Personaggi di una Sicilia quasi completamente scomparsa, i "carrettieri" rappresentano il ricordo di una società rurale che sembra oggi appartenere ai romanzi di Verga o alle novelle di Pirandello.
Molto si è nel frattempo scritto dei carretti e dei loro artigiani ( "carradori", pittori, intagliatori e fabbri ); assai meno invece di questa categoria di lavoratori che ha scritto la storia dei trasporti siciliani sino all'avvento, anche nell'Isola, della motorizzazione di massa.
Quello dei "carrettieri" è stato un argomento esplorato e documentato soprattutto per i loro canti, oggetto in passato di numerosi studi etnografico-musicali.
Nel saggio "I Carrettieri, testimonianze, spazi, suoni" ( Plumelia Edizioni, 2013 ), avviando la sua ricerca dal territorio di Bagheria, Giovanni Di Salvo ha invece approfondito alcuni aspetti della vita e del lavoro quotidiano dei "carrettieri" in Sicilia.
Di Salvo sottolinea il loro impegno duro e rischioso, insidiato dalla presenza di briganti nelle campagne e dalle alte temperature estive.
Per questo motivo, era buona norma viaggiare in gruppo e durante le ore notturne; un lavoro che presupponeva qualità non comuni e tali da elevare la loro stessa figura:
"Essere carrettieri ha sempre rappresentato qualcosa di ben più significativo e profondo che il semplice esercizio di un mestiere.
Molto si è nel frattempo scritto dei carretti e dei loro artigiani ( "carradori", pittori, intagliatori e fabbri ); assai meno invece di questa categoria di lavoratori che ha scritto la storia dei trasporti siciliani sino all'avvento, anche nell'Isola, della motorizzazione di massa.
Quello dei "carrettieri" è stato un argomento esplorato e documentato soprattutto per i loro canti, oggetto in passato di numerosi studi etnografico-musicali.
Nel saggio "I Carrettieri, testimonianze, spazi, suoni" ( Plumelia Edizioni, 2013 ), avviando la sua ricerca dal territorio di Bagheria, Giovanni Di Salvo ha invece approfondito alcuni aspetti della vita e del lavoro quotidiano dei "carrettieri" in Sicilia.
Di Salvo sottolinea il loro impegno duro e rischioso, insidiato dalla presenza di briganti nelle campagne e dalle alte temperature estive.
Per questo motivo, era buona norma viaggiare in gruppo e durante le ore notturne; un lavoro che presupponeva qualità non comuni e tali da elevare la loro stessa figura:
"Essere carrettieri ha sempre rappresentato qualcosa di ben più significativo e profondo che il semplice esercizio di un mestiere.
Voleva dire, ieri come oggi, appartenere ad un'élite privilegiata, con una sua identità culturale ben definita e marcata...
Il carrettiere era sostanzialmente un trasportatore di merci come: prodotti della campagna, concime, materiali da costruzioni etc.
Lavorava prevalentemente in proprio, effettuando trasporti per conto terzi e percependo quindi un compenso per ogni 'viaggio' effettuato, o acquistando e rivendendo la stessa merce.
Ma era anche possibile che i carrettieri lavorassero per conto terzi e in questo caso la retribuzione per ogni trasporto effettuato era ripartita in tre parti: un terzo al proprietario dell'animale e del carretto, un terzo era destinato all'animale e al carretto per il suo mantenimento ( quota che intascava sempre il proprietario ) ed un terzo al carrettiere.
Il possesso di un cavallo era un forte elemento di distinzione rispetto ai carrettieri che possedevano l'asino, animale molto modesto e dalla scarsa capacità di lavoro ( ma anche molto più facile da mantenere ), o al massimo un mulo preferito perlopiù dai contadini, vista la sua rusticità, resistenza e longevità.
A tal riguardo i carrettieri hanno un detto:
'Mulu pi travagghiari
sceccu p'accummirari
e cavaddu pi curriri'
'Mulo per lavorare,
asino per accomodare,
cavallo per correre'
Il cavallo oltre ad essere il mezzo di sostentamento era considerato un vero e proprio membro della famiglia, anche in considerazione del fatto che viveva sotto lo stesso tetto e che divideva i ristretti spazi delle umili abitazioni dell'epoca.
Il carrettiere aveva un rapporto profondo con il suo cavallo: era per lui compagno di lavoro e di vita; con lui condivideva le fatiche e molto spesso anche la fame.
Non lavorare avrebbe significato non mangiare, sia per il cavallo che per gli altri componenti della famiglia, e per questo era necessario trovargli sempre qualcosa da fare.
Parecchie sono le foto di famiglia con tutti i componenti sul carretto oppure con il solo cavallo.
Il carrettiere assegnava al proprio un valore affettivo tanto da arrivare al punto di vestirsi a lutto se malauguratamente l'animale fosse morto..."
Nessun commento:
Posta un commento