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lunedì 2 luglio 2018

L'ELOGIO DI SCIASCIA PER IL GIUDICE ANTIMAFIA "CAPACE DI PATIRE"

Cesare Terranova in una fotografia
pubblicata da "Cesare Terranova in memoria",
opera citata
Il giudice Cesare Terranova ed il suo fidato agente di scorta, Lenin Mancuso, vennero uccisi dalla mafia a Palermo il 25 settembre del 1979.
Nel 1982, sotto il patrocinio dei comuni di Castellana Sicula, Petralia Soprana, Petralia SottanaPolizzi Generosa e Scillato, Arti Grafiche Siciliane diede alle stampe un libretto che raccolse interviste giornalistiche ed interventi svolti da Terranova in qualità di componente della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Mafia ed il ricordo di colleghi magistrati.
La prefazione dell'opera venne affidata a Leonardo Sciascia, che la consegnò per la stampa nell'agosto del 1982 ( pochi giorni prima l'omicidio, sempre a Palermo, di Carlo Alberto dalla Chiesa e della moglie, Emanuela Setti Carraro ).
Sciascia - all'epoca convinto sostenitore delle battaglie garantiste del partito radicale - così ricordò la capacità di Cesare Terranova di giudicare con rigore, pur conservando la capacità di valutare le accuse "con compassione"

"L'assassinio di Cesare Terranova assume addirittura carattere di prevenzione.
Dopo essere stato in Parlamento per due legislature, Cesare Terranova stava per tornare al suo ufficio di magistrato.
Fu assassinato, assieme al maresciallo Mancuso che per anni gli era stato vicino, prima che vi tornasse: nella certezza che a Palermo, nell'amministrazione della giustizia, vi sarebbe stato un nemico accorto e implacabile della mafia; e, per di più, un nemico che, attraverso l'esperienza di membro della commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia, aveva acquisito una visione del fenomeno in tutta la sua complessità, in ogni sua diramazione...
Per essere stato implacabile e acuto nemico della mafia, Terranova sarà sempre ricordato.
O almeno fin tanto che in questo nostro paese ci saranno 'dignitose coscienze e nette'.
Ma qui ed ora io voglio anche ricordare il suo essere giudice non solo nell'accusare e nel colpire ma anche nell'assolvere, nel liberare.
Due casi mi sono trovato a seguire da vicino in cui persone indicate come colpevoli sono state da lui riconosciute, per come erano, innocenti.
E non era facile.


Terranova, a destra,
ritratto insieme a Carlo Alberto dalla Chiesa.
La fotografia è tratta da "Epoca-I grandi documenti",
pubblicato nel 1979 da Mondadori
Gli ci voleva il suo 'candore' per arrivare a tanto, la sua capacità di far tabula rasa di prevenzioni e pregiudizi, la sua prontezza a cogliere, al di là delle apparenze, gli elementi della verità.
E credo che il sentimento in lui più forte fosse quello della compassione, nel senso più vero: di soffrire con gli altri, di soffrire con le vittime, di 'patire con quelli che patiscono'.
E molti giudici si possono ricordare duri a misura di giustizia; ma pochissimi, credo, capaci di 'patire con quei che patiscono'".

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