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domenica 5 agosto 2018

ERICE, GLI STUDI DI CARACCIOLO SULL'"ACROPOLI DELL'EDILIZIA POPOLARE IN SICILIA"

Scena di vita quotidiana ad Erice
in una fotografia pubblicata dalla rivista
"La Sicilia-Quindici anni di autonomia regionale",
edita a Roma nel 1960
Tra i fondatori della Facoltà di Architettura dell'Università di Palermo, allievo di Ernesto Basile e Salvatore Caronia Roberti, Edoardo Caracciolo è stato fra i più attenti studiosi dell'architettura urbana di Erice, da lui definita "l'acropoli dell'edilizia popolare siciliana".
Le sue osservazioni hanno fissato parametri di riferimento tuttora immutati in relazione alla storia urbanistica della cittadina trapanese, collocando già alla fine del secolo XIII la diffusione dei tipici cortili delle case ericine, dotati di pozzo e lavatoio.
Caracciolo elaborò i suoi studi su Erice in varie pubblicazioni scientifiche a partire dal 1933
Un riassunto se ne trae da alcuni saggi pubblicati su giornali e riviste, prima e dopo il secondo conflitto mondiale ( nel 1954, in un'introvabile numero 201 del periodico "Casabella" ).
Al gennaio del 1940 si riferiscono invece le considerazioni espresse da Edoardo Caracciolo in un articolo pubblicato da "Le vie d'Italia" con il titolo "L'edilizia popolare in Sicilia" della Consociazione Turistica Italiana, in seguito diventata Touring Club Italiano

"La città sorge in cima ad un monte, in una solitudine che domina il mare e la terra, giungendo quasi ad un significato mistico.
Mentre nuove abitudini di vita venivano introdotte a valle e subivano tutto un ciclo d'azioni involutive, sulla cima isolata del monte sembra continuino le più nobili tradizioni della razza.
Come nella grande cinta turrita che difende la città tu non sai più dove finisca l'opera megalitica e dove cominci quella medievale, così tu non puoi più distinguere l'edilizia d'impianto aulico, catalana o barocca, perché la spontanea architettura popolana ha lentamente reagito su tutto quanto vi era di effimero, di aulico, di stilistico.
Le masse edilizie, snodantisi lungo le strade tortuose, appariscono come superficie murarie continue, del colore della roccia, con grande prevalenza dei pieni suoi vuoti e dove nemmeno il diverso ritmo delle finestre ti denuncia l'entità 'facciata'"

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