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martedì 30 luglio 2013

PESCATORI ED AMBIENTE A TAORMINA

Barca da pesca all'approdo dinanzi Giardini-Naxos.
A bordo, si notano due anfore romane.
La fotografia - come le altre del post - porta la firma
di Carlo Pizzigoni e venne pubblicata
in un numero speciale del settimanale "Epoca",
nel biennio 1963-64

Pensi a Taormina e a Giardini-Naxos e i primi pensieri vanno al teatro romano, ai panorami sull'Etna, agli alberghi di lusso, al festival del cinema ed al turismo internazionale d'elite che fanno di queste località una specie di enclave all'interno della Sicilia; anzi, qualcosa di "altro" rispetto alla Sicilia.

Uscita in barca per la "calata" delle nasse
utilizzate per la cattura delle aragoste

Di Taormina e Giardini-Naxos si è così persa la percezione dell' essere luoghi anzitutto geografici, con un ambiente naturale ed un corso quotidiano della vita e dei costumi degli abitanti, oltre la lucida patina che giunge loro dalla fama internazionale.

Scena di vita paesana 
in un'abitazione a Taormina

Gli stessi reportage dedicati a queste località raramente riescono ad andare oltre la descrizione delle attrattive turistico-mondane alimentate per primo da quel pittore tedesco che, quasi due secoli fa, fece conoscere all'Europa i colori di questa costa jonica.


Il mare, le colline e l'Etna: il fascino antico ed autentico
di Taormina e di Giardini-Naxos,
come mostrano le fotografie di Pizzigoni,
è stato quello della sua natura

Le fotografie riproposte da ReportageSicilia vanno oltre la rappresentazione di maniera di Taormina e Giardini-Naxos, fissandone la semplice bellezza dei paesaggi e gli aspetti della vita quotidiana di pescatori e contadini.
Sembra di cogliere in queste immagini il senso delle parole scritte nel 1963 dallo scrittore catanese Antonio Aniante, secondo cui il volto autentico di Taormina si scopriva durante i mesi estivi, quando l'apocalittica calura allontanava gli ospiti nordici.


La baia di Giardini-Naxos

"Implacabile il vento della stagione scuote la città - scriveva Aniante - annunziando l'avvento dell'estate sulla collina. 
Le automobili dei turisti, dopo una breve sosta, riprendono la via del ritorno verso lo stretto. Il panico è addosso ai forestieri. 
Nella loro anima si annidano i presentimenti. Grandi e piccoli alberghi, rimasti vuoti, si chiudono, e, con le persiane serrate, sembrano prigioni. 
La solitudine regna dovunque. Le strade della città sono squallide. Il vento le percuote, insistente, recando l'odore d'incendio, scoppiato nei castagneti e nei campi di grano. 
La cittadina aristocratica cade nelle mani dei bifolchi e dei mulattieri, dei mietitori avvinizzati, che indugiano sotto le case, in compagnia delle bestie, prima di ripartire per i campi e per le valli, lasciando scie di sterco nelle piazzette. 
E' la fine, provvisoria o eterna, di Taormina: mai come in quei giorni foschi si pensa che al ritorno dell'autunno la città non sarà che un ricordo di rovine, emergenti sovra fitti strati di cenere, per la curiosità dei turisti, come Pompei".

Beninteso, le fotografie riproposte da ReportageSicilia  ritraggono una natura e personaggi risalenti a mezzo secolo fa: ma già allora, quella Taormina - oggi scomparsa per sempre - era raramente documentata.  
Gli scatti portano la firma di Carlo Pizzigoni e furono pubblicati in un numero speciale del settimanale "Epoca" intitolato "L'Italia Meravigliosa" 1963/64 edito da Arnoldo Mondadori Editore. 


