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martedì 20 novembre 2018

LE IMPRESSIONI MONREALESI DI ORIO VERGANI

Gruppo di turisti all'interno del chiostro di Monreale.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia
è tratta dalla rivista
"il Mediterraneo"
edita dalla Camera di Commercio di Palermo
nel luglio del 1969
Beneficiaria di notorietà internazionale grazie ad una delle chiese più grandiose e significative del secolo XII, Monreale vive questo prestigio con una certa indifferenza. 
Il duomo qui si impone urbanisticamente con la sua mole di severa fortificazione, nascondendo all'interno l'effluvio luccicante dei famosi mosaici.
Lo sguardo dei monrealesi verso l'insigne monumento appare però quasi disinteressato; l'edificio sembra piuttosto appartenere al quotidiano sciame di turisti che vi entrano e vi escono, impugnando il telefonino per gli immancabili autoscatti da inviare subito in mezzo mondo.


Di regola, il viaggiatore che raggiunge Monreale da Palermo - sfidando il traffico di corso Calatafimi - si limita a visitarne solo il complesso architettonico normanno ( oltre al duomo, le sue absidi esterne, le terrazze affacciate su quella che un tempo era la Conca d'oro, il chiostro ); in tre o quattro ore ha concluso il suo tour, ripercorrendo la strada che lo riporterà nel caos palermitano.
Pochissimi prestano attenzione alle altre chiese storiche che arricchiscono il tessuto urbano di Monreale.
Molte, del resto, sono chiuse da anni; una circostanza che denota il disinteresse dei monrealesi verso "l'altro" patrimonio artistico cittadino, quasi schiacciato dalla grandezza del capolavoro normanno. 
Così, in assenza di un vero e proprio centro storico - capace di raccontare la secolare identità locale - Monreale offre un aspetto anonimo e privo di richiami degni della sua preziosa dote architettonica.
Simili impressioni monrealesi furono già espresse in un reportage che il giornalista, scrittore e fotografo Orio Vergani pubblicò il 17 aprile del 1931 sulle colonne del "Corriere della Sera".


Buon conoscitore della Sicilia ( suo il saggio "Colori di Sicilia", edito da ERI nel 1953 ) e abituale frequentatore e collaboratore di Luigi Pirandello ( "un rapporto filiale", secondo lo scrittore Gaetano Afeltra ), Vergani così descrisse il rapporto fra gli abitanti di Monreale e la loro famosa chiesa: 

"Non c'è dunque città più di Monreale disinteressata al suo capolavoro, lasciato da un lato come la corona di una regalità troppo sublime per occuparsene tutti i giorni.
Questo piccolo paese di ortolani e di fruttivendoli vive molto pacificamente affacciato al balcone della Conca d'oro, e, più di Bonanno da Pisa e dei marmorari che scolpirono le varie centinaia di capitelli del chiostro più celebre del mondo, si preoccupa del buon raccolto degli aranci e dei fichidindia.
La vita stessa del paese è deviata da quello che dovrebbe sembrare il suo centro, e il giardinetto a fianco della cattedrale fa da trincea a quella invadente e prodigiosa presenza, e fa sì che in paese si possa campar tranquilli, come nel riparo di un angolo morto.
La colonna dei visitatori non lo tocca nella sua marcia verso la cattedrale.
Viene all'assalto in uno stato di lieve e crescente ebbrezza.
L'ubriacatura comincia subito, sotto questa luce, entro questo splendore eccessivo.


E' naturale che gli abitanti di Monreale si tengano in disparte da tutto questo, per discrezione e per sazietà, tanto da essere più devoti al Cristo di una chiesa fuori mano che non a quello dagli occhi neri e terribili che guarda dalla vela d'oro della cupola estrema della cattedrale.
Qui entrano di domenica, marciando in punta di piedi sui pavimenti levigatissimi, e non si fidano quasi, in tanta pompa, di chiedere le umili grazie per le loro umili pene al ricchissimo Signore normanno del Cielo e della terra.
Gli altri giorni preferiscono raccogliersi in una cappella laterale, quella di San Castrense, sbiancata a calce, con quattro croste bonarie alle pareti.
Qui c'è un'aria di famiglia serena e riposante a lato dei seimila e più metri quadrati di mosaico della basilica regale, e si può pregare e salmodiare in santa pace, mentre, per le navate della chiesa grande, i gruppi di turisti girano col naso in su, salgono gli scalini del santuario, scrutano in ginocchio i bassorilievi d'argento dell'altar maggiore, e, dove possono, toccano con mano la compatta levigatezza del mosaico..."



   

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