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giovedì 13 aprile 2017

IL VOLTO PREISTORICO DI LEVANZO NELL'ESPLORAZIONE DI JOLE MARCONI BOVIO

Immagini e considerazioni sulle incisioni della grotta del Genovese in un reportage dell'archeologa romana pubblicato nel 1952 dal periodico "La Giara"


Operai al lavoro nelle operazioni di scavo
della grotta "dei Porci" a Levanzo, nelle Egadi.
Le immagini riproposte da ReportageSicilia
illustrarono un resoconto sulle ricerche archeologiche
condotte nell'isola pubblicato dalla rivista
"La Giara" nell'ottobre di 65 anni fa

Le immagini riproposte da ReportageSicilia furono pubblicate dal bimestrale "La Giara" edito nell'ottobre del 1952 dall'Ufficio stampa dell'assessorato regionale per la pubblica istruzione della Regione Siciliana.
Le fotografie illustrarono un reportage intitolato "Arte e civiltà preistoriche a Levanzo" e firmato da Jole Marconi Bovio, la dirigente della Soprintendenza della Sicilia Occidentale che studiò le raffigurazioni scoperte all'interno della grotta del Genovese ( già esplorata per la prima volta nel 1881 ed all'interno della quale la ricercatrice Francesca Minellono individuò nel 1949 i disegni e le incisioni preistoriche ). 

"Le esplorazioni condotte via terra e via mare nelle due isolette di Levanzo e Favignana - scrisse la studiosa - hanno segnalato la presenza di numerose grotte di interesse preistorico: a Favignana di una dozzina, oltre alle tracce di un villaggio neolitico, purtroppo svuotato dai pastori con manomissione del materiale archeologico; a Levanzo di una decina in molto migliore stato di conservazione, specialmente quelle di difficile accesso.



Sopra e sotto, pitture umane ed animali
all'interno della grotta "del Genovese"

In tutte le grotte sono stati raccolti materiale-campione ed in quattro sono stati condotti scavi, dove più ampi come alla "grotta del Genovese" e alla vicina "dei Porci" sulla cala del Genovese, dove saggi come alla impervia grotta "di punta Capperi" e a quella "di Tramontana III" o "Schiacciata", come la chiamano localmente.
Levanzo è l'isola più piccola e più vicina a Trapani, ma la più importante per il numero delle grotte intatte o quasi e per l'abbondanza del materiale archeologico.





Sopra e sotto,
incisioni di un bovide e di un cerbiatto
all'interno della grotta "del Genovese" 
Costituita di formazioni calcaree, mentre al centro ha una conca pianeggiante, presenta coste montuose per lo più: a settentrione ed oriente alte ed impervie, più basse a mezzogiorno, dove oggi si affaccia il pittoresco paesello di pescatori, alte ancora verso tramontana, ma articolate di bellissime cale e quindi di possibili approdi.
E' su questo lato che si apre ad altezze diverse una serie di cavità che ha inizio vicinissimo al paese con la grotta "Scoppiata" e termina al Capo Grosso.
Grotte esistevano anche nel luogo dove è poi sorto l'abitato moderno, distrutte o manomesse, ma è probabile, data la posizione, che fossero abitate come le nove del lato occidentale, mentre pare non lo fossero quelle del Capo Grosso.


Altra incisione raffigurante
un animale all'interno della grotta "del Genovese"
A lungo nei millenni la vita umana vi persistette dai primordi ai giorni nostri: in età preistorica le grotte servirono di vere e proprie abitazioni, di officine, di sacrari, come rivelano nei depositi archeologici i resti di industrie e di pasti e sulle pareti le manifestazioni artistiche; in età storica forse di temporanei rifugi, come testimoniano negli strati superficiali le scarse tracce di fittili romani, unici e arabi e le monete romane e bizantine.
Tracce di civiltà romana si trovano nel resto anche fuori dalle grotte, in avanzi di cisterne e murature ad oriente dell'isola.
Ancora più tardi, essendo le isole toccate dai corsari o in tempi più sicuri abitate, come da documenti storici, le grotte poterono essere utilizzate per depositi o semplicemente per ricovero di animali domestici, com'è in uso tutt'ora.


