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lunedì 5 febbraio 2018

CARRETTIERI A PARTINICO

Un gruppo di "carrettieri" in marcia
lungo una strada di Partinico.
La fotografia, senza attribuzione,
venne pubblicata dal mensile "il Mediterraneo"
edito dalla Camera di Commercio di Palermo
nel febbraio del 1968
Personaggi di una Sicilia quasi completamente scomparsa, i "carrettieri" rappresentano il ricordo di una società rurale  che sembra oggi appartenere ai romanzi di Verga o alle novelle di Pirandello.
Molto si è nel frattempo scritto dei carretti e dei loro artigiani ( "carradori", pittori, intagliatori e fabbri ); assai meno invece di questa categoria di lavoratori che ha scritto la storia dei trasporti siciliani sino all'avvento, anche nell'Isola, della motorizzazione di massa.
Quello dei "carrettieri" è stato un argomento esplorato e documentato soprattutto per i loro canti, oggetto in passato di numerosi studi etnografico-musicali.



Nel saggio "I Carrettieri, testimonianze, spazi, suoni" ( Plumelia Edizioni, 2013 ), avviando la sua ricerca dal territorio di BagheriaGiovanni Di Salvo ha invece approfondito alcuni aspetti della vita e del lavoro quotidiano dei "carrettieri" in Sicilia.
Di Salvo sottolinea il loro impegno duro e rischioso, insidiato dalla presenza di briganti nelle campagne e dalle alte temperature estive.
Per questo motivo, era buona norma viaggiare in gruppo e durante le ore notturne; un lavoro che presupponeva qualità non comuni e tali da elevare la loro stessa figura:  
   
"Essere carrettieri ha sempre rappresentato qualcosa di ben più significativo e profondo che il semplice esercizio di un mestiere.
Voleva dire, ieri come oggi, appartenere ad un'élite privilegiata, con una sua identità culturale ben definita e marcata...
Il carrettiere era sostanzialmente un trasportatore di merci come: prodotti della campagna, concime, materiali da costruzioni etc.
Lavorava prevalentemente in proprio, effettuando trasporti per conto terzi e percependo quindi un compenso per ogni 'viaggio' effettuato, o acquistando e rivendendo la stessa merce.
Ma era anche possibile che i carrettieri lavorassero per conto terzi e in questo caso la retribuzione per ogni trasporto effettuato era ripartita in tre parti: un terzo al proprietario dell'animale e del carretto, un terzo era destinato all'animale e al carretto per il suo mantenimento ( quota che intascava sempre il proprietario ) ed un terzo al carrettiere.



Il possesso di un cavallo era un forte elemento di distinzione rispetto ai carrettieri che possedevano l'asino, animale molto modesto e dalla scarsa capacità di lavoro ( ma anche molto più facile da mantenere ), o al massimo un mulo preferito perlopiù dai contadini, vista la sua rusticità, resistenza e longevità.
A tal riguardo i carrettieri hanno un detto:

'Mulu pi travagghiari
sceccu p'accummirari
e cavaddu pi curriri'

'Mulo per lavorare,
asino per accomodare,
cavallo per correre'

Il cavallo oltre ad essere il mezzo di sostentamento era considerato un vero e proprio membro della famiglia, anche in considerazione del fatto che viveva sotto lo stesso tetto e che divideva i ristretti spazi delle umili abitazioni dell'epoca.



Il carrettiere aveva un rapporto profondo con il suo cavallo: era per lui compagno di lavoro e di vita; con lui condivideva le fatiche e molto spesso anche la fame.
Non lavorare avrebbe significato non mangiare, sia per il cavallo che per gli altri componenti della famiglia, e per questo era necessario trovargli sempre qualcosa da fare.
Parecchie sono le foto di famiglia con tutti i componenti sul carretto oppure con il solo cavallo.
Il carrettiere assegnava al proprio un valore affettivo tanto da arrivare al punto di vestirsi a lutto se malauguratamente l'animale fosse morto..."





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