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giovedì 6 febbraio 2014

L'INGANNEVOLE RIPASCIMENTO DI CEFALU'

Storia dello scarico dei detriti dei cantieri autostradali che sino al 2004 devastò la costa fra Cefalù e Sant'Ambrogio



La massicciata costruita con i detriti
del cantiere della galleria autostradale "Castelbuono",
lungo la strada statale 113, fra Cefalù e Sant'Ambrogio.
La colmata del tratto costiero avvenne
fra il 1999 ed il 2004.

Il progetto venne allora 
indicato come la creazione
di una "Zona di Ripascimento".
In realtà, lo scarico di tonnellate di detriti
ha per sempre cancellato il profilo della costa.
Le fotografie del post, ad eccezione
della penultima, sono di ReportageSicilia


Ci sono casi di scempi ambientali che il passare degli anni tende a nascondere o a fare cancellare dalla memoria collettiva; eppure i segni di quella devastazione sono lì, permanenti, a testimonianza della capacità distruttiva dell'uomo nei confronti della natura.
Esempi del genere non mancano ovviamente in Sicilia, terra dove la mano dell'uomo in alcuni casi ha avuto effetti non meno devastanti dei terremoti o delle eruzioni.
Le fotografie di ReportageSicilia documentano uno dei tanti scempi ambientali dimenticati nell'isola, lungo la statale 113, fra Cefalù e la frazione di Sant'Ambrogio: un misfatto del quale si è perso il senso stesso del suo perpetrarsi, per l'assenza di una conseguente azione speculativa e per l'attuale stato di abbandono dei luoghi.


Il profilo della massicciata
si staglia ben oltre la naturale linea di costa
che delimita il percorso della strada statale 113

Lungo una litoranea fra le più belle della Sicilia, a picco sul mare Tirreno ed ai margini di colline ancora ricche di macchia mediterranea, fra il 1999 ed il 2004 furono scaricati in mare i detriti provenienti dal cantiere di scavo della galleria "Castelbuono" dell'autostrada Palermo-Messina.
La linea di costa fra Cefalù e Sant'Ambrogio - un alternarsi di rocce e bianchissime strisce di sabbia - venne cancellata da una massicciata di pietre e terra, poi rafforzata da massi frangiflutti.


Uno dei molti tratti sabbiosi
della costa interrotti o cancellati
dalla colmata dei detriti

Oggi la percezione di quell'opera devastatrice - tre spianate a forma di mezzaluna protese sul mare - è visibile soprattutto dalle colline che sovrastano la statale 113.
Lo scarico in mare dell'enorme quantità di detriti impegnò per settimane decine di mezzi pesanti, senza che nessuno si preoccupasse della devastazione ambientale in corso. 
Al danno si aggiunse la beffa. 
Nei pressi della scogliera spuntò infatti un cartello con l'indicazione "Regione Siciliana - Assessorato al Territorio ed Ambiente" - Zona di Ripascimento Ittico".


Il cancello comparso sull'area
dopo la concessione rilasciata
ad un gruppo imprenditoriale che avrebbe voluto
realizzarvi un parco giochi con acquario

Per "ripascimento" - secondo uno studio dell'Università di Parma, dell'Università di Southampton e dell'ENEA, datato 2010-2011 - si intende "un'azione artificiale di riporto di volumi di sabbia con le stesse caratteristiche peculiari del sito interessato, quindi dello stesso colore, granulometria e tipologia del materiale, generalmente quarzo e/o granuli di conchiglie e coralli frantumati e levigati dall'azione delle onde o digeriti da specie ittiche": un'operazione complessa, da attuare dopo accurati studi e solo quando si pone la necessità di risanare le coste dagli effetti dell'erosione.


Macchia mediterranea ed un reticolo di strade
hanno preso il posto dell'area
dove un tempo vi era il mare

Quella eseguita tra Cefalù e Sant'Ambrogio fu invece una selvaggia colmata del profilo di costa, al semplice scopo di liberarsi dell'ingombrante materiale di risulta del cantiere di scavo autostradale. 
E' probabile inoltre che l'operazione sia servita anche a favorire la lucrosa attività di movimentazione terra, oggetto del solito gioco di subappalti. 
Ai nostri giorni, la massicciata è stata ricoperta da una folta vegetazione ed è attraversata da strade sterrate.


Il viadotto che precede la galleria "Castelbuono"
dell'autostrada Palermo-Messina.
I detriti dello scavo costituiscono
oggi la vasta area estranea
all'originale profilo costiero

All'ingresso di questa singolare "Zona di Ripascimento", anni fa venne apposto un cancello con un cartello che indicava il rilascio di una concessione in data 13 dicembre 2005 per l'utilizzo dell'area un tempo occupata dal mare: titolare - come si legge ancor oggi in una vecchia targa - fu il "Gruppo Di Noto", proprietario di alcuni oleifici nel messinese.
Il rilascio della concessione era legato ad un progetto che avrebbe dovuto creare sulla "Zona di Ripascimento" un acquario tropicale con 150 vasche.


Lo stesso originario tratto di costa
in una fotografia di Italo Zannier,
tratta dall'opera "Le Coste d'Italia - Sicilia"
edita nel 1968 dall'ENI

Il piano prevedeva il prelievo di acqua dal vicino torrente Carbone con un sistema di pompaggio e la creazione di un parcheggio per 5.000 automobili.
Secondo i Di Noto, l'acquario sarebbe potuto diventare un luogo capace di attrarre i turisti di Cefalù e dell'intera Sicilia, dando lavoro ad un centinaio di persone.
Nel 2007, il progetto - che avrebbe dovuto beneficiare di fondi europei - non ebbe più seguito: venne forse persa l'occasione di creare occupazione, ma di certo quest'angolo di costa palermitana non venne ulteriormente stravolta dalla mano dell'uomo. 
Da allora, la massicciata creata con i detriti della galleria autostradale è un luogo di nessuno, senza alcun rapporto con l'ambiente e con l'originaria conformazione della costa: in definitiva, un inutile ed incancellabile sfregio del territorio cefaludese.



     
  
   
  

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