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lunedì 21 agosto 2017

L'INGORGO PALERMITANO D'INIZIO NOVECENTO


Folla di persone e di mezzi di trasporto
ai Quattro Canti di Città,
nella Palermo dei primi anni dello scorso secolo.
La fotografie del post sono di Eugenio Interguglielmi
e sono tratte dalla monografia
"La Sicilia e la Conca d'Oro", edita da Fratelli Treves
nel dicembre 1908-gennaio 1909
Agli inizi del Novecento, Palermo raccoglieva circa 300.000 residenti.
La vita dei suoi abitanti si svolgeva prevalentemente ancora nel secolare centro storico: una funzione residenziale - quella offerta dalla croce viaria tra via Vittorio Emanuele e via Maqueda - che cominciava però ad entrare in un'irreversibile fase di crisi.
L'avvento dell'architettura "liberty" lungo viale della Libertà, via Notarbartolo e via Dante - espressione edilizia di una committenza borghese, desiderosa di esibire il proprio status economico - cominciava infatti ad ampliare i vecchi confini residenziali della capitale dell'Isola.
In "Palermo l'altro ieri" ( Flaccovio, 1966 ), Mario Taccari individuava il declino abitativo e sociale della città storica nel passaggio fra Ottocento e Novecento, sottolineandone le motivazioni di carattere imprenditoriale:

"Qualcosa mutava nell'antico tessuto economico cittadino e le tradizionali strade artigianali - la Calderai, la Chiavettieri, la Candelai, la Cintorinai, la Bottai, l'Argentiera, la Schioppettieri e le altre della lunga serie - andavano perdendo, per lento trapasso dall'industria familiare a quella associata, il loro peculiare carattere, il loro volto secolare"



L'immagine riproposta da ReportageSicilia si deve ad uno scatto di Eugenio Intergugliemi e venne pubblicata nella monografia dell'"Illustrazione Italiana" "La Sicilia e la Conca d'Oro", pubblicata da Fratelli Treves nel dicembre-gennaio 1908-1909.
La fotografia ci restituisce il volto affollato e caotico dei Quattro Canti di una città in quel periodo ancora legata per breve tempo al suo cuore storico.
Il documento di Intergugliemi venne accompagnato da un reportage di Mario Morasso,  scrittore e giornalista genovese che agli inizi del Novecento portò avanti le idee del Modernismo e del Futurismo.
Il suo racconto colse allora alcuni caratteri del palermitano di quegli anni:

"Il palermitano agisce sempre come in uno stato di eccitamento, di stimolante ebbrezza, di irresistibile effusione, nessun elemento moderatore lo raffredda, lo trattiene, e perciò facilmente si esaurisce in parole e gesti prima di arrivare all'opera o al pensiero definitivo.
Come vive all'aperto fisicamente, vive altresì all'aperto spiritualmente.
La strada palermitana pertanto con le sue automobili, tutte a scappamento libero e con grandi arie da corsa, con i suoi tramways elettrici, con la sua lunga e dritta prospettiva, serba quasi intatto il suo aspetto e il suo frastuono caratteristici.



Il bel carretto siciliano, giallo e rosso, miniato come un messale con le storie dei paladini o i miracoli dei santi, tratto da un cavallo impennacchiato di rosso, vi galoppa accanto allo stuolo di innumerevoli carrozzelle su cui la popolazione scorre metà della sua esistenza.
Non sono soltanto le signore che vanno al corso in carrozza.
Il Giardino Inglese e via Maqueda sono gremiti di vetture private e pubbliche su cui gli uomini si mettono in mostra con evidente compiacimento.
Sacre immagini illuminate ad ogni angolo di strade, ad ogni casa ricevono gesti devoti da tutti i passanti.
Le finestre sono popolate di spettatori e spettatrici che preferiscono però essere guardati.
Un vocio continuo, una specie di chiacchierata ad alta voce sale da tutta la strada, ove scoppiettano innumerevoli gli "ah" violenti, il furente grido barbarico di tutti i guidatori di quadrupedi.
Sembra l'urlo frenetico di una folle carica di cavalleria..."




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