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mercoledì 29 marzo 2023

L'INCHIESTA DI ROBERTO CIUNI CHE NEL 1961 SVELO' IL "SACCO" DI PALERMO

Edilizia a Palermo.
Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia
Le piante viarie di Palermo
sono tratte dal giornale "l'Ora"
del 24 giugno 1961


Secondo l'Istat, nel 1951 Palermo contava 490.692 residenti; 130.000 abitavano nel centro storico da pochi anni martoriato dal secondo conflitto mondiale, che - secondo quanto hanno scritto Samuel Romeo e Wilfred Rothier in "Bombardamenti su Palermo. Un racconto per immagini" ( Istituto Poligrafico Europeo, Palermo, 2017 ) - "rese inabitabili circa 69.000 vani ... devastando il 42,3 per cento della città". Nel 1971, i residenti nel centro storico erano appena 35.000, su una popolazione complessiva salita a 642.814 persone: un'esplosione demografica che aveva fatto lievitare l'area urbanizzata da 600 a 5.000 ettari, frutto di quello che è passato alla storia come il "sacco edilizio" politico-mafioso di Palermo. L'origine di questa definizione è stata ricordata nel 2019 da Fabrizio Pedone in un'altro saggio edito a Palermo dall'Istituto Poligrafico Europeo, intitolato "La città che non c'era. Lo sviluppo urbano di Palermo nel secondo dopoguerra". Vi si legge che la definizione "sacco edilizio" venne introdotta per la prima volta in Italia nel 1954 in un saggio-denuncia dall'esponente politico comunista Aldo Natoli - messinese di origine - per definire il fenomeno della speculazione edilizia a Roma. Nello libro di Pedone, si ricorda che fu il giornalista Roberto Ciuni a utilizzare per primo a Palermo la definizione coniata da Natoli per descrivere nel 1961 il dispiego di cemento che stava stravolgendo il capoluogo dell'Isola. Ciuni impiegò l'espressione "sacco edilizio" sulle pagine del quotidiano "l'Ora" in un'inchiesta in tre puntate. Gli articoli - un prezioso e dettagliato "excursus" sui retroscena politici ed amministrativi che favorirono la speculazione edilizia palermitana - furono pubblicati il 24, il 27 ed il 30 giugno di quell'anno. Il giornalista stabilì con precisione nel novembre del 1952 l'avvio del "sacco" cittadino, promosso allora grazie ad una convergenza d'interessi che misero insieme amministratori e burocrati locali e stimati professionisti; un "affare sporco" che presto avrebbe chiamato in causa piccoli e grandi costruttori edili destinati ad arricchirsi sotto l'ala protettrice, parassitaria e violenta della mafia. A fare le spese della pianificata speculazione edilizia fu il centro storico di Palermo danneggiato dalle bombe della guerra e fatto oggetto di un piano di risanamento rimasto artatamente inattuato: la creazione di nuovi quartieri periferici lungo l'asse di via Sciuti e della piana dei Colli avrebbe infatti garantito ben altri affari.  Prologo all'operazione, ricordò Ciuni, fu nel 1948 l'alleanza di personaggi "grossi e piccoli" delle vecchie amministrazioni fasciste sotto il simbolo della Democrazia Cristiana e con il coinvolgimento progettuale della Società Generale Immobiliare, controllata dal Vaticano.  