Il sinuoso profilo della costa taorminese,
che all'epoca di questo reportage
mostrava ancora modesti segni
di cementificazione  

sabato 27 luglio 2013

L'OCCASIONE PERDUTA DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO

La baia sabbiosa su cui si affacciava
sino a qualche decennio fa Castellammare del Golfo,
lungo la costa tirrenica trapanese.
La fotografia è di Patrice Molinard
ed è tratta dall'opera
"La Sicile", edita da Del Duca a Parigi nel 1957

Lungo la strada statale 113 che collega Palermo a Trapani, Castellammare del Golfo si presenta come un paese costiero dalla pianta a scacchiera, delimitata verso il mare da quella che un tempo era un'ampia baia sabbiosa. 
La crescita edilizia degli ultimi decenni ha cambiato un contesto ambientale che avrebbe potuto puntare di più e meglio sulla risorsa del turismo a basso impatto sul territorio. 
Basta affacciarsi dal belvedere che sovrasta ad Ovest il paese, lungo la 113, per rendersi conto dell'effetto provocato invece dalle opere viarie e dall'edilizia su Castellammare del Golfo. Molto si è costruito, ed inutilmente: negli anni di più intensa edificazione di nuovi alloggi, tanti appartamenti del centro storico - svuotati dall'immigrazione - rimanevano abbandonati.
La mala amministrazione e l'ingerenza dei clan locali sono poi stati al centro delle cronache giudiziarie di anni non lontani. Per lungo tempo, il Comune di Castellammare del Golfo è stato commissariato a causa delle connivenze mafiose, innestatesi nella gestione dei piani regolatori e delle grandi opere edili: un'inquinamento che ha riguardato anche le politiche locali di intervento contro l'abusivismo.  


Barche di pescatori tirate a riva
sulla spiaggia del paese.
La fotografia è di Ezio Quiresi ed è tratta
dall'opera "Sicilia"edita nel 1971 da Electa
per conto della Banca Nazionale del Lavoro

Il paese - nato come porto commerciale dell'antica Segesta e poi sviluppatosi come borgo di pescatori e tonnara - pur avendo avuto i presupposti per diventare un affascinante luogo di soggiorno turistico, di fatto è oggi una semplice cittadina di passaggio verso altri luoghi: in primo luogo Segesta, poi Scopello o la più lontana San Vito lo Capo.
Le tre fotografie riproposte da ReportageSicilia fanno balenare la suggestione che sino a qualche decennio fa ancora caratterizzava questo borgo di pescatori del Tirreno, quando l'edilizia era dominata semplicemente dal vecchio castello e dalla mole della chiesa Madre.


Ancora uno scatto di Ezio Quiresi
fissa le barche dei pescatori
castellammaresi sullo sfondo del paese.
L'immagine è tratta dall'opera "Sicilia"
edita nel 1960 dal Touring Club Italiano

     

giovedì 25 luglio 2013

L'INCOMODA MULATTIERA DI CASTEL MOLA

La vecchia mulattiera che un tempo collegava
Castel Mola a Taormina.
La fotografia porta la firma di Patrice Molinard
e venne pubblicata nel 1957 nell'opera "La Sicile"
edita da Del Duca Parigi

"Guida inutile, assai interessante per il paesaggio, il luogo pittoresco ed il panorama. Strada mulattiera incomoda e sassosa".
Così scriveva la prima Guida Rossa del TCI dedicata alla Sicilia ed edita nel 1919 nelle poche righe dedicate a Castel Mola. 
Pragmaticamente, il segnalatore del Touring decantava le attrattive paesaggistiche della borgata che sovrasta Taormina, per poi mettere in guardia riguardo le difficoltà di accesso.
Per decenni ancora, gli abitanti di Castel Mola avrebbero percorso a dorso di mulo o a piedi 'l'incomoda e sassosa' strada.
Poi, il progresso e le fortune turistiche di Taormina avrebbero alleviato le fatiche del viaggio e la borgata avrebbe beneficiato del proliferare di opere viarie - svincoli, rotonde e viadotti - che pure hanno devastato la primitiva bellezza di questa zona della Sicilia.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia ci restituisce un'immagine dell'antica mulattiera di Castel Mola; l'immagine porta la firma di Patrice Molinard ed è tratta dall'opera "La Sicile" edita da Del Duca Parigi nel 1957 per la collana "Couleurs du Monde".  

