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giovedì 27 dicembre 2018

I QUARANT'ANNI DALLA STRAGE DEL DC-9 "ISOLA DI STROMBOLI"

Il recupero di una parte del DC 9 "Isola di Stromboli"
caduto in mare dinanzi l'aeroporto di punta Raisi,
il 23 dicembre del 1978
Quarant'anni dopo la tragedia, un fatiscente cippo commemorativo a Marina di Cinisi guarda ancora il mare dove il volo AZ4128 - un DC 9 Alitalia denominato "Isola di Stromboli" partito da Roma - planò sulle onde - a 1,5 miglia nautiche dalla costa - toccandole con l'ala destra e ammarando con una violenza da tale da spezzarsi in tre tronconi.
Da 37 minuti e 59" era trascorsa la mezzanotte del 23 dicembre del 1978: morirono 91 persone, compresi i 5 componenti d'equipaggio.
Di altri 17 passeggeri non vennero mai recuperati i corpi, i feriti furono 21.
La strage - 6 anni dopo quella di montagna Longa, costata 115 vittime - alimentò la pessima fama dell'aeroporto di punta Raisi; un'ombra che in quella drammatica vigilia di Natale venne accentuata da circostanze che denotarono i pericolosi limiti operativi dello scalo. 
I soccorsi al DC-9 finito in mare furono affidati per oltre un'ora ai pescherecci di Terrasini perché i mezzi navali di emergenza quella sera erano fuori uso; parte delle luci sulle piste risultarono spente e non vi era ancora la dotazione dell'ISL, il sistema radioelettrico di atterraggio strumentale di precisione.
Le lacune tecniche furono poi aggravate dalle perplessità sollevate dalle modalità grazie alle quali un DC-9 dell'Aeronautica con a bordo il ministro della Difesa Attilio Ruffini avrebbe avuto la precedenza per l'atterraggio rispetto al volo dell'"Isola di Stromboli".
Una sentenza pronunciata nel 1987 non trovò colpevoli per la strage, imputata unicamente alla presunta imperizia dei piloti, anch'essi morti nell'incidente.


"L'inchiesta su questa difficile ricerca della verità - scrisse Vincenza Toscano in "Giù le maschere" ( Gruppo Editoriale Veneto, 1988 ) - per quanto condotta dalla magistratura con impegno e retta intenzione non ha portato in primo piano i veri responsabili del disastro, dei soccorsi a mare e del recupero delle salme.
Se la sono cavata un po' tutti, dai Direttori agli operatori radar, alle apparecchiature e, ahimè, anche i preposti alle stesse Istituzioni ridondanti di responsabilità" 

Nessuno pagò per le omissioni tecniche che di certo favorirono il disastro e che aggravarono il bilancio delle vittime e dei dispersi: alcuni corpi scomparvero infatti per sempre in mare a causa delle improvvisate ( e sciagurate ) modalità di recupero dei tronconi dell'aereo.
Le ricerche delle 17 persone disperse - sollecitate dai familiari - andarono avanti per un paio di mesi: le reti a strascico di quattro pescherecci noleggiati dal ministero dei Trasporti e dall'Aviazione Civile riuscirono però ad imbrigliare solo un teschio allora mai identificato.  
Per molti anni a venire, pezzi del DC9 furono esposti in mostra all'interno di un deposito di rottamazione di una famiglia con un cognome mafioso: portelloni, maniglie ed altri reperti dell'"Isola di Stromboli" diventarono i souvenir di una vicenda dolorosa ed incapace di rispettare il valore della memoria.  

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