La notizia di qualche giorno fa racconta di un ennesimo paradosso siciliano: lo Stato dovrà tirare fuori più di un miliardo di euro per non costruire il ponte sullo Stretto di Messina.
A tanto ammonta infatti il risarcimento previsto a favore del Consorzio di imprese che - per effetto dei tagli negli investimenti - ha visto bloccare il proprio progetto: un'opera già costata centinaia di milioni di euro in studi preparatori, consulenze e spese amministrative alimentate dal fantasma di un ponte che - almeno per i prossimi anni - non vedrà luce.
Di progetti per unire la costa messinese a quella reggina si discute e scrive dal 1870, quando l'ingegnere Carlo Navone prospettò l'attraversamento ferroviario dello Stretto tramite una via sottomarina.
Proprio l'idea di un collegamento alternativo al ponte - un tunnel - ha prodotto negli anni altre migliaia di pagine di studi, di elaborati e di ricostruzioni sotto forma di plastico.
Nei primi anni Sessanta questo modello di collegamento stradale-ferroviario fu ipotizzato dall'ingegnere Raffaele Merlini.
Si trattava una doppia tubazione metallica a doppio involucro, simile a quella prospettata in seguito nel 1976 dagli ingegneri Luigi Croce e Mario Garbellini; entrambi i progetti rimasero un puro esercizio tecnico.
Sei anni prima, un altro ingegnere - l'inglese Alan Barnett Grant - aveva presentato il suo "Ponte di Archimede" sommerso per il traffico ferroviario e stradale: un tunnel galleggiante sospeso a 30 metri di profondità ed ancorato ai fondali da un sistema di cavi. Il progetto di Barnett Grant aveva vinto un premio ex-aequo ad un concorso internazionale di idee promosso dall'Anas, ma nel 1985 - quindici anni dopo quel premio! - il "Ponte di Archimede" venne ritenuto inattuabile: la società Stretto di Messina obiettò che il tunnel avrebbe dovuto superare la profondità di 40 metri e che il suo innesto non poteva insistere sul territorio urbano di Messina.
Analoga bocciatura subì l'idea approvata in prima istanza dal ministero dei Trasporti nel 1983 di un pool di ingegneri ed architetti italiani ( Carlo Cestelli Guidi, Silvano Zorzi, Alfio Chisari e Ludovico Quaroni ).
Il loro progetto del tunnel - commissionato dal gruppo Iri-Italstat - era basato su uno studio dell'ingegnere Ulrich Finsterwalder. Il piano prevedeva la costruzione di due carreggiate autostradali con corsia di emergenza e una sede ferroviaria con doppio binario al centro.
Il tunnel avrebbe dovuto avere una forma ellittica con un diametro orizzontale di quasi 40 metri e di oltre 21 metri di altezza: una struttura che fu però giudicata a rischio per l'azione delle correnti marine o per un eccessivo carico accidentale ( l'impatto di una nave oggetto di un naufragio ).
La soluzione del collegamento sottomarino sembrò riprendere vigore nell'ottobre del 1987, quando l'ipotesi del collegamento stabile fra Sicilia e Calabria tornò d'attualità fra i governanti d'allora.
Fu allora che un Consorzio di aziende - Iri, Italstat, Saipem, Snam ed Eni - elaborò il progetto per la costruzione di un tunnel anch'esso tripartito: una sezione sarebbe stata destinata al traffico ferroviario, le altre due a quello stradale da e per l'isola. Ciascuna sezione sarebbe stata composta da moduli lunghi 150 metri per una lunghezza complessiva di quasi 23 chilometri. Secondo i progettisti, l'enorme tubo sottomarino sarebbe stato posizionato ad una profondità di 47 metri ed ancorato ai fondali con cavi in kevlar.
Il costo stimato dell'opera era di almeno 9.000 miliardi di lire, superiore a quello necessario per la costruzione di un ponte.
Anche questo progetto di tunnel sullo Stretto è nel frattempo rimasto lettera morta, impegnando ingenti risorse finanziarie per gli studi preparatori e di fattibilità.
Del piano di quel Consorzio è rimasta semmai la memoria di una bega legale promossa proprio da Barnett Grant.
Nel 1988 l'ingegnere inglese accusò in un "libro bianco" le società italiane di avere copiato il suo precedente progetto: un presunto caso di plagio ingegneristico che ha aumentato con le inevitabili spese legali i milioni di euro bruciati dai progetti di collegamento fra Sicilia e Calabria.
Questa breve storia della storia dei collegamenti sottomarini ipotizzati e mai realizzati sullo Stretto è stata scritta anche grazie alle notizie riportate dal saggio di Nello Vincelli "Il problema del trasporto nell'area dello Stretto", edito nel 1982 dalla Editer Roma; da quel testo ReportageSicilia ha tratto le fotografie riproposte nel post.
Sei anni prima, un altro ingegnere - l'inglese Alan Barnett Grant - aveva presentato il suo "Ponte di Archimede" sommerso per il traffico ferroviario e stradale: un tunnel galleggiante sospeso a 30 metri di profondità ed ancorato ai fondali da un sistema di cavi. Il progetto di Barnett Grant aveva vinto un premio ex-aequo ad un concorso internazionale di idee promosso dall'Anas, ma nel 1985 - quindici anni dopo quel premio! - il "Ponte di Archimede" venne ritenuto inattuabile: la società Stretto di Messina obiettò che il tunnel avrebbe dovuto superare la profondità di 40 metri e che il suo innesto non poteva insistere sul territorio urbano di Messina.
Il loro progetto del tunnel - commissionato dal gruppo Iri-Italstat - era basato su uno studio dell'ingegnere Ulrich Finsterwalder. Il piano prevedeva la costruzione di due carreggiate autostradali con corsia di emergenza e una sede ferroviaria con doppio binario al centro.
Il tunnel avrebbe dovuto avere una forma ellittica con un diametro orizzontale di quasi 40 metri e di oltre 21 metri di altezza: una struttura che fu però giudicata a rischio per l'azione delle correnti marine o per un eccessivo carico accidentale ( l'impatto di una nave oggetto di un naufragio ).
Fu allora che un Consorzio di aziende - Iri, Italstat, Saipem, Snam ed Eni - elaborò il progetto per la costruzione di un tunnel anch'esso tripartito: una sezione sarebbe stata destinata al traffico ferroviario, le altre due a quello stradale da e per l'isola. Ciascuna sezione sarebbe stata composta da moduli lunghi 150 metri per una lunghezza complessiva di quasi 23 chilometri. Secondo i progettisti, l'enorme tubo sottomarino sarebbe stato posizionato ad una profondità di 47 metri ed ancorato ai fondali con cavi in kevlar.
Il costo stimato dell'opera era di almeno 9.000 miliardi di lire, superiore a quello necessario per la costruzione di un ponte.
Del piano di quel Consorzio è rimasta semmai la memoria di una bega legale promossa proprio da Barnett Grant.
Nel 1988 l'ingegnere inglese accusò in un "libro bianco" le società italiane di avere copiato il suo precedente progetto: un presunto caso di plagio ingegneristico che ha aumentato con le inevitabili spese legali i milioni di euro bruciati dai progetti di collegamento fra Sicilia e Calabria.
Questa breve storia della storia dei collegamenti sottomarini ipotizzati e mai realizzati sullo Stretto è stata scritta anche grazie alle notizie riportate dal saggio di Nello Vincelli "Il problema del trasporto nell'area dello Stretto", edito nel 1982 dalla Editer Roma; da quel testo ReportageSicilia ha tratto le fotografie riproposte nel post.
Nessun commento:
Posta un commento