"Non sono lanzichenecchi all'attacco - scrisse Roberto Ciuni -  sono professori universitari, industriali, proprietari terrieri, giovani avvocati, chiunque, insomma, stia bene con la Curia. E' un sacco condotto con mappe e carte catastali in mano, con arbitri cui il beneplacito del Comune dà veste legale e tutto si svolge in una specie di ovatta che impedisce alla maggior parte dei palermitani di accorgersi di cosa sta succedendo. Ed il primo lancio del nuovo gruppo di potere è Villa Sperlinga... Siamo nel novembre del 1952. La palazzina del professore Scaduto, alla fine di via Giusti, si affaccia sulla Villa Sperlinga, una grande, disordinata, selvaggia distesa di verde ai confini tra la città e la campagna, che offre un colpo d'occhio bellissimo. Probabilmente gli alberi secolari della Villa arrivano coi rami davanti alla finestra aperta della stanza dove lavora il nuovo sindaco di Palermo: il cinguettìo degli uccelli gli va all'orecchio mentre "studia" la situazione che ha trovato a Palazzo delle Aquile e le cause della grossa borghesia agraria che difende gli scorpori. Villa Sperlinga è lì, davanti ai suoi occhi; eppure nessuno vede che da qualche giorno ignoti boscaioli tagliano gli alberi uno ad uno e, per fare in fretta, usano addirittura piccole cariche di tritolo. Il panorama verde che si può godere dalla finestra del sindaco si assottiglia sempre più ma nessuno se ne accorge: né il professore Scaduto, né i suoi collaboratori. Almeno così dice il sindaco alzandosi a parlare verso la fine della quarta seduta del nuovo Consiglio. "Sapete", dice press'a poco "è inutile che continuiamo a discutere, tanto il parco di Villa Sperlinga non esiste più. Debbo darvi una brutta notizia: ignoti vandali da qualche tempo tagliano gli alberi". E' pallido, il professore Scaduto. Sembra che si appoggi al microfono che tiene con tutte e due le mani. Lui così minuto, pallido, cogli occhiali a stanghetta, sembra imbarazzato. Ha tentato tutto il pomeriggio di spiegare al Consiglio la necessità di approvare una convenzione fra il Comune e la Società Edilizia Villa Sperlinga: prima con toni suadenti, poi patetici, poi drammatici ha detto che si tratta di un buon affare, in quanto concedendo alla società il permesso di edificare su 60.000 metri quadrati della Villa ( zona prima vincolata a verde dal Piano di Ricostruzione della città ) si ottengono 18.000 metri quadrati di terreno, in compenso, per il Comune. C'erano state obiezioni: il terreno deve diventare un parco pubblico, bisogna salvaguardare un'oasi di alberi nel cuore di quello che sarà un nuovo quartiere, e così via. Il sindaco aveva insistito per alcune ore a controbattere ogni tesi, ogni intervento. Poi, gettata la spugna, disse candidamente che "bisognava" ormai accettare la convenzione perché la Villa Sperlinga non c'era più. Finì a tumulto in aula: e il professore Scaduto, mettendo ai voti l'approvazione della convenzione, mentre ancora i consiglieri riflettevano sulla gravità delle sue affermazioni, ebbe la delicatezza di aggiungere che si sarebbe astenuto dal votare perché di quell'affare s'era occupato il suo studio legale. Tenete presente questa data: novembre 1952. E questa seduta di Villa Sperlinga. Fino alle elezioni del 1952 nel dopoguerra, gli amministratori della città avevano svolto il loro ruolo navigando nel piccolo cabotaggio. Villa Sperlinga segna l'inizio delle grandi speculazioni, dei grandi favoritismi, dei Piani regolatori che si fanno e si disfanno, delle strade disegnate secondo "come voscienza comanda" e compagnia bella...



Cos'era la Società Edilizia Villa Sperlinga? Lì per lì i consiglieri comunali, presenti alla seduta del novembre 1952, credettero che si trattasse di una "manata di amici" che il sindaco volesse favorire. Ma l'amico era uno solo: l'Immobiliare. Se i consiglieri comunali avessero avuto il tempo di documentarsi, avrebbero potuto rispondere a Scaduto aprendo a pagina 27 il volume che contiene il bilancio del 1952 della Società Generale Immobiliare: "La nostra controllata, Società Edilizia Villa Sperlinga, ha stipulato in data 15 dicembre una convenzione con il Comune. La convenzione diverrà esecutiva con l'approvazione della variante al Piano di Ricostruzione". Villa Sperlinga non era niente altro che la prima operazione in grande stile dell'Immobiliare a Palermo. Il professore di diritto civile Gioacchino Scaduto, ed il professore Pietro Virga aprivano le porte delle ville palermitane alle speculazioni delle grandi anonime edilizie d'emanazione vaticana. In quei tempi nasceva il gioco delle aree che avrebbe determinato lo sviluppo attuale della città. Era un gioco nell'apparenza molto complicato, ma, in fondo, estremamente semplice. Si trattava di acquistare un pezzo di terreno in quella che allora era la campagna intorno alla città; poi di cederne la parte più lontana al Comune perché vi costruisse case popolari. In tal modo restava al nuovo proprietario una speculazione facile ed estremamente remunerata. Il Comune, infatti, doveva provvedere a portare nella zona delle case popolari tutti i servizi, e così i tubi dell'acqua, le linee sotterranee e aeree del gas, della luce, dei telefoni, le strade, che venivano a passare per le aree che i furbi proprietari si erano conservate. Ecco perché si prese a parlare a Palermo dei "villaggi satelliti", grandi zone di ampliamento fuori dal Piano di Ricostruzione. 