La grotta di "Tramontana III"


Il faraglione di Levanzo
visto dalla grotta "Grande"
Tra il 60.000 ed il 20.000 avanti Cristo - l'evoluzione del paleolitico superiore europeo, contemporaneo all'ultima fase della glaciazione di Wurm e della regressione post-tirreniana - le grotte erano allora sul livello del mare e sul loro suolo si stabilirono gli uomini.
La loro cultura era già abbastanza evoluta, una delle varie facies del paleolitico superiore mediterraneo, basata sulla caccia, la pesca e la raccolta, con un'industria ben sviluppata della pietra e forse qualche tentativo di lavorazione dell'osso"

Quindi nell'articolo de "La Giara", Jole Marconi Bovio si addentra negli interrogativi sulla fonte artistica e spirituale delle incisioni e dei disegni della grotta del Genovese:

"Il lavoro della pietra e delle pelli e forse dell'osso e del legno, eseguito nei ripari che precedono le grotte, la caccia, la pesca e la raccolta in giro nell'isola, i pasti consumati spesso all'aperto davanti alle cavità, dove si accumulavano i rifiuti: è un quadro di vita primitiva materiale dal quale sembra esulare qualsiasi elemento spirituale.
Ma questo si presenta e ci si impone nella serie di disegni incisi sulle pareti della grotta "del Genovese", rivelando gusto e abilità artistici e particolari moventi.
S'identificano facilmente questi ultimi per affinità con le famose grotte sacre o magiche della Francia, dei Pirenei, della Spagna e per i raffronti etnografici.
Era una grotta sacra, dove si svolgevano i riti magici propiziatori della caccia.


La cala di "Tramontana"


La cala del "Genovese"

La nostra fantasia, nutrita dalla conoscenza di usi di popoli primitivi attuali, immagina cerimonie vagamente illuminate da rami resinosi a base di danze, di gesti simbolici, di stregoni camuffati che pronunciavano formule davanti alle immagini degli animali, che tanta importanza avevano nella vita di popolazioni cacciatrici.
E forse non siamo lontani dalla verità, poiché su una parete è tracciata l'immagine di tre figure umane, che devono essere camuffate, per le loro forme strane e che richiamano certe figure del pari camuffate dell'arte rupestre franco-cantabrica.
Ma quello che è reale e che desterebbe stupore, se non si conoscessero ormai tanti altri esempi più o meno contemporanei, è la freschezza e la vivacità d'espressione delle figurette animali.
Espressione naturalistica, ma non pedante copia; piuttosto notazione rapida di impressioni che ha colto un atteggiamento, un movimento e ha saputo renderlo con immediatezza vitale e mezzi semplicissimi.
Bovidi imponenti nella loro massa pesante su corte zampe e nelle ampie corna lunate che si protendono in avanti per inabilità di resa prospettica o forse anche per una particolare forma razziale; equidi, che ricordano il comune cavallo e asinidi, con la testa un pò abbassata e l'aria paziente, lenta, modesta; cervi e cerbiatti vivaci, agili, vibranti nella rapida corsa o fermi in un'immobilità tesa, pronta a scattare.
Lo stile è in parte tipicamente schematico, in parte semi-naturalistico, di un naturalismo che presuppone una osservazione dal vero, ma un'espressione povera e irrigidita, per cui, a volte, incerta riesce la interpretazione delle figure.


Il centro abitato di Levanzo
Scomparsi gli animali quaternari, troviamo una fauna attuale: bovidi comuni, equidi, suini, il cane, uccelli, crostacei e pesci.
E, fra questi, sgombri per lo più, il tonno: vertebre di tonno tra gli avanzi dei pasti e tonni dipinti.
Si credeva che la più antica testimonianza della pesca del tonno in Sicilia fosse offerta dal famoso vaso dipinto di Cefalù, del IV secolo avanti Cristo.
Nelle Egadi, invece, lo si pescava e lo si mangiava in età preistorica..."


 Anni dopo la descrizione della Marconi Bovio, nel 1970, Cesare Brandi visitò la grotta di Levanzo "insieme  ad una strana compagnia che sapeva poco di speleologia: ragazze in bichini e via dicendo".
Lo storico dell'arte paragonò il guizzo spontaneo di disegni ed incisioni ad una pittura Zen; poi, al termine della sua esplorazione, riassunse così in "Sicilia mia" l'impressione provocata dalle antichissime raffigurazioni:

"E' come assistere ad una nascita, che so io, all'aurora, a Venere che emerge dalle spume del mare: si sente l'umanità che sorge, in quei graffiti, con il meglio di quel che fa l'uomo: la contemplazione, la capacità simbolica, l'immobilizzazione di un attimo e la sua rifusione sintetica, il piacere di un lavoro pulito, ordinato, la chiarezza di un pensiero cesellato in un'immagine".  

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