SICILIANDO














"La Sicilia nel corso della sua storia ha conosciuto periodi di splendore e di decadenza.
Potremmo dire, anzi, che le età di maggiore gloria furono quelle in cui essa da isola divenne penisola, cioè non si rinchiuse nel suo particolarismo, ma fu terra aperta a ogni fermento di civiltà.
E questa è la ragione per cui sembra caratteristica inalienabile del carattere del siciliano la nostalgia del passato. 
La sua anima di sognatore lo porta a idealizzare i tempi remoti per disdegnare il presente".
Giuseppe Cocchiara 

mercoledì 24 luglio 2013

I BOZZETTI PALERMITANI DI CIGANOVIC

Il portale di palazzo Abatellis, in via Alloro, a Palermo.
In questo post, ReportageSicilia ripropone
alcune fotografie scattate nel capoluogo dell'isola
alla fine degli anni Cinquanta dello scorso secolo
dal serbo Josip Ciganovic

Qualcuno, prima o poi, dovrà dedicare uno saggio o una mostra all'opera fotografica svolta in Sicilia da Josip Ciganovic ( 1922-1985 ).
Del fotografo di origini serbe - autore negli anni Cinquanta dello scorso secolo di reportage in Sardegna e a Urbino, nonchè di parecchi servizi commissionati dal TCI in altre zone d'Italia - ReportageSicilia ha più volte riproposto immagini realizzate nell'isola.

Via Bandiera con il quattrocentesco
palazzo Pietratagliata

Due donne dinanzi
la chiesa di San Francesco d'Assisi

Via dell'Incoronata con il palazzo Agnello

Le fotografie di questo post furono realizzate in quel periodo da Ciganovic nel centro storico di Palermo e pubblicate nel I volume dell'opera "Sicilia", edita nel 1962 da G.C.Sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostini per la collana "Tuttitalia". 

Uno scorcio della facciata cinquecentesca
di palazzo Scavuzzo

Traffico palermitano dinanzi la chiesa di Santa Caterina

L'interesse documentario di queste immagini risiede nella visione quasi bozzettistica della vita in strade e piazze della città di allora: monumenti ed edifici fanno da quinta alle normali attività quotidiane dei palermitani di tre generazioni fa. Ciganovic percorre strade, vicoli e piazze di quella Palermo testimoniando sulla pellicola la vitalità dei quartieri del centro storico, poco prima del loro rapido declino sociale ed economico.

Vigili urbani e passanti in piazza San Domenico

All'epoca di quel reportage fotografico, la città stava vivendo la caotica trasformazione imposta dalla speculazione edilizia affaristico-mafiosa. 
Il centro storico raccontato dalle preziose immagini di Ciganovic sarebbe stato lasciato in balia del degrado, a favore della nuova edilizia che avrebbe devastato il verde della Conca d'oro. 

Il portale trecentesco del Conservatorio di Musica
"Vincenzo Bellini"

Piazza Bologni con il monumento a Carlo V

Nel testo a commento delle immagini del fotografo serbo, lo storico dell'arte Giuseppe Bellafiore forniva inoltre la seguente ed attualissima chiave di lettura architettonica del carattere di Palermo e dei suoi abitanti:

"Il forestiero, da qualsiasi lato giunga nella città, passerà attraverso una frangia di miserabili casupole o di desolati casamenti.
La scoperta della città deve procedere dall'interno di essa e, ove si abbia pazienza e non si voglia superficialmente giudicare, quella scoperta sarò ancor sorprendente e indimenticabile.
Il viaggiatore peraltro non proceda da idee preconcette.
Ad esempio il termine 'saraceno' è quello che più spesso viene alla mente e alle labbra di chi giunge in Sicilia: una categoria alla quale la realtà siciliana, per forza di luogo comune, sembra non dovere mai più sfuggire.
Eppure è quello un concetto di sapore letterario, caro a tanta cultura del secolo scorso, alimentato dall'entusiasmo della riscoperta dei monumenti normanni, e tuttavia inadeguato ad illuminare la vera conoscenza della città.
Vada pure all'archeologismo ottocentesco di avere preservato le testimonianze arabe dell'età normanna, ma sia ben presente che esse erano state seppellite da secoli dagli apparati architettonici barocchi assai più congeniali all'anima palermitana.
Non è il cristallino geometrismo e l'astratta eleganza dell'architettura araba che può fornire la chiave alla conoscenza di Palermo, bensì l'intemperanza, l'estro, la fantasia del barocco..."

