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lunedì 20 luglio 2020

L'INCUBO MIGRATORIO DEI "SICILIANI PREPOTENTI" DI ANTONIO RUSSELLO

Marc Chagall, "Il mercante di bestiame".
L'immagine è tratta dalla copertina del romanzo
di Antonio Russello "Siciliani prepotenti",
edito nel 2006 da Santi Quaranta a Treviso

Si deve all'editore Santi Quaranta di Treviso la riedizione, in anni recenti, delle opere di Antonio Russello, lo scrittore di Favara entrato nella lista dei non pochi narratori siciliani messi in ombra dai grandi nomi della letteratura isolana del Novecento.
L'iniziativa si deve al forte legame che Russello - scoperto nel 1960 da Elio Vittorini e da Mondadori con la pubblicazione del romanzo "La luna si mangia i morti" -  ebbe con il Veneto
Qui lo scrittore favarese insegnò letteratura italiana a Treviso e nella Marca Trevigiana, e qui morì - a Castelfranco Veneto - nel 2001.
Fra i titoli riproposti da Santi Quaranta, figura anche "Siciliani prepotenti", edito per la prima volta nel 1963 a Padova da Ronchitelli: una raccolta di 6 racconti in cui Russello, con sarcasmo ed amarezza, descrive la condizione di una Sicilia irrimediabilmente depressa, nel paesaggio e nei personaggi che la popolano.
Nella premessa ai suoi racconti, Antonio Russello immagina un'inquietante invasione dei siciliani in Italia ed in Europa, e la proclamazione di Palermo a capitale della nazione: una bizzarra ed irridente lettura di quell'emigrazione di massa che in quegli anni - Russello compreso - stava riempendo di siciliani le città industriali del "continente":    

"Ora, che i siciliani siano un esercito, nessuno se n'è accorto.
Un esercito che sbarca, prende piede piano piano nella penisola, arriva muto, silenzioso, senza colpo ferire.
Questo esercito in marcia, quest'ondata di barbari cresce: domani succederà che una grande colonia, ad una particolare ora, all'ora x, fissata di comune accordo, conquisterà l'arco alpino che va dal Colle di Cadibona fino allo Stelvio; che altra colonia, dallo Stelvio faccia un cordone di conquista fino al fiume Isonzo; che frattanto un'altra, dal monte Cimone operi in profondità, assestandosi lungo il giogo degli Appennini, fino ai monti Ernici; e che un'altra infine dal Matese si stenda per tutto l'arco appenninico meridionale. 
E che dunque Palermo sia proclamata capitale d'Italia.
Dentro questo cordone di conquista, come tori dentro un'arena, correranno allarmati: liguri, piemontesi, lombardi, veneti, toscani; e si rivolgeranno ai loro prefetti, ai loro questori: i quali ultimi, per esser tutti siciliani, cogli assalitori faranno causa comune, si rivolgeranno ai poliziotti: e questi, quasi tutti siciliani, legheranno le mani ai pochi poliziotti colleghi continentali, che lasceranno libero il campo; chiederanno aiuto oltre i confini delle Alpi; ma qui saranno tutti bloccati dai finanzieri siciliani; si rivolgeranno alle loro donne: ma queste, per essersi già in gran parte sposate con siciliani, faranno causa comune coi loro insorti mariti.
Ci sarà pericolo, come già paventa qualche bell'ingegno, che l'Italia diventi ' una colonia morale, politica, economica, della Sicilia'.
Quel giorno, i siciliani, presosi il potere in Italia, andranno alla conquista d'Europa, risalendo lo stesso corso dei Vichinghi, dei Normanni. lungo la costa francese, inglese, irlandese, con legni leggeri e veloci, per riportare intatta e depositare ai piedi di Rainulfo Drengot d'Altavilla, e dei suoi discendenti una eredità di splendore che dapprima quelli, duemila anni or sono, avevano gentilmente portata in Sicilia"



  

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