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martedì 13 febbraio 2018

IL CUORE ABBANDONATO DELLA TONNARA DEL SECCO

Una porta in legno della tonnara del Secco,
a San Vito lo Capo.
Le fotografie sono di ReportageSicilia
Per uno dei frequenti paradossi siciliani, la tonnara del Secco di San Vito lo Capo continua a versare da decenni in stato di totale abbandono.
Una delle più scenografiche e suggestive testimonianze architettoniche della pesca del tonno nell'Isola - un sito che lo scorso anno è stato designato "Luogo del Cuore" per la Sicilia dal Fondo per l'Ambiente Italiano - vive un'agonia strutturale e lo struggimento sentimentale di quei visitatori increduli dinanzi a tanto degrado.
L'ultima calata delle reti avvenne nel 1965; e fino al 1911 - ha ricordato Ninni Ravazza in "San Vito lo Capo e la sua tonnara" ( Magenes, 2017 ) all'interno della struttura fu attivo un impianto per la cottura e l'inscatolamento del tonno sott'olio.
Il sito racconta la storia millenaria del rapporto fra l'uomo ed il mare: un'occhiata attenta al terreno circostante alla tonnara, svela la presenza di almeno cinque vasche per la produzione del "garum".
Dopo essere passata di mano in mano per secoli - il monastero palermitano di Santa Rosalia nel secolo XIV, la famiglia Foderà nel 1872, i fratelli Plaja nel 1929, il gruppo Valtur nel 1999 - la tonnara del Secco affida il suo destino, fra poche settimane, ad un'asta fallimentare.




La base d'asta dello storico complesso edilizio è fissata in un milione e 250.000 euro. 
Il Comune di San Vito lo Capo si è dichiarato interessato all'acquisto, in previsione di una ristrutturazione e di un riutilizzo funzionale dell'area, sull'esempio di quanto accaduto per la tonnara di Favignana.
In attesa dell'esito delle vicende giudiziarie, la tonnara - che fino al 1960 ha ospitato uno stabilimento per la lavorazione del pesce - offre uno sconfortante spettacolo di decadimento.



Le pietre calcaree consunte dalla pioggia e dal vento, il legno disseccato dal sole e dalla salsedine, la trama dei "coppi" dei tetti scardinata e ridotta in pezzi, ricordano le parole scritte nel 1986 da Vincenzo Consolo ( "La pesca del tonno in Sicilia", Sellerio, Palermo ):

"E non sono più ormai le tonnare, vuote e inutili, che una selva di nere ancore, in lenta consunzione per ruggine e salsedine, riverse e sparse sopra la rena, in lugubre gioco grafico, in sinistra proiezione di lunghe ombre sul tramonto, in allusione di barriera, illusione di cavalli di Frisia a difesa d'un santuario di memorie di cui nessuno ha coscienza ed amore; non sono che neri barconi purruti, resti di risacche, relitti d'un immane fortunale che squarciò ogni vela, ruppe ogni remo, disperse nei gorghi il Vello d'oro..."



    

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