Il primo fu il Villaggio Cardinale Ruffini. Vi sorgeva un agrumento colpito dal malsecco: i problemi che si potevano risolvere con un perito agrario li risolse il piccone. L'area fu comprata per poco prezzo dall'Istituto Pignatelli, presieduto dal Cardinale, gli agrumi furono abbattuti, e si cominciò a costruire il Villaggio che avrebbe portato il nome di Ernesto Ruffini. L'operazione costò più di mezzo miliardo per portare in quella zona acqua, luce, gas, strade, eccetera. Come se ci fosse un piano di speculazioni preesistente, gli assalti alle aree lontane dal centro divamparono. Il "girato La Rosa", oggi Rione delle Rose, Villa Tasca, Villa La Conigliera, oltre a Villa Sperlinga, i fondo Spatafora e tanti altri. A Villa Tasca, l'Immobiliare intende realizzare un duplice obiettivo: "risanare" a suo modo il Monte di Pietà e portare gli abitanti del rione in fondo a Corso Calatafimi, in un quartiere nuovo, effettuando così una duplice speculazione. Naturalmente non troveremo traccia ufficiale della presenza dell'Immobiliare se non per i bilanci della stessa società. Leggiamone insieme un brano ( bilancio del 1952, sempre a pagina 27 ):

"Il 14 luglio del 1952 ( un mese e 19 giorni dopo le elezioni del 26 maggio e una settimana dopo che Scaduto diventa sindaco e Virga assessore ai Lavori Pubblici, n.d.r. ) abbiamo costituito con Banco di Sicilia e la Cassa Centrale di Risparmio per le province siciliane, l'Istituto per il Rinnovamento Edilizio di Palermo ( IRE-Palermo ) con il capitale di dieci milioni elevabili ad un miliardo, che si propone di realizzare un vasto programma di risanamenti, nel grande comprensorio centrale delineato dalla Via Maqueda, Corso Vittorio Emanuele, Duomo, Papireto, ed il Teatro Massimo ( è il perimetro del rione Monte di Pietà ). Abbiamo assunto le funzioni di organo tecnico dell'IRE-Palermo e sono in corso importanti studi. La IRE Palermo ha poi dato luogo in data 20 ottobre 1952 alla costituzione dell'Istituto per la bonifica edilizia di Palermo ( BONEDIL ), Società per azioni senza finalità di lucro, che si propone di costruire un nuovo quartiere in espansione della città, ove alloggiare gli abitanti della zona centrale da risanare. In base all'incarico di fiduciario conferitoci dal BONEDIL abbiamo già acquistato un rilevante comprensorio di aree nel Corso Calatafimi e verrà prossimamente attivato il primo quartiere con 216 alloggi, 1045 vani e 66 botteghe artigiane, per una spesa di circa 506 milioni, ammesso al contributo del 5 per cento all'anno per 35 anni in base alla legge regionale 12 aprile 1952". Saltiamo al bilancio 1953 dell'Immobiliare: "In applicazione delle larghe provvidenze disposte dalla Regione Siciliana sono in complesso in costruzione nel comprensorio di aree acquistate dal BONEDIL a Villa Tasca sul Corso Calatafimi e di altre in località Noce espropriate dalla Regione, edifici per una spesa complessiva di 1 miliardo e 100 milioni ed è programmata la messa in cantiere di un altro nucleo edilizio per una spesa di circa 500 milioni". Il gioco dell'Immobiliare è chiarissimo: fonda una società senza scopo di lucro per potere ottenere le provvidenze della Regione; ma si guarda bene da usare la stessa terminologia per risanamento del rione Monte di Pietà. Se il colpo gli riesce, mezza città è sua: le case di 80.000 persone, le botteghe della Palermo povera del Capo, del Papireto, di San Biagio, di Piazza San Cosma sfumano come nebbia al sole per consentire una massiccia speculazione ammantata da una cappa nobilissima di interesse sociale: già, scompariranno i catoi..."



