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domenica 14 gennaio 2024

CREDENZE POPOLARI E UTILIZZO DELL'AGAVE IN SICILIA

Agave in Sicilia.
Fotografia accreditata ad Armao
tratta dalla rivista "Sicilia"
edita nell'ottobre del 1960


In un lungo articolo pubblicato nel marzo del 1962 dalla rivista "Sicilia" edita dall'assessorato regionale al Turismo, Salvatore Lo Presti raccontò tradizioni e leggende allora ancora tramandate nell'Isola riguardanti l'agave americana: una delle piante siciliane più diffuse, il cui nome deriverebbe dal greco "agavòs", cioè "illustre" o "nobile", e che in Sicilia prende il nome di "zammara" o "zabbara". Sembra che l'agave venne qui importata da Padova dopo il 1561; la città veneta ospitò quell'anno in un orto botanico alcuni esemplari provenienti dal Sudamerica. Da qui la pianta si moltiplicò soprattutto nel Sud d'Italia. In Sicilia, sino al secondo dopoguerra, la fibra dell'agave veniva utilizzata per farne corde e spaghi: un lavoro che iniziava nel periodo estivo con la raccolta delle piante. Dopo essere state divise in due, venivano essiccate al sole e quindi battute a lungo con mazze di legno per estrarne le fibre delle scorie essiccate. Pulite, asciugate, sbiancate grazie all'azione del sole e dell'aria, le fibre venivano infine trasformate in matasse destinate ai filatoi. 

"La lavorazione a Catania - si legge nell'articolo di Salvatore Lo Presti - viene affidata quasi sempre a cinque donne, una delle quali gira a mano la "ruota" del congegno - un primitivo mulinello di legno, simile a quello usato dai cordai - mentre le altre accompagnano la ritorsione dei filamenti, mantenendoli distesi a distanza e vigilano, nello stesso tempo, affinché le cordicelle che si vanno man mano formando non si impigliano fra di loro"

Angela Sardo Zuccarello,
"Agavi in fiore",
particolare


L'aspetto esuberante e la presenza degli aculei in passato hanno alimentato in Sicilia pregiudizi e timori intorno all'agave, così ancora descritti da Lo Presti:

"E', ad esempio, un antidoto sicuro contro la jettatura e il malocchio; e perciò, quando è piccola, tenuta in vasi di terracotta, viene esposta all'ingresso delle abitazioni, in punti molto visibili, od anche sui davanzali delle finestre o sui balconi. A Catania, a rafforzare il potere scongiuratorio che le viene attribuito, si usa anche cingere i vasi che la contengono, o annodare una delle sue foglie con un bel nastro di seta rosso, cui si aggiungono talvolta un ferro di cavallo e una testa di aglio: elementi, questi, anche ricordati, insieme con altri "amuleti" adoperati allo stesso scopo, in varie formule di scongiuro. Gli aculei dell'agave, le cui punture sono ritenute velenose, se portati addosso, sono efficaci per allontanare la jettatura e il malocchio allo stesso modo dell'intera pianta; essi sono considerati a Marsala straordinariamente efficaci nel sedare il mal di denti: però l'aculeo con quale si dovrà toccare il dente che fa male dev'essere stato reciso dalla pianta un venerdì di marzo, prima del sorgere del sole, e seccato con ogni cura. La stessa condizione deve ricorrere per fare scomparire l'acne e l'infiammazione delle gengive; pungendo, nel primo caso, le suppurazioni incipienti, e nel secondo, le gengive infiammate (Trapani). Col succo dell'agave, infine, si medicano le ferite..."

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