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lunedì 14 settembre 2020

PRESTIGIO E CADUTA DEL VICERE' CHE VOLLE I QUATTRO CANTI A PALERMO

La statua di Cerere, raffigurante l'estate,
in uno dei Quattro Canti di piazza Villena, a Palermo.
La fotografia è attribuita a Nino Teresi
ed è tratta dalla rivista "Sicilia"
edita a Palermo nel settembre del 1976  

Al nome del viceré Don Juan Ferdinando Paceco, marchese di Villena, si deve la costruzione - a partire dal 1609 - di uno dei più famosi e scenografici palcoscenici urbani di Palermo: i Quattro Canti di città, realizzati dall'unione simbolica dei quattro quartieri creati dal taglio delle strade Toledo e Maqueda.
All'epoca in cui il viceré propose al Senato di Palermo la costruzione della piazza - destinata a celebrare l'immortale potere dei re di Spagna nel mondo - il progetto venne esaltato da storici e cronisti del tempo addirittura come fra i più pregiati d'Italia e d'Europa.
La costruzione dei Quattro Canti andò avanti fra interruzioni e difficoltà finanziarie almeno sino a qualche mese prima del 1629, e senza che Don Juan Ferdinando Paceco potesse vederla realizzata interamente.
Il vicerè andaluso infatti aveva già dovuto fare ritorno in Spagna il 12 settembre del 1610, sotto scorta di una flotta con le insegne dell'Ordine di Malta: da 8 mesi, l'ideatore dell'"Ottagono del Sole" aveva dovuto rinunciare alla luogotenenza generale in Sicilia, affidata pro tempore dalla Corona di Spagna all'Arcivescovado di Palermo.
Il suo breve passaggio a Palermo fu infatti avversato da circostanze sfortunate - il rapimento del figlio Diego Fernandez ad opera dei Barbareschi, per il cui riscatto il viceré rifiutò una donazione del Parlamento - e dall'ostilità dello stesso Parlamento e dei Senati di Palermo e Messina, composti per lo più dai potenti nobili locali.
Per armare nuove navi contro la pirateria su ordine della Corona di Spagna, Don Juan Ferdinando Paceco aumentò infatti arbitrariamente del 50 per cento nell'Isola il costo degli atti giudiziali, provocando le ire dei baroni.


La vicenda finì col provocare uno scontro frontale con i parlamentari siciliani, destinato ad allontanare per sempre l'ideatore dei Quattro Canti da Palermo:

"A Baldassarre Naselli conte di Comiso e Pietro Balsamo marchese della Limina, che ricoprivano alte cariche istituzionali - ha scritto Daniela Lucentini in "Diacronia dell'Ottagono", in "Atti del convegno di studio sul Teatro del Sole", Palermo, 1990  - vennero intimati gli arresti nel Castello a Mare.
Il marchese di Villena entra nell'occhio del ciclone.
Si scatena veemente la protesta del Parlamento e dei Senati di Palermo e Messina, mentre il Vicario Generale dell'Arcivescovado fulmina la scomunica...
Il viceré, avvilito, chiede al Sovrano di lasciare il governo, non prima, però, di aver collocato a poppa dell'ammiraglia di quella flotta che egli, in un modo o nell'altro, riesce a mettere in mare, la bandiera del regno..."  

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