Ettore Li Gotti, palermitano ( 1910-1956 ), ordinario di filologia romanza e tra i fondatori del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani, ha dedicato le sue attenzioni anche al teatro dei pupi.
Negli ultimi mesi di vita, Li Gotti scrisse una serie di articoli sull'argomento su riviste e sul "Giornale di Sicilia"; nel 1957, la moglie Maria Stella Carta raccolse quel materiale giornalistico e lo pubblicò nel saggio "Il teatro dei pupi", edito da Sansoni.
A distanza di 21 anni, quel libro venne ripubblicato con lo stesso titolo dall'editore S.F.Flaccovio, con una prefazione di Giuseppe Cusimano.
L'opera di Li Gotti - riferita ad anni in cui l'"opra" siciliana cominciava a perdere il suo pubblico - individua la crisi di questa forma di spettacolo popolare già negli anni del primo conflitto mondiale.
Prospettiva del teatro dei pupi di Francesco Sclafani a Palermo |
"Li Gotti - notava Cusimano - scriveva nel 1956, quando i pochi teatrini rimasti minacciavano di chiudere in un'atmosfera di generale disinteresse. Egli si preoccupò per questo di raccogliere quante più notizie poteva: in apparenza non diversamente da quanto aveva fatto il Pitrè parecchi anni prima, in realtà ricomponendo i vari dati in una visione più organica capace di dare l'idea delle proporzioni assunte come fatto culturale e sociale della diffusione delle idee e delle immagini presentate sulle scene dell'opra".
Il puparo palermitano Giuseppe Argento |
Annuncio pubblicitario del teatro dei pupi di Giacomo Cuticchio a Palermo, palesemente rivolto ai turisti |
I pupi di Francesco Sclafani in singolare tournée con il teatro montato su un camion |
Del suo saggio - oggi di non facile ricerca, e che continua l'opera di ricerca condotta decenni prima da Giuseppe Pitrè - - ReportageSicilia ripropone alcune fotografie, gran parte delle quali portano la firma di Vincenzo Brai ( Pubblifoto ).
Di seguito si riportano inoltre uno stralcio del capitolo II, intitolato "L'opra".
Il pubblico di un teatro di pupi a Palermo in una fotografia degli anni Cinquanta |
"I contastorie sono artisti o mestieranti isolati ( e forse è questo uno dei motivi dell'essere stati essi sempre in minor numero ); i pupari invece presuppongono o riuniscono in sé o hanno intorno a sé tutta un'organizzazione, anzi l'organizzazione più complessa fra le tante attività che riguardano i pupi, quella che meglio le raggruppa e le coordina. Perciò il puparo merita il più ampio discorso e il maggior riconoscimento artistico, quello che si deve ad esempio al regista-attore di una compagnia teatrale, che, nel caso particolare, è il teatrino dei pupi.
Cavaliere cristiano e re saraceno ( pupi catanesi provenienti dal teatro di Natale Meli di Reggio Calabria, con armature costruite da Puddu Maglio negli anni Venti dello scorso secolo ) |
Basterà rifarsi alle origini dell'opra per accorgersene meglio: da un lato alle varie rappresentazioni popolari dalle vastasate al tutùi, e dall'altro ai primi passi dell'opra stessa nei grandi teatri catanesi o nelle ampie piazze messinesi, che sono altra cosa dai teatrini palermitani, più piccoli e più raggentiliti e perfezionati nei particolari.
Dama nera e dama bianca, pupi catanesi |
E inoltre ha dato prova, specie nella Sicilia occidentale, di una tale varietà e abbondanza di repertorio, di una tale abilità organizzativa ( sempre in relazione alla lentezza dei procedimenti popolari ), che si riuscirebbe a fatica a credere avvenute in sì breve tempo tante trasformazioni, che si continuano tuttora.
E continuano perchè ( giova ripeterlo! ) il puparo è sempre un artista, e le sue invenzioni, grosse o piccole che siano, hanno la genialità e le freschezza di quella degli artigiani ancora non sopraffatti dalle esigenze della età della macchina e dell'automazione..."
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