E' a questo punto dell'avviato "sacco" edilizio di Palermo che il Comune mette in moto i "Piani di ampliamento al Piano di Ricostruzione", coinvolgendo iniziative esterne a Palazzo delle Aquile

"Quella che avrebbe dovuto essere una indicazione di pubblica utilità - scrive ancora Roberto Ciuni - viene riproposta da enti o da privati certo poco preoccupati da questioni urbanistiche ma molto dai prezzi dei terreni lontani dal vecchio centro che vanno salendo vertiginosamente. E' a questo punto che il sindaco Scaduto stipula una serie di convenzioni nelle quali si stabilisce la rete viaria, accettando quella richiesta dai privati e già indicata nei Piani di ampliamento. Praticamente interessi spesso non pubblici daranno da ora innanzi un loro senso allo sviluppo della città. Le convenzioni firmate dal sindaco e tutti terreni che esse valorizzano, riguardano una grande striscia di terreno delimitata, grosso modo, dalla strada ferrata Palermo-Trapani a monte, e dalla via Libertà a valle; questa lingua di terreno parte all'altezza della via Rapisardi e termina in asse allo Stadio Comunale. Sono circa 700.000 metri quadrati. Servite da tutti gli allacciamenti che il Comune deve effettuare, abilmente tagliate secondo un Piano Regolatore che non sposterà una virgola dagli interessi dei privati, le aree di questa zona daranno un utile complessivo di circa 30 miliardi. A parte ogni considerazione urbanistica, questo è il prezzo dei rialzi consentiti dalle convenzioni. Il primo accordo firmato è quello con l'Istituto Autonomo delle Case Popolari. La famiglia Terrasi ha venduto all'IACP una zona detta "girato La Rosa", l'ultimo tratto di quella che oggi è via Brigata Verona. L'IACP chiede una convenzione per costruirvi case popolari. L'ottiene. Sullo slancio di questo accordo la famiglia Terrasi, i principi Spatafora, la società La Conigliera e altri consorzi di proprietari ottengono la stipula di convenzioni che ripetono né più né meno i Piani di ampliamento. Una piccola truppa di gente dal naso fino approfitta della situazione che si sta determinando e si dedica a compra-vendite assai remunerative: valga per tutti il caso di un alto funzionario dello Stato che acquista a tremila lire il metro quadrato un pezzo di terreno all'angolo di via Principe di Paternò con la via Sciuti e lo rivende dopo due anni a trentamila lire, avendo capito da che parte spira il vento. Lo sviluppo della città è segnato dalle convenzioni che il sindaco Scaduto stipula. Esse influenzeranno le due stesure del Piano Regolatore negli stessi termini in cui l'avrebbero influenzato i Piani di ampliamento... Palermo non avrà più le caratteristiche di città radiale, ma quelle di una città monoassiale. Se qualcuno protesterà, sarà tacitato con una vecchia, sottile giustificazione solo in parte valida ed efficace: i palermitani da un secolo tendono a spostarsi naturalmente verso e oltre la Statua...



Il professore Scaduto nel 1955 cade intanto vittima nella "nouvelle vague" democristiana che preferisce un Commissario prefettizio ad un sindaco di destra, ex fascista, e per giunta - dicono quelli della "nuova leva" DC - amico del giuguaro, ossia dell'imperante Restivo. A Palazzo delle Aquile si insedia il dottore Mario Liotta e poi, il dottor Salerno, il quale in un mucchio di carte che ha lasciato in eredità Scaduto le convenzioni già stipulate e le approva. Il Commissario fa compiere in tal modo alle convenzioni un secondo passo verso il loro valore vincolativo, in quanto egli, nel firmare, assume i poteri del Consiglio Comunale che gli sono stati trasmessi ope legis. Nascono via Empedocle Restivo, viale Campania, viale Lazio: la città ha un tale balzo in avanti che in poco tempo tra la via Libertà e la via Sciuti casermoni sfinestrati, simili a orribili scheletri in camento armato, invadono la campagna. E' il 1955: nasce così il boom edilizio di Palermo..."     


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