini affamati. Gli occhi umidi di commozione dei vecchi sui carretti alle facce decise dei giovani. I contadini si muovevano all'alba o addirittura nel cuore della notte, coi muli, gli asini, i carretti, gli aratri, le zappe, le bandiere. Qualcuno cantava, qualcuno suonava il mandolino o la chitarra.
Quei suoni si mischiarono poi al suono delle fucilate. Quelle tirate dal moschetto 91 della 'forza pubblica' ovvero della gente chiamata a difendere i baroni e quelle tirate dalla doppietta dei sicari della mafia.
Cominciò la strage dei capilega, 36 combattenti contadini uccisi in un anno. Da Gerolamo Li Puma ucciso in presenza del figlio undicenne mentre zappava la sua vigna, agli altri, a D'Alessandro, a Cangelosi, ai contadini, bambini, uomini e donne massacrati a Portella della Ginestra, fino all'ultimo di qualche mese fa il contadino comunista Damiano Lo Greco ucciso in piazza a Piana dei Greci perché protestava contro le passeggiate di guerra del generale americano in Italia.



Contadini siciliani che hanno nel mio cuore il primo posto, perché io sono dei loro, e i cui volti mi vengono continuamente davanti agli occhi qualunque cosa io faccia. Contadini siciliani che sono tanta parte della storia d'Italia e che hanno dato tanto contributo di sangue alla storia che essi, sotto la guida della classe operaia, stanno scrivendo la storia per il nostro Paese, per una Sicilia indipendente e capace di rompere quella gabbia di miseria, di mafia, di feudo che la opprime da secoli, in una Italia libera dalle sue piaghe, indipendente e pacifica. Il mio amore per i contadini siciliani è solidarietà con le loro lotte, è parte stessa, benché minima, della loro lotta.
Questo senso vuole avere questa raccolta. Questi disegni non sono fatti per gli amici del Caffè Greco, dell'Age d'Or o della 'Brasserie d'Alesia', non per la Biennale, per il Salon, per la Quadriennale, per l'Art Club. Non sono fatti per questi ambienti, per queste istituzioni, nel senso che non sono fatti solo per loro. Ma per tutti, per tutto il popolo italiano e, primi fra tutti, i contadini siciliani; per i contadini di Bagheria, di Misilmeri, di Baucina, di Valguarnera, di Lentini, di Comiso, per mio nonno Ciro Guttuso garibaldino, e per mio padre Gioacchino Guttuso, agronomo e libero pensatore"     

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