I ruderi di palazzo Bonagia,
distrutto dai bombardamenti del 1943
  



  

lunedì 22 luglio 2013

I PESCATORI DELLA KALSA

Rimagliatura delle reti da pesca
nel quartiere palermitano della Kalsa.
La fotografia è di Josip Ciganovic
ed è tratta dall'opera "Sicilia",
edita nel 1974 da UTET

Glottologi e filologi hanno a lungo discusso il particolare dialetto utilizzato nel quartiere palermitano della Kalsa, notando differenze con la parlata generalmente diffusa nel resto della città.
Queste osservazioni linguistiche riguardano altre località della Sicilia - ad esempio alcuni quartieri di Sciacca - e sono riassumibili in un dato comune: le popolazioni dei centri costieri - ed in particolare i pescatori - mostrano caratteristiche fonetiche diverse da quelle dei siciliani che abitano nei centri rurali o montani.
Ai nostri giorni, il quartiere della Kalsa ha perso quell'identità propria di una comunità di pescatori e marinai.
Sino ad una cinquantina di anni fa era attiva una Maestranza che li riuniva, e che poneva al centro delle proprie attività lavorative il vicino porto della Cala.
La toponomastica del quartiere ricorda ancora quell'antico rapporto fra i residenti ed il mare.
Tra i vicoli e le stradine della Kalsa esistono ancora una via dei Nassaiuoli ed una via della Sciabica, mentre sono quasi del tutto scomparse le scene delle reti e delle nasse da pesca lasciate ad asciugare in strada: un'immagine fissata nello scatto del fotografo Josip Ciganovic, ai piedi dell'alta parete di palazzo Butera.
La fotografia è tratta dall'opera "Sicilia", edita da UTET nel 1974 e curata da Aldo Pecora.


sabato 20 luglio 2013

LE EGADI DI GIO' MARTORANA

Il faro di punta Sottile a Favignana, nelle Egadi.
Sullo sfondo l'isola di Marettimo, nel 1997.
Le immagini riproposte nel post da ReportageSicilia
sono opera del fotografo Giò Martorana
e furono esposte a Palermo nel 1998,
nell'ambito della mostra "Scritture di Paesaggio"

"La Sicilia è terra di forti contrasti e questo lo si riscontra in maniera altrettanto forte nella sua storia e nel suo paesaggio.
Qui le dominazioni succedutisi nel tempo hanno pressocchè lasciato intatte le vestigia dei precedenti invasori.
Città fenicie, templi greci, moschee arabe, chiese barocche, convivono in una straordinaria ed irripetibile sintonia, dando vita a quelli che alcuni hanno voluto definire 'l'incanto degli occhi'.
Credo che esistano pochi luoghi al mondo dove si abbia una tale varietà di paesaggi come la Sicilia.
Da quelli inquietanti e primordiali delle pendici dell'Etna, all'aridità impietosa dell'interno, dove castelli dalle solitudini inviolate, dominano a perdita d'occhio immense estensioni di terra.
E poi il mare, con i fari, i borghi, le antiche tonnare; con le sue coste ricche di insenature nascoste ed ampi golfi, dove esotiche spiagge, si alternano a luoghi inospitali e inaccessibili ma di incomparabile bellezza.

Tonnara Florio a Favignana, nel 1994

La stessa incomparabile bellezza dei tramonti dai colori dolcissimi, come quelli dello Stagnone a Marsala, con le Egadi che fanno da sfondo alle saline.
Qui tra abbaglianti piramidi di sale e mulini vetusti sembra proprio che il tempo si sia fermato.
Potrà sembrare strano, ma credo che in fondo, in una terra come questa, dove tutto ha radici profonde, anche le tradizioni facciano parte del paesaggio...".
Il panegirico siciliano porta la firma del fotografo palermitano Giò Martorana, e fu scritto nel 1998 a corredo di una mostra di immagini intitolata "Scritture di Paesaggio", svoltasi a Palermo nel marzo dello stesso anno all'interno della chiesa di Santa Maria dello Spasimo.
Martorana http://www.giomartorana.com/ è un fotografo che sembra prediligere il tema dei paesaggi costieri isolani, nei quali riesce a cogliere la presenza di antichi miti e del passaggio delle civiltà.
I suoi servizi sono stati pubblicati sulle più importanti riviste italiane e straniere ( Panorama, Vogue, Elle, Time Magazine, Der Spiegel, Newsweek, Paris Match ).
Le Egadi e Favignana - delle quali ReportageSicilia ripropone tre fotografie esposte nella mostra palermitana di 15 anni fa - diventano i luoghi dove Giò Martorana riassume la millenaria storia siciliana, cristallizzandone i paesaggi e le luci di secolari albe e tramonti.

Rientro dalla tonnara a Favignana, nel 1997