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lunedì 8 agosto 2016

ARTE DEVOZIONALE E POPOLARE NEI COLLARI DEL RAGUSANO

Una pagina dell'etnologo Antonino Uccello tratta dalla guida della "Casa museo di Palazzolo Acreide" racconta origini e valore religioso di oggetti un tempo destinati ad ornare il collo di buoi e pecore


Un pastore ragusano incide un collare destinato ad una mucca.
Questi oggetti venivano costruiti con legno di bagolaro
e scolpiti o dipinti con scene di vita pastorale o religiosa.
Le fotografie del post sono tratte dall'opera
"Antonino Uccello, Casa museo di Palazzolo Acreide",
edita nel 2001 dalla Regione Siciliana

Nel 1972 Antonino Uccello pubblicò l'opera "Folklore siciliano nella Casa museo di Palazzolo Acreide", nei cui ambienti - "a casa ri stari" e "a casa ri massaria" - l'etnologo raccolse oggetti e testimonianze della cultura contadina degli Iblei.
Il volume nacque come una sorta di "guida" del museo, che aveva aperto i battenti al pubblico il 27 novembre del 1971 e che altro non era che la casa stessa di Uccello, aperta gratuitamente ai visitatori.
Quella pubblicazione, diventata nel frattempo introvabile, è stata ristampata nel 2001 con il titolo "Antonino Uccello, Casa museo di Palazzolo Acreide" dall'Assessorato dei Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana.



Tra le molte forme di espressione artistica di origine rurale e pastorale tramandate da Uccello - definito da Stefano Malatesta "lo sciamano di Palazzolo" nelle documentate pagine de "Il cane che andava per mare e altri eccentrici siciliani" ( Neri Pozza, 2000 )  - figurò quella espressa dai costruttori dei collari destinati a mucche e pecore; oggetti in cui veniva espressa una capacità figurativa spesso ispirata dalla devozione religiosa:

"Nella stalla - scrisse nel 1972 Antonino Uccello - si sogliono conservare i campanacci per le mucche e le pecore, uno appresso all'altro, infilati in un bastone disposto in alto, in senso orizzontale.
Attendono le prime giornate d'incipiente primavera, l'erba novella che verzica di febbraio, quando le mucche vengono 'incampanate' - come dicono i contadini - e lasciano le stalle per i verdi pascoli.
Il campano è opera di esperti fabbri, e viene venduto nelle fiere in occasione di sagre paesane.



Il collare viene di solito eseguito dagli stessi contadini o pastori in legno di bagolaro ( 'favaràgghiu' o 'minniccu' ); l'albero viene abbattuto in agosto o in gennaio, in fase di luna crescente, perché non si tarli; viene poi ridotto in strisce, che saranno successivamente ripiegate con acqua calda o siero di ricotta.
Nelle lunghe giornate di pioggia o durante la custodia dell'armento o del gregge, il contadino, o il pastore, incide sul collare le sue immagini: santi patroni, scene di vita vissuta, motivi decorativi.
A volte i collari vengono anche dipinti con una mano di colore oppure con una sapiente policromia: questi manufatti hanno rappresentato l'orgoglio dell'artista popolare e del fortunato massaro che riusciva a venirne in possesso.


Un collare che raffigura una scena pastorale:
contadini in costume modicano
confezionano la ricotta

I piccoli collari per gli ovini, ovviamente più piccoli, sono incisi con motivi decorativi a cellette, a cuori, a fiori, ecc. ecc., che costituiscono un vero e proprio ricamo al collo della pecora: non si dimentichi, d'altronde, che l'incisione del collare è detta in dialetto 'arraccamu', cioè ricamo.
Nelle fiere, in occasione di feste patronali, le mucche più prestanti avanzavano con questi collari, splendidi d'incisioni: vi facevano spicco le immagini di Santa Lucia, di San Corrado di Noto, di San Paolo di Palazzolo, e scene con landò, aquile bicipiti e monocipiti, pastori al pascolo, ecc., com'è possibile osservare nella ricca serie di collari appesi nella stalla e in parte anche nella 'casa di masseria'"


Collare con la raffigurazione
di San Giorgio ed il drago


Anni dopo, nel 1999, Giuseppe Licitra avrebbe aggiunto queste indicazioni sull'utilizzo di collari e campane tra i bovini e gli ovini del ragusano:

"Il massaro - si legge in "Il Ragusano. Storie e paesaggi dell'arte casearia" ( Federico Motta Editore ) - sceglieva la vacca 'leader', in realtà quella che tra tutte si era dimostrata tale, e le affidava  un collare con la 'campana dominante'.
A più vacche venivano assegnate delle campane di qualità e dimensioni diverse, capaci di emettere suoni particolari accuratamente scelti dai massari più attenti.
Gli anziani raccontano che dall'armonia dei suoni degli animali al pascolo il massaro riusciva a percepire il loro stato di benessere..."



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